Imprenditrici o madri. Davvero dobbiamo scegliere?
Smettiamo di dire alle donne a capo di un’impresa, professioniste o manager: “Hai solo bisogno di un partner che condivida la gestione di casa e famiglia al 50%!”
La pandemia ha messo ancora più in evidenza quanto è difficile per le donne far fronte ai loro impegni professionali e al tempo stesso alla gestione della casa e della famiglia.
Difficoltà ancora più evidente nelle coppie con doppia carriera e con figli.
Ogni tanto qualcuno domanda: “Perché le donne non chiedono semplicemente ai mariti che facciano la loro parte?” Beh, non ci avevamo pensato. 🙂
Nelle coppie con doppia carriera, dove entrambi hanno un lavoro impegnativo, senza orari e senza routine, per vivere insieme una vita solida e felice basta davvero decidere chi fa la spesa oggi, o chi carica la lavatrice o chi racconta le storie della buonanotte ai bambini stasera?
Alcune ricerche internazionali mostrano che se le donne imprenditrici o professionalmente ambiziose non riescono a trovare un partner che le supporti, rimanere single è la migliore soluzione.
La ricerca della professoressa Jennifer Petriglieri dell’INSEAD di Fontainbleu, Business School fra le più note al mondo, rileva che le coppie a doppia carriera che funzionano bene nel loro rapporto personale e nel lavoro dedicano tempo ed energie a discutere di potere e controllo, di speranze e paure, di sviluppo delle loro attività e ruoli, di aspettative su come aiutarsi l’un l’altro. Non di chi sistema la casa oggi.
Se dai per scontato che tuo marito apprezzi il tuo ruolo di imprenditrice, o che ritenga la tua carriera importante quanto la sua, forse sbagli. Devi conoscere bene con chi hai a che fare.
Alcune donne hanno capito tardi questa incompatibilità con l’uomo che hanno sposato. E affrontano così anni di battaglia per il divorzio e l’affidamento dei figli. Di tensioni per liquidare i risparmi e vendere i beni condivisi. Un sacco di denaro per finanziare il contenzioso. E reggere in termini emotivi e organizzativi i periodi di separazione dai figli previsti dal programma alternato di custodia.
Un sondaggio tra gli ex alunni della Harvard Business School ha rilevato che la maggior parte delle donne si aspetta di avere nel matrimonio un rapporto di parità nella coppia e di sostegno reciproco nella carriera.
La maggior parte degli uomini si aspetta che la propria carriera abbia la priorità.
La professoressa di management Beth Livingston ha fatto emergere un dato che ci tocca nel profondo: “Quando la donna pone il tema che il suo lavoro abbia la priorità, questo spesso provoca un contraccolpo emotivo da parte del marito. La situazione peggiora quando la donne guadagna di più. Gli studi documentano che quando una moglie guadagna più del marito, raramente lui ne è contento. Non rispetta la sua carriera, i suoi tempi, i suoi impegni ed è più probabile che durante una crisi ci siano episodi di aggressività fisica. E le coppie in cui la moglie guadagna di più sono meno soddisfatte del loro matrimonio e hanno maggiori probabilità di divorziare”.
La rottura di un matrimonio o di un’unione è difficile da misurare sul piano emotivo. I costi finanziari e professionali sono più quantificabili: il reddito familiare delle donne diminuisce in media del 41% dopo il divorzio, più del doppio di ciò che perde l’uomo.
È meraviglioso avere un partner che ti ama e supporta nel tuo ruolo di imprenditrice e donna di business. Ma molte donne non hanno questa fortuna.
Che facciamo?
L’esperienza indica che l’imprenditrice, la professionista, la manager può concentrarsi sul proprio ruolo aziendale, anche quando il partner non fa quasi niente a casa, se ha una rete di sostegno. Genitori, suoceri, famigliari, amici, ed anche di persone a pagamento, che garantiscono supporto logistico ed emotivo per gestire i figli e mantenere la
casa in ordine. È importante che riceva anche la rassicurazione che va bene assumere un altro caregiver, anziché svolgere personalmente lavori di cura verso i figli o gli anziani.
Quando invece c’è un marito che si aspetta che la donna ricopra prioritariamente i ruoli tradizionali di assistenza alla casa e alla famiglia e la donna è posta davanti a un bivio, in molti casi lei fa cessare la priorità della sua carriera.
Quando le donne hanno reti di supporto è più probabile che rimangano a gestire pienamente il ruolo in azienda, nelle loro attività di business e restino nel percorso di crescita verso posizioni dirigenziali.
E riflettano sul da farsi nella sfera personale. Anche se ciò comporta la difficile scelta di lasciare il matrimonio o il partner. Una volta che una coppia si crea, sia restare che andarsene porta una profonda sofferenza.
Non è mai facile.
Ma l’esperienza stessa di affrontare un conflitto tra ruolo aziendale e famiglia può comportare una maggiore empatia e un sostegno generoso alle altre donne.
Una recente ricerca afferma che diventare madre migliora il modo in cui le donne si relazionano con gli altri anche nel lavoro. Nello studio condotto dalla professoressa Dana Sumpter, le donne hanno testimoniato che diventare madre, tornare al lavoro e prendersi cura di un bambino piccolo ha migliorato le loro capacità di costruire e gestire networking. E relazioni con soggetti anche molto diversi da loro. Le donne non solo diventano più empatiche, ma anche migliori in alcuni aspetti importanti nel lavoro.
Quindi smettiamola di incolpare le donne.
Una donna che lavora senza un partner solidale a fianco sta già facendo molta fatica. Non ha bisogno di qualcuno che le dica che se fosse abbastanza intelligente, o abbastanza femminista, o sapesse come chiedere più collaborazione in casa, allora risolverebbe.
All’inizio di questo nuovo anno possiamo scegliere di far diventare il nostro mondo, la nostra comunità, più solidale: comprenderci meglio e darci una mano l’un l’altro. Incoraggiare le donne ad esprimersi pienamente nel realizzare la loro leadership, il loro desiderio di affermazione sociale e in pari tempo il loro amore per la famiglia.
Le aziende possono favorire questo nuovo corso, realizzando spazi che offrano alle donne opportunità di connettersi tra loro, sviluppare nuove abilità di relazione, preziose nella leadership, basate sull’integrazione e non sulla contrapposizione delle differenze.
Riusciremo?
Solo se cresce la consapevolezza che questo riguarda ciascuno di noi, uomini e donne. E se le donne ai vertici tratteranno questa scelta come priorità.
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