Inflazione e caro energia: a rischio 120mila imprese e 370mila posti di lavoro nel terziario
La corsa continua degli aumenti dell’energia e un’inflazione prossima all’8% – per quasi l’80% dovuta proprio all’impennata dei prezzi delle materie prime energetiche – mette a rischio da qui ai primi sei mesi del 2023 circa 120mila imprese del terziario di mercato e 370mila posti di lavoro. Tra i settori più esposti, il commercio al dettaglio – in particolare la media e grande distribuzione alimentare che a luglio ha visto quintuplicare le bollette di luce e gas – la ristorazione e gli alberghi con aumenti tripli rispetto a luglio 2021, i trasporti che oltre al caro carburanti (+30-35% da inizio pandemia ad oggi) si trovano ora a dover fermare i mezzi a gas metano per i rincari della materia prima; ma a risentire pesantemente di questa situazione sono anche i liberi professionisti, le agenzie di viaggio, le attività artistiche e sportive, i servizi di supporto alle imprese e il comparto dell’abbigliamento che, dopo una stagione di saldi marginalmente favorevole, si trova oggi a dover sopportare incrementi consistenti. Complessivamente, la spesa in energia per i comparti del terziario nel 2022 ammonterà a 33 mld €, il triplo rispetto al 2021 (11 mld) e più del doppio rispetto al 2019 (14,9 mld). Uno scenario che desta forte preoccupazione e che, in assenza di interventi specifici e nuove misure di sostegno, rischia – anche alla luce delle ulteriori restrizioni nella fornitura di gas annunciate dalla Russia – di ampliare il numero di imprese che potrebbero cessare l’attività e causare una forte frenata all’economia nella seconda parte dell’anno.
È quanto si legge in una nota di Confcommercio-Imprese per l’Italia che ha stimato l’impatto dei recenti aumenti dell’energia e dell’inflazione sulle imprese del terziario di mercato.