Il manifatturiero italiano ha chiuso i primi 11 mesi del 2023 con un fatturato stabile sul livello record dell’anno precedente (+0,7%)
- Il manifatturiero italiano ha chiuso i primi 11 mesi del 2023 con un fatturato a valori correnti stabile sul livello record dell’anno precedente (+0.7%), sintesi di un primo trimestre di aumento sostenuto e di un successivo ripiegamento condizionato nella seconda parte dell’anno anche dalla dinamica deflativa, che dai settori a monte si sta via via trasferendo a quelli posizionati a valle della filiera.
- Il fatturato deflazionato, grazie al ritorno alla crescita nelle rilevazioni più recenti (+1.1% nel bimestre ottobre-novembre), ha contenuto la riduzione al -1.6% (dati tendenziali 11 mesi 2023).
- Un importante sostegno è venuto dai mercati esteri: nonostante un contesto di domanda mondiale poco brillante, le esportazioni italiane di beni manufatti hanno mantenuto un profilo espansivo a valori correnti (+2.3% tendenziale, primi 10 mesi 2023, a fronte di una sostanziale stabilità a prezzi costanti), beneficiando anche di prezzi all’export più vivaci di quelli sul mercato interno. Più dinamiche le vendite extra-Ue, in particolare nei mercati asiatici e negli Stati Uniti, la cui crescita ha compensato la debolezza degli scambi intra-Ue (-1.4% l’export Italia-Germania).
- Deboli i consumi interni, con le vendite di beni non durevoli (-2% prezzi costanti, 9 mesi 2023) e di semidurevoli (-3.6%) in calo, penalizzate dall’erosione del potere d’acquisto delle famiglie. Tengono invece i durevoli (+5.9%), per effetto di un rimbalzo delle immatricolazioni auto dai minimi, e i servizi, ancora in recupero dal post-Covid. A fronte del calo delle costruzioni, gli investimenti in mezzi di trasporto, impianti/macchinari e immateriali, hanno confermato un trend positivo, pur avendo rallentato il passo dopo il boom del 2022, condizionati dalla rimodulazione degli incentivi fiscali e dall’aumento dei tassi di interesse.
- A livello settoriale, il ranking del fatturato deflazionato degli 11 mesi 2023 vede in testa Automotive (+14.7%), Largo consumo (+9.2%), Farmaceutica (+4.3%) ed Elettrotecnica (+1%). In recupero nel bimestre ottobre-novembre, dopo le flessioni accusate nei primi 9 mesi dell’anno, Meccanica, Alimentare e bevande e Metallurgia, che sembrano aver superato il punto di minimo. Le ultime rilevazioni confermano invece ancora in calo il Sistema Moda e i settori attivati dal ciclo delle costruzioni.
- Il confronto con i principali competitor europei evidenzia un maggior dinamismo per il manifatturiero di Francia e soprattutto Spagna, grazie alla migliore tenuta dei consumi delle famiglie. La Germania conferma maggiori difficoltà, con un peggioramento dei ritmi produttivi in coda d’anno (-2.2% nel bimestre ottobre-novembre), condizionati dalla fase di transizione che sta interessando le produzioni più energy intensive, in particolare la chimica.
- Gli indicatori di fiducia delineano un quadro ancora incerto, con una fase di debolezza degli ordini che si estenderà al primo semestre 2024, a fronte di un secondo semestre che dovrebbe beneficiare del rafforzamento delle tendenze deflazionistiche e degli effetti della rimodulazione dei tassi.
