Il valore dei contratti pubblici aggiudicati alle startup innovative italiane raggiunge i 4,6 mld € nel 2022, in larga parte tramite Raggruppamenti Temporanei d’impresa
Nel 2022 l’8,85% delle startup innovative italiane presenti nel registro del MiSE ha lavorato almeno una volta con una stazione appaltante pubblica (1.258 su 14.211). Le stazioni appaltanti interessate sono state 1.963.
Il valore complessivo dei contratti pubblici aggiudicati alle startup innovative nell’anno 2022 è di 4,6 miliardi di €, in grandissima parte tramite Raggruppamenti Temporanei di Impresa (RTI); escludendo questa casistica, l’importo complessivo aggiudicato alle sole startup innovative si riduce a 54 milioni di €, suddivisi in circa 4.000 contratti.
L’Italia è pronta a utilizzare pienamente i benefici di un ecosistema GovTech (che prevede cioè l’adozione di tecnologie innovative da parte della Pubblica Amministrazione) a patto di abbattere le barriere alla collaborazione tra sistema pubblico e startup a partire dal gap di competenze in materia di innovazione tecnologica. Questa è una delle evidenze principali dello studio ”Public Procurement of Innovation: dinamiche di collaborazione tra startup e sistema pubblico in Italia”*, condotto da Feel in collaborazione con InnovUp e presentato oggi presso gli uffici di Wexecutive a Palazzo Bocconi.
Il GovTech è già oggi un settore chiave a livello globale, con un valore di 116 miliardi di euro nella sola Europa e l’obiettivo di liberare risorse e stimolare lo sviluppo economico e sociale grazie a servizi pubblici più efficienti, garantendo maggiore trasparenza e partecipazione da parte dei cittadini.
A livello globale, l’Italia è tra i Paesi di testa del GovTech Maturity Index 2022 sviluppato dalla World Bank [1] che misura la maturità dei Paesi nel percorso della transizione digitale della Pubblica Amministrazione. Tuttavia, osservando il DESI, Digital Economy & Society Index (EU 2022) [2] che misura la “competitività digitale” complessiva dei Paesi europei, l’Italia risulta solo al 18esimo posto sui 27 Stati dell’UE, ma è anche lo Stato che ha migliorato maggiormente il proprio ranking rispetto all’edizione 2017, grazie ad importanti investimenti e politiche per la digitalizzazione.
“Rendere più attrattivo ed accessibile il sistema pubblico dal punto di vista delle startup è una linea di policy che può portare benefici ai cittadini. Un sistema pubblico efficiente ed efficace negli acquisti innovativi è un asset per il Paese che può favorire lo sviluppo di piattaforme che ambiscono a diventare campioni a livello internazionale. E le piattaforme sono soft power e leve di geopolitica” afferma Marcello Coppa, co-founder di Feel.
La ricerca
Le startup intervistate nell’ambito della ricerca sono per lo più piccole e giovani imprese a bassa capitalizzazione: il 45% ha meno di 3 anni, la metà fattura meno di 250mila €; poche hanno già raccolto capitali da fonti terze in uno stage di pre seed/seed.
Per oltre la metà delle startup, il sistema pubblico è uno dei possibili mercati di riferimento, ma non l’unico e non il principale.
Le tecnologie di riferimento sono molto varie con una leggera maggiore concentrazione nel settore del healthtech e dell’edu tech, le gare più partecipate sono spesso connesse a progetti o programmi finanziati dal PNRR.
La dimensione tipica dei contratti rimane molto esigua, con una prevalenza di affidamenti diretti sottosoglia, per un valore medio di 13.245 € e una mediana di 2.459 €.
Per oltre il 60% dei rispondenti, il sistema pubblico è un target interessante, soprattutto per l’affidabilità nei pagamenti (“molto rilevante” per il 43% delle startup) e per la rilevanza dei budget (“molto rilevante” nel 34% dei casi).
Tra i punti più critici, invece, le tempistiche dei pagamenti (30%) e il basso livello di competenza tecnica della PA nella valutazione delle proposte (39%), che rende difficile per una startup far comprendere il valore della propria soluzione innovativa.
Inoltre, la complessità delle procedure amministrative (43%) e i requisiti di capacità economica (36%) costituiscono una barriera ulteriore alla collaborazione tra questi due mondi.
