Imprese estere, Confindustria-Luiss: ruolo cruciale per l’economia dell’Emilia-Romagna
Nel 2020, in Emilia-Romagna, sono state registrate 4.216 imprese estere, con 123.925 addetti e un fatturato di circa 41 miliardi di euro, corrispondente al 13,7% del fatturato regionale e al 5,6% di quello della ripartizione Nord-est. Queste imprese generano un valore aggiunto di circa 10 miliardi di euro, equivalente al 13% del valore aggiunto regionale e al 5,2% di quello del Nord-est. I dati emergono dal Rapporto “Le imprese estere in Italia: l’Emilia-Romagna”, prodotto dall’Osservatorio Imprese Estere di Confindustria e Luiss, in collaborazione con Istat e la Scuola IMT Alti Studi di Lucca, presentato ieri presso la sede di Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna.
Il Rapporto evidenzia che l’Emilia-Romagna si distingue per la sua vocazione manifatturiera, con una quota di valore aggiunto manifatturiero del 27,5%, superiore alla media nazionale. Inoltre, contribuisce al 13,5% delle esportazioni nazionali, risultando seconda solo alla Lombardia. Le imprese estere giocano un ruolo significativo nell’economia regionale, impattando diversi indicatori economici.
Le imprese a capitale estero presenti nella regione sono caratterizzate dalla loro qualità aziendale, orientamento all’innovazione e potenziale di crescita. Si specializzano in numerosi settori chiave, tra cui l’industria delle bevande e del tabacco, nonché la fabbricazione di autoveicoli e di altri mezzi di trasporto. Tali imprese mostrano anche una produttività del lavoro superiore rispetto a quelle a controllo nazionale, con un premio di produttività del 3% circa, evidenziando una maggiore capacità nell’utilizzo dei fattori di produzione. Infine, nelle diverse fasi della catena del valore, le imprese a controllo estero in Emilia-Romagna aggiungono un valore superiore rispetto alle aziende domestiche, specialmente nelle fasi più strategiche del ciclo produttivo.
Complessivamente, la presenza delle imprese estere in Emilia-Romagna contribuisce in modo significativo all’ecosistema economico regionale, con impatti positivi sulla competitività, l’occupazione e la specializzazione settoriale.
“Le imprese a controllo estero giocano un ruolo cruciale nell’economia nazionale, con una particolare rilevanza per l’Emilia-Romagna. Le loro specializzazioni settoriali, il contributo alla produttività e alla retribuzione dei lavoratori, nonché la loro posizione strategica nei segmenti ad alto valore aggiunto nelle reti produttive globali, sono elementi di fondamentale importanza”, ha sottolineato Barbara Beltrame Giacomello, Presidente di ABIE e Vice Presidente per l’Internazionalizzazione di Confindustria. “Questi fattori sono determinanti per la crescita economica del Paese e dei territori, richiedendo un impegno costante verso l’innovazione da parte delle imprese e una consapevole attenzione da parte delle autorità di governo, sia a livello centrale che regionale. Non da ultimo, è significativo sottolineare che l’Emilia-Romagna è una tra le regioni con cui abbiamo sottoscritto un Protocollo d’Intesa per consolidare la presenza delle multinazionali già insediate sul territorio”.
“Le aziende straniere scelgono l’Emilia-Romagna per le sue rinomate filiere produttive globali come Food Valley, Motor Valley e Packaging Valley. L’accento sull’export, la coesione sociale e politiche economiche efficaci, unite a una forte spinta verso ricerca e innovazione, creano un ambiente ideale per progetti impegnativi. Tuttavia, il forte sviluppo non è stato accompagnato da un potenziamento delle infrastrutture, con mancanza di scuole internazionali, aeroporti e collegamenti autostradali strategici”, ha detto Maurizio Marchesini, Vice Presidente per le Filiere e le Medie Imprese di Confindustria. “L’auspicio è che gli investimenti esteri non solo spingano le imprese a crescere e investire in R&S, ma inducano anche a ripensare il territorio come ecosistema ben attrezzato nelle reti e nei servizi. L’ingresso massiccio di tecnologie innovative come il supercalcolo, l’IA e la digitalizzazione promuoverà un posizionamento virtuoso delle imprese in termini di criteri ESG, che sono ormai un modello di business consolidato”.
“Ci sono diversi fattori per cui grandi player internazionali investono in Italia e in Emilia-Romagna: una forte specializzazione manifatturiera; un valore aggiunto molto elevato; la presenza di forza lavoro e di una serie di distretti. La presenza di società di capitali esteri serve anche per far aumentare il livello di competitività generale e inserire anche le Pmi in un circolo virtuoso rispondendo a criteri molto elevati”, ha evidenziato Valentino Valentini, Vice Ministro delle Imprese e del Made in Italy. “In questo modo il player internazionale diventa protagonista significativo del tessuto economico in cui si trova. In questo senso è costante e proficua la collaborazione con l’Advisory Board Investitori Esteri (ABIE) di Confindustria e l’impegno, attraverso il Mimit, è sviluppare una collaborazione sempre maggiore con Abie, le Regioni e i grandi player internazionali per agevolare gli investimenti e far sì che questi generino altro valore aggiunto ed entrino nel tessuto produttivo facendolo crescere”. In questo il caso di Philp Morris è “uno degli esempi più virtuosi del rapporto tra imprese a capitali esteri: Philip Morris ha sviluppato tecnologie italiane, ha creato una filiera di 8 mila imprese e dà lavoro a 41 mila persone”.
“Per mantenere il nostro territorio attrattivo”, ha aggiunto Annalisa Sassi, Presidente di Confindustria Emilia-Romagna, “dobbiamo continuare ad investire sui punti di forza della regione, ma anche indirizzare le nostre competenze verso nuove filiere ad alto potenziale di sviluppo. Due aspetti sono strategici per l’attrattività: la disponibilità di alloggi per manager e lavoratori e un sistema moderno ed efficiente di infrastrutture e logistica. Per il primo occorre un grande e ambizioso piano di riqualificazione urbana in chiave green e sostenibile, per il secondo bisogna accelerare e puntare con decisione alla realizzazione delle opere infrastrutturali previste, senza dimenticare gli interventi sull’assetto idrogeologico”.
“Siamo presenti nel Paese dal 1963 con l’apertura del nostro primo stabilimento produttivo a Zola Predosa in Emilia-Romagna. Oggi l’Italia è il cuore pulsante della nostra trasformazione verso un futuro senza fumo, e ospita una filiera integrata del Made in Italy composta da 8.000 imprese italiane che dà lavoro a circa 41.000 persone su tutto il territorio nazionale”, ha commentato Marco Hannappel, Presidente e Amministratore delegato di Philip Morris Italia. “Le eccellenze del territorio e la strategica sinergia con i nostri partner ci hanno permesso di inaugurare qui a Crespellano la più grande fabbrica costruita ex novo in Italia nell’ultimo secolo, dedicata esclusivamente ai prodotti innovativi senza combustione. Siamo convinti che l’attrazione di investimenti esteri, la valorizzazione delle eccellenze dei territori e la creazione di ecosistemi di filiere siano elementi indispensabili per creare valore aggiunto nel Paese in termini economici, sociali e di innovazione”.
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