- Non mancano rischi al ribasso sulla crescita, in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche e con la crisi nel Mar Rosso, che sta condizionando i traffici lungo la rotta commerciale Asia-Europa. La quota italiana di merci in transito dal canale di Suez, pari al 38% dell’import extra-Ue, scende al 14% qualora si consideri l’incidenza sulle importazioni complessive dal mondo (dato in linea con quello della Spagna). Nell’ambito manifatturiero, il trasporto navale dall’Asia è particolarmente rilevante per gli intermedi del Sistema Moda, la Metallurgia, gli Intermedi chimici e l’Elettrotecnica, direttamente esposti agli effetti negativi derivanti da ritardi di consegna o aggravi di costo, ma gli impatti a cascata potrebbero riguardare l’intera filiera manifatturiera, fino ai settori utilizzatori posizionati più a valle.
Il fatturato a valori correnti si conferma stabile sui livelli record del 2022
Il fatturato a valori correnti ha registrato un +0.7% tendenziale nei primi 11 mesi del 2023, confermandosi sui livelli record raggiunti nel 2022. Il dato è sintesi di una crescita sostenuta nel primo trimestre e di un successivo ripiegamento, condizionato anche dal venir meno della spinta dei prezzi.
A fronte di prezzi alla produzione ancora in aumento in termini cumulativi (+2.2% tendenziale, 11 mesi), il bimestre ottobre-novembre evidenzia un arretramento (-1,3%) guidato dai produttori di intermedi (Metallurgia -14.5% nel bimestre ottobre-novembre, Intermedi chimici -11.2%, Altri intermedi -5.7%, Prodotti in metallo -1.2%). Il rientro delle tensioni inflazionistiche sta interessando, però, anche i settori posizionati a valle delle filiere manifatturiere, dove si assiste a un graduale depotenziamento della crescita dei prezzi (Alimentare e bevande +1.4%, +7.1% il cumulato 11 mesi, Sistema moda +2.8%, +6% 11 mesi).
Il fatturato a prezzi costanti torna a crescere nelle rilevazioni recenti, attenuando la caduta dei livelli di attività
Il fatturato deflazionato, grazie al ritorno alla crescita emerso nelle rilevazioni più recenti (+1.1% nel bimestre ottobre-novembre), ha contenuto la contrazione al -1.6% (tendenziale) negli 11 mesi del 2023.
Una dinamica simile caratterizza la produzione, in calo meno accentuato (-1.3%) nell’ultimo bimestre di osservazione (-3.1% nel complesso degli 11 mesi). Pur in assenza di chiari segnali di inversione del ciclo di produzione degli intermedi, che anticipa la ripresa complessiva, si evidenza comunque un’attenuazione del ritmo di caduta della produzione di Metallurgia e Intermedi chimici, due settori importanti per i legami trasversali che intrattengono con i settori utilizzatori. Da segnalare anche l’accelerazione produttiva della Meccanica, tra i settori di punta dell’industria italiana, pur a fronte di un bilancio 2023 (11 mesi) di sostanziale pareggio sui livelli 2022.
Le vendite estere continuano a sostenere i livelli di attività del manifatturiero italiano
Nonostante un contesto di domanda internazionale poco brillante, che ha visto l’import mondiale di merci (inclusi i prodotti energetici) flettere del 3.4% in volume nel complesso dei primi 11 mesi 2023, il risultato peggiore degli ultimi 15 anni (escluso il ripiegamento del 2020), le esportazioni italiane di beni manufatti hanno mantenuto un profilo espansivo a valori correnti (+2.3% tendenziale nei primi 10 mesi del 2023, grazie anche a prezzi all’export più dinamici dei prezzi sul mercato interno) e stabile a prezzi costanti.
La tenuta delle vendite sui mercati extra-Ue, soprattutto in Asia e negli Stati Uniti, è riuscita a compensare in parte la debolezza degli scambi intra-Ue, in particolare il calo delle vendite dirette in Germania (-1.4%), primo partner commerciale del nostro Paese, legato a doppio filo alle catene produttive tedesche.
