Il know-how delle PMI: un patrimonio da salvaguardare per le generazioni future
Parafrasando la canzone di Raf “Cosa resterà degli anni 80” potremmo dire: cosa resterà del nostro know how? Ogni PMI, indipendentemente dal tipo di attività, custodisce un bene prezioso che rappresenta la ricetta del proprio successo.
Il termine know-how si riferisce all’insieme delle conoscenze pratiche, competenze tecniche e abilità operative che un’azienda accumula nel tempo. È un patrimonio immateriale ma di fondamentale importanza, che deriva dall’esperienza, dall’innovazione e dall’apprendimento continuo. Questo bagaglio di conoscenze comprende metodi di lavoro, segreti industriali, tecniche di produzione, strategie di mercato e soluzioni creative ai problemi quotidiani.
L’acquisizione del know-how è un processo graduale
Il know-how di un’azienda non si costruisce dall’oggi al domani. È il risultato di un lungo processo che richiede sacrifici, dedizione e impegno costante da parte dell’imprenditore. Questo processo è spesso accompagnato da sfide quotidiane, rinunce personali e professionali, e un’incessante ricerca di miglioramento.
L’imprenditore è il cuore pulsante della PMI. È colui che, con passione e tenacia, guida l’azienda attraverso i momenti difficili e ne celebra i successi. Ma questo ruolo comporta anche grandi sacrifici: l’imprenditore dedica una quantità enorme di tempo e risorse all’azienda, spesso ben oltre l’orario normale, sacrificare tempo prezioso alla famiglia, vacanze e momenti di svago e l’investimento di capitali personali. Questo incessante impegno e i sacrifici personali sono parte integrante del percorso che porta all’acquisizione di competenze e conoscenze per costruire un know-how solido.
La strada dell’imprenditore è raramente priva di ostacoli. Difficoltà finanziarie, crisi economiche, cambiamenti normativi e concorrenza agguerrita sono solo alcune delle sfide che deve affrontare. La capacità di resistere e adattarsi a queste avversità è ciò che permette di accumulare un know-how prezioso e di valore.
Spesso noi imprenditori pensiamo alla nostra azienda come una “creatura” alla stregua di un figlio a cui prestare attenzione e dedizione in modo che nulla possa mancare alla sua crescita e al suo benessere. Per questo che si è sempre alla ricerca di risorse, sperimentiamo nuove tecniche, tecnologie e processi produttivi. Questa dedizione all’innovazione permette all’azienda di rimanere competitiva e di acquisire competenze sempre più avanzate.
La cura dei dettagli è una caratteristica distintiva di ogni imprenditore attento e scrupoloso. Ogni piccolo miglioramento nei processi produttivi, ogni attenzione alle esigenze del cliente e ai collaboratori, contribuisce a costruire un know-how solido e affidabile.
La formazione continua non è semplicemente un investimento nei dipendenti, ma anche su se stessi. Partecipazione a eventi che offrono opportunità di networking, scambio di idee e aggiornamento sulle ultime tendenze del mercato, così come essere attivi ad associazioni di categoria e gruppi di lavoro, rappresenta il modello di crescita professionale per l’imprenditore.
Questo lungo e difficile processo di acquisizione del know-how si traduce in un patrimonio di valore inestimabile per l’azienda. Ogni esperienza vissuta, ogni problema risolto e ogni successo ottenuto aggiungono un tassello a questo patrimonio. Il know-how diventa così un bene prezioso, capace di garantire la continuità e la prosperità dell’azienda.
Il tessuto economico italiano è caratterizzato da una fitta rete di Piccole e Medie Imprese (PMI) che, con il loro know-how, rappresentano un valore inestimabile per il territorio.
Le PMI non sono solo unità economiche; sono veri e propri presidi di competenze sul territorio. Il know-how accumulato nel tempo diventa un bene prezioso che va oltre i confini dell’azienda stessa. Contribuisce allo sviluppo economico locale, crea posti di lavoro, favorisce la formazione di nuove competenze e sostiene l’indotto. Quando una PMI prospera, tutto il territorio ne beneficia.
Nonostante l’importanza del know-how, troppo spesso questo patrimonio viene disperso. Le cause di questa perdita possono essere molteplici e si possono classificare in fattori interni ed esterni all’azienda. Molti imprenditori si trovano senza un erede a cui lasciare l’azienda. Questo può derivare dalla mancanza di interesse da parte delle nuove generazioni o dall’assenza di figure adatte all’interno della famiglia. Anche quando esistono potenziali successori, spesso manca una pianificazione adeguata per il passaggio generazionale. L’imprenditore si trova spesso solo ad affrontare questa questione complessa.
L’imprenditore può perdere forza e stimoli a causa dello stress e del burnout derivanti dalla gestione continua e intensiva dell’azienda. Questo può portare a un calo delle performance aziendali e, nei casi peggiori, alla chiusura dell’attività. La mancanza di un team dirigenziale solido e il peso delle decisioni quotidiane possono isolare l’imprenditore, rendendogli difficile mantenere la visione e l’energia necessarie per guidare l’azienda.
