I rapporti di lavoro a tempo indeterminato trainano la crescita occupazionale ma il Mezzogiorno arranca
I dipendenti nel settore privato, non agricolo, sono aumentati di quasi 350.000 unità nel periodo gennaio/ottobre 2022. Seppure la crescita dell’occupazione sia più debole rispetto al primo semestre di quest’anno, il trend è lo stesso della fase precedente alla pandemia sanitaria, tant’è che nel bimestre settembre-ottobre sono stati creati 48.000 posti di lavoro a fronte dei circa 42.000 del 2019.
Il turismo resta il settore più colpito dalla frenata dello scorso luglio. Nei primi dieci mesi del 2022 sono stati creati circa 70.000 posti di lavoro, lo stesso numero raggiunto nel 2019.
Gli altri servizi hanno avuto andamenti diversificati, con una flessione nelle attività di trasporti e magazzinaggio, che potrebbero avere risentito anche dell’aumento dei prezzi dell’energia.
Nell’industria la dinamica dell’occupazione è proseguita a ritmi moderati rispetto ai mesi precedenti. Nel comparto delle costruzioni il numero delle attivazioni nette è stato inferiore a quello registrato nella fase di rapida crescita del 2021 e della prima metà del 2022.
La crescita occupazionale continua ad essere alimentata dai rapporti di lavoro a tempo indeterminato, con picchi storicamente alti nei mesi di settembre e di ottobre, con oltre il 90 per cento delle attivazioni per le posizioni stabili. È invece proseguito il calo dell’apprendistato e delle posizioni a termine in atto da giugno, su cui pesa il rallentamento della dinamica dell’occupazione nel terziario, settore in cui si ricorre maggiormente a queste tipologie contrattuali.
Il rallentamento del mercato del lavoro nella seconda metà dell’anno si è riverberato anche sulla dinamica della disoccupazione amministrativa. Nei mesi di agosto e di settembre il numero di disoccupati è salito, effetto tipico di fine estate, quando le assunzioni si riducono e molti contratti di natura stagionale scadono.
Complessivamente, da gennaio a settembre di quest’anno, il numero di disoccupati è comunque diminuito di circa 237.000 unità, una contrazione considerevole anche se meno pronunciata rispetto a quella registrata nel 2021, in una fase di forte ripresa dopo la flessione dovuta all’emergenza sanitaria.