Questi fattori sono essenziali per le startup, poiché in primis il buon esito dell’applicazione della soluzione richiede competenze tecniche specifiche o degli interventi organizzativi, e in secondo luogo i tempi di pagamento impattano sul cash flow, uno dei parametri più rilevanti per le startup soprattutto in ottica di confronto con investitori o istituti di credito.
“Gli enti pubblici necessitano di condividere e accedere a pratiche di innovazione già sperimentate in ambito pubblico per diminuire le soglie di rischio e di incertezza percepite ed accelerare l’adozione di soluzioni tecnologiche provenienti anche dalle startup” aggiunge Andrea Landini, co-founder di Feel.
La modalità di collaborazione più diffusa tra Pubblica Amministrazione e startup del campione è l’assegnazione di progetti sotto la soglia dei 40.000 € (20% dei casi), cioè importi piuttosto modesti anche a dimostrazione di una scelta verso una soluzione e di una procedura meno competitiva, seguita da un 12% di imprese innovative che passa attraverso una procedura negoziata senza pubblicazione di bando.
Marginali gli affidamenti oltre i 40mila € o le convenzioni nazionali o regionali. Il partenariato per l’innovazione (dove la Pubblica Assistenza può rivolgersi a startup innovative di fronte all’esigenza di sviluppare prodotti, servizi o lavori innovativi non attualmente disponibili sul mercato con l’impegno ad acquistarli successivamente) è stato usato da meno del 10% delle startup coinvolte nello studio.
“L’emergere di queste strategie denota che i tempi e modi dell’innovazione difficilmente si impongono o si limitano per legge, e che la barriera principale all’innovazione è quella sostanziale (la valutazione, la qualità, l’impatto, la gestione, le competenze, gli economics diretti ed indiretti)” commenta Giorgio Ciron, Direttore di InnovUp. “Come Associazione abbiamo da sempre promosso l’Open Innovation quale leva per la competitività delle nostre imprese “tradizionali” e il contestuale sviluppo della filiera dell’innovazione, allo stesso modo riteniamo che anche la Pubblica Amministrazione debba aprirsi alle soluzioni innovative dotandosi di quelle competenze e capacità necessarie a costruire un ponte tra startup e sistema pubblico”.
Circa il 20% delle startup (soprattutto quelle più mature) ha vinto delle gare, o ha ricevuto un affidamento partecipando a Raggruppamenti Temporanei di Impresa o Associazione Temporanee di Impresa (soprattutto quelle più giovani). Solo l’8% lavora per il sistema pubblico in via indiretta, come fornitore di una grande azienda già accreditata ed attiva su progettualità più ampie.
All’interno dell’analisi svolta, sono stati individuati quattro archetipi per rappresentare il grado di maturità e innovazione della Pubblica Amministrazione in relazione al GovTech e alla collaborazione con le startup: i free rider, in posizione più defilata e che beneficiano solo indirettamente dell’innovazione generata dal GovTech, gli esploratori cauti, che considerano le startup una nicchia con cui sperimentare soluzioni di frontiera comunque secondarie rispetto alla propria strategia di innovazione, i burocrati creativi, fortemente motivati nel collaborare con le startup ed innovare ma limitati da risorse o altre barriere contingenti, ed infine i leader, che mettono le startup al centro della loro strategia di innovazione con risorse e mandato di agire adeguati.
“Riteniamo che i tempi siano maturi per portare in modo esplicito, anche in Italia, una riflessione consapevole sul ruolo del GovTech, valorizzare quanto è già stato fatto e facilitare i prossimi passi lungo l’incrocio tra policy design e tecnologie innovative offerte dalle startup e quindi tra gli attori economici, sociali, culturali, tecnici e professionali” conclude Simone De Battisti, co-founder di Feel.
La ricerca completa è scaricabile a questo link.
* Nota metodologica: lo studio, primo in Italia sul tema del GovTech nel rapporto tra startup e sistema pubblico, unisce in una visione integrata e con uno sguardo internazionale, i principali studi sul tema, dati reali di procurement del sistema pubblico, un’indagine strutturata tra 100 startup, casi di studio ed approfondimenti con 31 interlocutori dell’ecosistema analizzato (pubblica amministrazione locale e centrale, imprenditori di startup innovative, acceleratori, fondi di investimento, corporate partecipate, esperti, studi legali). Le informazioni sul public procurement in Italia provengono dalla piattaforma ContrattiPubblici.org di SpazioDati.
[1] Fonte: World Bank https://www.worldbank.org/en/programs/govtech/2022-gtmi
[2] Fonte: DESI https://digital-strategy.ec.europa.eu/it/policies/desi