IP, una valorizzazione e una tutela per le aziende italiane
Investimenti in crescita per il 2022, in ambito di Intellectual Property (IP). A farla da padrone con l’80% di nuove registrazioni sono i marchi di impresa specificatamente nei settori: fashion/luxury, food e drink, seguono con un sensibile distacco, ma comunque con una curva al rialzo, gli investimenti su know-how non brevettato (nei mercati automotive, food e farmaceutico/life science, 43%). Si aggiungono poi le innovazioni brevettate di automotive e industria (40%), chiudono le acquisizioni/licenza di titoli di IP di terzi nel farmaceutico/life science (33%), e l’industrial design registrato nel settore fashion e automotive (25%).
Sono i dati emersi dall’Osservatorio IP 2022, una indagine fra oltre 40 imprese italiane, condotta dal Centro Studi TopLegal con il supporto dello Studio Legale Trevisan & Cuonzo. Emerge che negli ultimi 10 anni, in media le aziende rispondenti sono state maggiormente attive nel deposito di marchi di impresa e modelli di design, a fronte di un sensibile calo dei contenziosi: nel campione esaminato, in media le singole aziende sono state coinvolte in 15contenziosi in materia di marchi, 3 su brevetti e uno solo in materia di design.
In cifre, una azienda su due, stanzia un budget per le attività di acquisizione e gestione di titoli di IP di oltre 150 mila €: in testa con oltre 500 mila euro, per il 25% del campione di aziende considerate, gli investimenti si attestano nei settori farmaceutico e automotive, seguono con 300 e 500 mila euro il fashion (18% del campione) mentre il 10% delle aziende investe in generale fra 150-300 mila euro.
Dall’indagine si evince, inoltre, che la percentuale del budget utilizzata per l’assistenza legale esterna in materia di IP è in media superiore al 58% dove la metà delle aziende intervistate utilizza circa il 50% del budget complessivo per la consulenza specifica. Nel dettaglio: il 50% delle aziende ricorre a consulenze esterne in ambito di fashion (18% del campione esaminato), il 60% nel luxury, food (8%), il 70% per consumer goods (10%), l’80% per l’automotive (15) e il 100% per consulenze in ambito life sciences e industria (5%). Cresce proporzionalmente anche la considerazione verso l’IP: le aziende mostrano in generale, un atteggiamento proattivo: il 95% lo considera un “mezzo” di valorizzazione e tutela preventiva degli asset intangibili per la propria impresa, rivolgendosi al consulente brevettuale a/o al legale esterno per una consulenza strategica, solo il restante 5% dimostra reattività verso l’IP, rivolgendosi al professionista per una assistenza specifica solo in fase “patologica”, cioè di contenzioso.
Qual è la percezione verso la domanda di servizi legati? Rasenta l’eccellenza: il 70% delle imprese considera l’offerta completa e in grado di soddisfare tutte le esigenze di mercato, a fronte di un irrisorio 6% che dichiara la nascita di nuove tendenze del mercato, quali digitalizzazione e intelligenza artificiale poco esplorate, al pari della necessità che gli studi interpretino meglio le attuali esigenze di mercato così da farne un vantaggio competitivo, in particolare in termini di sostenibilità/brand engagements, e ancora la presenza di aree poco presidiate che invece offrono opportunità di sviluppo e fra queste il digital pharma.
“Dall’indagine – dichiara Gabriel Cuonzo, Managing Partner dello Studio Legale Trevisan & Cuonzo – si evince che l’assistenza del professionista brevettuale o legale diventa necessaria (nell’88% dei casi) in presenza di contenziosi, o per la consulenza di marchi e brevetti, con una percentuale del 73%, e solo in misura minore per questioni di contrattualistica (25%). Solo nel 23% delle circostanze i soggetti dichiarano di rivolgersi a un professionista esterno per insufficienza delle risorse interne”.
In relazione ai criteri di scelta risulta che le imprese hanno un forte bisogno di risposte rapide, frutto di elevata competenza e alto valore qualitativo, emerge tuttavia anche un bisogno latente di sicurezza nelle scelte, ovvero la credibilità e l’autorevolezza dei consulenti rappresentano dei fattori importanti, quale aspettativa di valore aggiunto.
Tra i punti di forza più apprezzati nell’ambito dei servizi IP, per il 45% del campione vi è una preferenza per la boutique specializzata integrata che fornisce oltre ai servizi legali, anche attività di consulenza, deposito e prosecuzione brevetti e marchi. Segue il dipartimento IP di uno studio full service che fornisce anche attività di consulenza (23%), poi gli studi legali specializzati (18%) e quindi il dipartimento IP di uno studio legale full service (15%).
“La possibilità di migliorare il servizio – aggiungono Daniela Ampollini e Lorenzo Lualdi, rispettivamente Partner dello Studio Legale Trevisan & Cuonzo e Chief Patent Officer, Trevisan & Cuonzo IPS – è il driver principale al cambiamento: competenza specifica (79%), tariffe migliori, più basse (55%) e maggiore qualità (55%) sono le principali leve e le caratteristiche determinanti cui seguono il rapporto fiduciario (48%), la ricerca di un unico interlocutore (24%) e il passaparola e/o le referenze dello studio (12%). In buona sostanza dall’indagine si può desumere che l’Ip è il termometro dell’attività R&D delle imprese. La pubblicazione di analisi statistiche del settore ha il merito di accendere i riflettori su un aspetto della vita delle imprese non ancora molto conosciuto e investigato. Il numero e la qualità di brevetti depositati sono un ottimo indicatore del livello di innovazione del tessuto industriale italiano”.