Con sentenza n.1828/13/2025 la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio ha annullato una cartella esattoriale poiché inviata a mezzo posta elettronica certificata da un indirizzo non ufficiale (cioè non presente nei pubblici registri come ad es. Ipa, Inipec, ecc.).
La vicenda traeva origine dall’impugnazione di una cartella esattoriale che il contribuente dichiarava di non aver mai ricevuto e di esserne venuto a conoscenza solo attraverso i terminali di Agenzia Entrate Riscossione.
Il concessionario, costituitosi in giudizio, documentava l’avvenuta notifica della cartella esattoriale e i giudici di prime cure dichiaravano il ricorso del contribuente inammissibile.
Pertanto, il contribuente, insoddisfatto dell’esito del giudizio di primo grado, proponeva appello dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio precisando che la posizione fatta da lui valere, si basava sull’inesistenza della notifica via pec dell’atto esattoriale effettuata dall’agente della riscossione.
I giudici laziali, dunque, hanno accolto l’appello del contribuente dichiarando in premessa che quest’ultimo aveva dato prova che la cartella di pagamento fosse stata inviata da un indirizzo pec differente da quello presente nei pubblici registri disciplinati dall’art. 16-ter del D.L. 179/2012.
Inoltre, sempre i giudici, sostenevano che “Non può invece reputarsi valida la notifica effettuata dall’Agente avvalendosi di indirizzi non ufficiali, poiché ciò non consente di stabilire con assoluta certezza la provenienza dell’atto impugnato” e concludevano “…tali notifiche sono inesistenti ed è escluso ogni effetto sanante per raggiungimento dello scopo ex articolo 156 del Codice di procedura civile”.
Tale sentenza non è l’unica del suo genere, per esempio segnaliamo la sentenza n.4405/2024 della Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Milano oppure l’ordinanza del 19.07.2022 del Tribunale di Lecce che per questo motivo aveva annullato addirittura un pignoramento esattoriale da 800.000 euro (si vedano le sentenze su www.studiolegalesances.it – sez. Documenti).
Tuttavia, occorre chiarire che tali sentenze si pongono in contrasto con il recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione, la quale ritiene che “la notifica da un indirizzo Pec non presente in un pubblico registro non inficia di per sé la presunzione di riferibilità della notifica … perché occorre che il contribuente provi quali pregiudizi sostanziali siano dipesi dalla ricezione della notifica da tale indirizzo” (sent. n.18684/2023 e sent. n.982/2023).
In merito al pregiudizio citato dalla Cassazione, il contribuente potrebbe comunque sostenere di non aver aperto la pec temendo si trattasse di malware o di un virus informatico (rischio tra l’altro molto elevato in questo periodo).
Dott. Danilo Romano
Avv. Matteo Sances