Imprese: come sopravvivere alla stretta dei tassi
È partito da qualche giorno il toto tassi: cosa si deciderà a Francoforte a settembre 2023 e nel prossimo futuro? Intanto dopo 8 aumenti consecutivi da luglio 2022, che hanno visto l’inflazione quasi dimezzarsi da ottobre 2022, i tassi sono arrivati ai massimi da decenni e la maggioranza degli esperti si aspetta un ulteriore aumento a settembre 2023.
Anche se c’è il timore che per contenere l’inflazione le economie dell’eurozona possano andare incontro a una recessione, la Lagarde non ha escluso “ulteriori aumenti anche nel futuro prossimo, se l’aumento dei prezzi non tornerà a livelli sostenibili”.
Anche il capo della banca centrale americana (FED) non ha escluso un prossimo aumento del tasso d’interesse e come è noto l’Europa segue a ruota ciò che accade oltre oceano.
L’aumento dei tassi ha un impatto non trascurabile sull’economia, perché causa maggiori costi di finanziamento sia per le imprese che i cittadini, che vedono il costo dei prestiti e mutui aumentare notevolmente. Un fattore che causa un rallentamento dei fatrurati e della crescita economica, con conseguente aumento della disoccupazione.
Come proteggersi dagli alti tassi di interesse
Con questo scenario all’orizzonte come devono comportarsi gli imprenditori italiani?
“L’Italia è il Paese delle PMI (imprese che hanno meno di 250 occupati, un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro), molte delle quali hanno risentito negativamente dell’effetto Covid19. Per l’imprenditore italiano è fondamentale tagliare tutti i costi improduttivi che non hanno un ritorno positivo, e soprattutto stare molto attenti ai flussi di cassa, studiando attentamente i numeri gestionali e cercando in ogni modo possibile e lecito di arrivare ad un ciclo monetario negativo, cioè incassare prima di pagare i debiti”, afferma Pasquale Abiuso, presidente della banca di credito cooperativo di Gambatesa ed esperto di strategie di gestione aziendale.
Una previsione di Confcommercio vede a rischio 120mila imprese per il 2023 con una potenziale perdita di 370 mila posti di lavoro.
“L’urgenza da parte delle imprese italiane di strutturarsi non è più derogabile” – continua Abiuso – “non può passare più l’idea di avere un’azienda accentrata sul titolare benché l’abbia creata, ma c’è la necessità di riorganizzare il contesto aziendale stabilendo chi fa cosa, per poter affrontare le sfide che si presenteranno nel prossimo futuro.
Da qui l’ esigenza di mettere in atto un processo di delega efficace per consentire alle risorse umane, dopo opportuno affiancamento, di contribuire al consolidamento e all’innesco di strategie di crescita”, conclude il Presidente Abiuso.