A queste cause interne si aggiungono spesso cause esterne, come una cultura distorta degli enti di controllo istituzionali. Le PMI non di rado vengono viste come “vacche da mungere” piuttosto che come un bene prezioso per il territorio. Come diceva Winston Churchill, «Alcune persone vedono un’impresa privata come una tigre feroce da uccidere subito, altri come una mucca da mungere, pochissimi la vedono com’è in realtà: un robusto cavallo che traina un carro molto pesante». Questo pensiero riassume perfettamente la visione errata che molte istituzioni hanno delle imprese, focalizzandosi più sulla repressione e la riscossione piuttosto che sul supporto e lo sviluppo.
La complessità burocratica e la rigidità delle regolamentazioni possono soffocare le PMI, rendendo difficile per loro operare in maniera efficiente e concentrarsi sulla crescita e l’innovazione. Secondo i dati del Ministero del Lavoro, circa il 70% delle sentenze nei tribunali del lavoro sono a danno delle aziende. I giudici del lavoro, nella quasi totalità dei casi, tendono a favorire il dipendente a scapito dell’impresa. Questo atteggiamento può essere dannoso, soprattutto per le PMI che, rispetto alle grandi aziende, hanno meno risorse per sostenere lunghi contenziosi legali. Spesso, le ragioni dell’impresa vengono ignorate, portando a decisioni che possono danneggiare irreparabilmente l’azienda.
Una soluzione innovativa: conoscere per giudicare
Prima di giudicare l’operato di un’azienda o porre in atto sanzioni, sarebbe opportuno comprendere le motivazioni che hanno portato a quel comportamento. Spesso, gli imprenditori, a causa del complesso apparato normativo, devono affidarsi al buonsenso e ai propri valori. Proponiamo un approccio fuori dagli schemi ma di sicuro impatto:
- Visite Preventive: Prima di comminare una multa o emettere una sentenza, le autorità dovrebbero visitare l’azienda e osservare direttamente il contesto operativo. Questo permetterebbe una comprensione più completa delle circostanze specifiche e delle sfide che l’imprenditore affronta quotidianamente.
- Colloqui con l’Imprenditore e il Team: Intavolare un dialogo con l’imprenditore e il suo team prima di prendere decisioni sanzionatorie. Questi colloqui possono fornire preziose informazioni sulle difficoltà operative e sulle ragioni che hanno portato a determinate scelte aziendali.
- Valutazione del Buonsenso: In molti casi, gli imprenditori si trovano costretti a prendere decisioni basate sul buonsenso piuttosto che su un’interpretazione letterale delle norme, a causa della loro complessità e talvolta contraddittorietà. Riconoscere l’importanza del buonsenso imprenditoriale può aiutare a prendere decisioni più equilibrate e meno punitive.
- Collaborazione Proattiva: Invece di adottare un approccio punitivo, gli enti di controllo e riscossione dovrebbero agire come partner delle aziende, fornendo consulenza e supporto per aiutare le imprese a conformarsi alle normative senza compromettere la loro operatività.
Implementare queste soluzioni potrebbe rappresentare un passo verso l’innovazione da parte della pubblica amministrazione. Un approccio più umano e comprensivo non solo faciliterebbe la conformità alle norme, ma promuoverebbe anche un ambiente di fiducia e collaborazione tra le PMI e le autorità. Questo, a lungo termine, contribuirebbe a un tessuto economico più solido e resiliente, capace di sostenere la crescita e l’innovazione delle piccole e medie imprese.
A differenza delle grandi aziende e delle multinazionali, le PMI sono distanti dal mondo della finanza. Le operazioni di Mergers & Acquisitions sono strumenti potenti per garantire la continuità aziendale, ma sono raramente accessibili per le PMI. Spesso non si hanno le competenze interne o le risorse necessarie per accedere ai complessi strumenti finanziari disponibili nel mercato delle fusioni e acquisizioni.
Le PMI hanno generalmente risorse finanziarie limitate e trovano difficile competere con le grandi aziende che possono attrarre investitori e ottenere finanziamenti con maggiore facilità.
Da qui la necessità che le istituzioni riconoscano il valore del know-how delle PMI e adottino politiche mirate a preservarlo. Favorire la continuità dell’impresa attraverso agevolazioni fiscali e incentivi per il passaggio generazionale.
La dispersione del know-how rappresenta una perdita significativa non solo per l’azienda, ma per l’intero territorio. È necessario un cambiamento culturale e istituzionale che riconosca il valore delle PMI e le supporti adeguatamente. Questo include politiche di sostegno alla successione aziendale, riduzione della burocrazia, e un atteggiamento più equo e collaborativo da parte degli enti di controllo e dei tribunali. Il know-how delle PMI è un tesoro da custodire e valorizzare. È un bene comune che arricchisce il territorio e che deve essere protetto e tramandato. Solo attraverso un approccio integrato e consapevole si potrà preservare il prezioso patrimonio di know-how accumulato dalle PMI, garantendo così un futuro prospero e sostenibile per le generazioni future.
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