Mercato interno debole, con consumi in calo e investimenti che rallentano il passo
I consumi hanno mostrato segnali di cedimento a partire dai mesi estivi del 2023, dopo la tenuta nella prima parte dell’anno (grazie a servizi e autoveicoli ancora in recupero dal post-Covid). La fiammata inflazionistica si è abbattuta con forza sui bilanci delle famiglie italiane, già provati dal biennio pandemico e da una dinamica salariale stagnante da oltre un decennio, determinando un calo degli acquisti di beni (-1% in termini reali nei primi 9 mesi del 2023): in contrazione semidurevoli (-3.6%) e non durevoli (-2%), parzialmente compensati dalla crescita dei durevoli (+5.9%, sostenuti dalle immatricolazioni auto).
Anche gli investimenti hanno rallentato il passo nel corso del 2023, condizionati, in tutta l’Europa, dall’inasprimento delle condizioni di finanziamento e dalla crescente incertezza. A questi fattori si è sommata, in Italia, la rimodulazione degli incentivi fiscali a supporto dell’edilizia, determinando un calo del 2.7% (-7.8% il comparto residenziale, +4.4% il genio civile, sostenuto dai progetti di infrastrutturazione in ambito PNRR) degli investimenti in costruzioni nei primi 9 mesi dell’anno, dopo un biennio da record. Solo la crescita a doppia cifra dei mezzi di trasporto e un’evoluzione ancora positiva (in termini tendenziali) degli acquisti in impianti e macchinari hanno consentito di mantenere stabile il profilo complessivo degli investimenti.
Automotive, Largo consumo e Farmaceutica guidano il ranking di crescita del fatturato deflazionato
Il ranking di crescita 2023 (11 mesi) per fatturato deflazionato è dominato da Automotive, Largo consumo e Farmaceutica. Gli Autoveicoli e moto (+14.7%) hanno beneficiato di una domanda interna molto dinamica in tutti i segmenti, e dello sblocco degli ordini rimasti inevasi per via delle difficoltà di approvvigionamento di componenti. La performance del Largo consumo (+9.2%) è trainata dal segmento della cosmesi, sia sul mercato interno che sui mercati esteri. Si tratta dell’unico settore, tra i produttori di beni di consumo, a svettare nella parte alta della classifica, insieme alla Farmaceutica (+4.3%) che, nonostante il ripiegamento dell’export nella seconda parte dell’anno (rispetto ai picchi di inizio 2023), ha trovato un sostegno decisivo nel mercato interno, in ragione del ritorno dei virus influenzali nella stagione invernale.
Sotto il podio troviamo l’Elettrotecnica (+1%), grazie alla spinta dei comparti legati alla transizione energetica, e a qualche posizione di distanza l’Elettronica (-0.5%) che, sostenuta dal processo di digitalizzazione del sistema economico, risente però del rallentamento della domanda di beni ICT, anche a seguito dell’incertezza che caratterizza lo scenario internazionale.
Da segnalare, nella parte centrale della classifica, Meccanica, Alimentare e bevande e Metallurgia che, dopo le flessioni accusate nei primi 9 mesi dell’anno, si distinguono per un rimbalzo del fatturato deflazionato nel bimestre ottobre-novembre, preludio di superamento del punto di minimo. La ripartenza della Meccanica (+3.9% nel bimestre ottobre novembre, +0.3% 11 mesi) si deve soprattutto al ritrovato slancio sui mercati esteri, che è riuscito a compensare il profilo incerto della domanda interna. L’export è stato altrettanto determinante nel caso dell’Alimentare e bevande (+2.4% ottobre-novembre, stabile in termini cumulativi).
