Istat: nel 2022 lo shock dei prezzi energetici potrebbe costarci un ribasso dello 0,7% del Pil
Ai preesistenti fattori di rischio al ribasso che caratterizzavano la congiuntura mondiale si è aggiunta la crisi geopolitica internazionale che ha innescato un’ulteriore accelerazione dei prezzi delle commodity energetiche e alimentari, giunti a livelli eccezionalmente elevati.
In Italia, la decelerazione della ripresa economica nel quarto trimestre del 2021 è stata seguita, a gennaio, dalla caduta della produzione industriale e da una flessione delle vendite al dettaglio.
L’evoluzione del mercato del lavoro si è associata a quella dell’attività produttiva con un
rallentamento tra ottobre e dicembre della crescita delle unità di lavoro e delle ore lavorate
e, a gennaio, una stabilizzazione del tasso di occupazione.
A febbraio, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo IPCA ha segnato un ulteriore significativo aumento tendenziale, raggiungendo il 6,2%, quattro decimi di punto in più rispetto alla media dell’area euro. Il differenziale dell’indice al netto dei beni energetici si mantiene, tuttavia, a favore dell’Italia.
La stima dell’impatto della crisi sull’economia italiana è estremamente difficile. L’evoluzione del conflitto e gli effetti delle sanzioni finanziarie ed economiche decise dai paesi occidentali sono caratterizzati da elevata incertezza. Al momento, è possibile valutare l’impatto dello shock sui prezzi dei beni energetici rispetto a uno scenario base.
Utilizzando il modello macroeconomico dell’Istat MeMo-It, il confronto evidenzia un effetto al ribasso sul livello del Pil nel 2022 di 0,7 punti percentuali.