La Metallurgia è l’unico settore produttore di intermedi a mostrare qualche segnale di recupero nelle rilevazioni più recenti (+2.9% il fatturato deflazionato nel bimestre ottobre-novembre, a fronte di un -4.4% nel complesso dei primi 11 mesi). Negli altri settori si osserva comunque un’attenuazione del ritmo di caduta, dai Prodotti in metallo (-1.9%, -5.3% 11 mesi) ai Prodotti e materiali da costruzione (-3%, -8.4% 11 mesi), dagli Altri intermedi (-3.8%, -11.1% 11 mesi) agli Intermedi chimici (-6.3%, -17.4% 11 mesi). Andamento sottotono per due settori legati a doppio filo al ciclo delle costruzioni, quali Mobili (-8.7%, 11 mesi) ed Elettrodomestici (-5.5%). Il rallentamento, sia sul mercato interno sia sui mercati esteri, è in parte fisiologico dopo i picchi raggiunti durante la fase pandemica ma nasconde, nel caso degli Elettrodomestici, anche difficoltà di lunga data, testimoniate dai tavoli di crisi aperti da importanti multinazionali attive sul territorio italiano.
Chiude la panoramica il Sistema moda (-3.2%, 11 mesi), che dopo aver raggiunto risultati eccezionalmente buoni nella prima parte del 2023, ha iniziato a perdere slancio a partire dai mesi primaverili, in un contesto di indebolimento della domanda interna ed estera. Si sono confermate vivaci le performance di abbigliamento e maglieria, a fronte di difficoltà per il tessile.
Il confronto con i principali competitor europei
Il confronto con i principali concorrenti europei evidenzia un maggior dinamismo per il manifatturiero di Francia e soprattutto Spagna, grazie a una crescita delle esportazioni più intensa di quella italiana (Spagna +4.3% a valori correnti, 10 mesi 2023, Francia +4.6%, Italia 2.3%) e a una migliore tenuta dei consumi delle famiglie. La Spagna si distingue, in particolare, per un +7.4% di vendite al dettaglio (11 mesi del 2023, prezzi costanti), sintesi di un incremento che ha riguardato sia i beni alimentari che i non alimentari, compresa la moda, comparto in maggiore sofferenza nelle fasi di incertezza. I due paesi hanno mostrato, inoltre, un profilo espansivo in termini di produzione, con la Spagna che si conferma tonica (+2.1% ottobre-novembre 2023, +0.3% 11 mesi) e la Francia in ripresa (+4% ottobre-novembre, +1.4% 11 mesi), anche se ancora alle spalle di Spagna e Italia se il confronto viene seguito sui livelli del 2019. La Germania è in maggiore difficoltà, con export in modesta crescita (+1.4% a valori correnti, 9 mesi 2023), una peggiore tenuta dei consumi rispetto a Francia e Spagna, e un deterioramento dei ritmi produttivi in coda d’anno (-2.2% nel bimestre ottobre-novembre), condizionato dalla fase di transizione che sta interessando le produzioni più energy intensive, in particolare la chimica.
La chimica tedesca è molto esposta verso le produzioni di base, che per le loro caratteristiche di scarsa differenziazione ed elevata intensità energetica dei processi, hanno scontato in misura amplificata gli effetti della crisi energetica, soprattutto in Germania, per via della forte dipendenza dal gas russo. Le difficoltà di approvvigionamento energetico sono andate poi sommandosi a una fase di debolezza dell’attività manifatturiera. La transizione green del settore richiederà sforzi ancora più intensi di quelli implementati finora, in termini di riconversioni di impianti e di adattamento a nuovi input produttivi, che stanno portando a ridisegnarne il quadro complessivo.
Gli indicatori di fiducia delineano un quadro incerto, rinviando la ripresa alla seconda parte del 2024
L’indice Istat che sintetizza il clima di fiducia delle imprese manifatturiere migliora nell’ultima rilevazione di gennaio 2024, pur continuando a stazionare in territorio negativo. Il quadro resta complesso, ancora condizionato da numerosi fattori di incertezza, che manterranno deboli di ordini e domanda fino al primo semestre del 2024, ma il peggio può dirsi ormai alle spalle. La seconda parte dell’anno dovrebbe offrire maggiori spazi di recupero, grazie a un rafforzamento della tendenza deflativa che dovrebbe rivitalizzare i consumi. Un segnale forte a riguardo giunge anche dall’indice di fiducia dei consumatori, che ha recuperato ancora terreno in gennaio, sulla base di attese di inflazione in calo.
Sul fronte degli investimenti in macchinari e impianti, l’ultima indagine Banca d’Italia-Sole24ORE mostra un miglioramento del saldo tra ottimisti e pessimisti circa le condizioni per investire, con giudizi complessivamente favorevoli sull’accumulazione di capitale per l’anno in corso. Sul mercato interno, gli incentivi 4.0 saranno affiancati dal Piano Transizione 5.0, che stanzia fondi per gli investimenti innovativi volti ad agevolare l’efficienza energetica dei processi produttivi, l’autoconsumo di elettricità, l’economia circolare e l’uso efficiente delle risorse. Sul versante degli investimenti in costruzioni, le prospettive del mercato nazionale restano ancorate al depotenziamento della spinta dell’edilizia residenziale e delle ristrutturazioni. Il venir meno del Superbonus 110% determinerà un effetto correttivo solo in parte compensato dal buon dinamismo del comparto delle opere pubbliche, in relazione al graduale dispiegarsi dei progetti connessi al PNRR.
Un rischio al ribasso sulla crescita è rappresentato dall’aggravarsi delle tensioni geopolitiche
Il quadro geopolitico, già alterato dal conflitto russo-ucraino, si accende di nuovi focolai nell’area Medio-Orientale. La crisi nel Mar Rosso sta già alimentando tensioni sui prezzi dei noli e dei costi di trasporto, e timori di nuovi squilibri nel commercio mondiale, in grado di alterare il funzionamento delle catene globali del valore. Per l’Italia, la quota di merci in transito dal canale di Suez è pari al 38% dell’import extra-Ue, ma scende al 14% se si considera l’incidenza sulle importazioni complessive dal mondo, in linea con quella spagnola; il peso sull’import totale è invece inferiore al 10% per Germania e Francia.
Nell’ambito manifatturiero, il trasporto navale dall’Asia è particolarmente rilevante per gli intermedi del Sistema Moda, la Metallurgia, gli Intermedi chimici e l’Elettrotecnica, più direttamente esposti agli effetti negativi derivanti da shortage produttivi o da aggravi di costo lungo la tratta Asia-Europa.
Il 27% delle forniture estere del Sistema moda transita da Suez, il 35% dei filati e tessuti importati e il 19% delle pelli/concia (dati a valori correnti, 9 mesi 2023). La quota di merci a rischio è il 21% nell’Elettrotecnica, fondamentale per il processo di trasformazione energetica (il 20% degli apparecchi per generazione/gestione dell’elettricità e il 30% degli accumulatori/batterie transitano dal Mar Rosso, comprese quelle destinate all’Automotive) e il 20.1% nella Metallurgia; una percentuale rilevante, alla luce del fatto che le forniture extra-europee vanno a coprire parte dei vuoti lasciati dal venir meno di materie prime/semilavorati metallurgici provenienti dai territori impattati dal conflitto russo-ucraino. Seguono gli Intermedi chimici con l’11% delle forniture a rischio, compreso il GNL (Gas Naturale Liquefatto), fondamentale per la diversificazione delle nostre fonti energetiche. I settori posizionati più a valle delle filiere manifatturiere possono risentire della crisi sia direttamente, attraverso l’import di prodotti finiti (è il caso dei piccoli elettrodomestici, degli autoveicoli, dei macchinari e relativi componenti), sia indirettamente, attraverso impatti a cascata derivanti dall’utilizzo di semilavorati che a loro volta sono stati realizzati partendo da merci potenzialmente più costose.
L’attuale fase di debolezza della domanda fa presupporre che l’impatto maggiore della crisi si avrà sulla marginalità delle imprese, riducendo la possibilità di traslare i rincari di costo sui listini di vendita, come è invece avvenuto con la crisi energetica.
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