I contagi da Covid-19 sul lavoro all’origine di un quarto del totale delle denunce d’infortunio e di un terzo dei casi mortali
All’indomani della presentazione della Relazione annuale 2020 alla Camera dei deputati, il numero speciale del periodico Dati Inail pubblicato oggi, a cura della Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, dedica un’approfondita analisi alla situazione degli infortuni e delle malattie professionali nel periodo della pandemia, che ha avuto un impatto negativo anche in ambito lavorativo. Un quarto del totale delle denunce d’infortunio e un terzo di quelle con esito mortale pervenute all’Inail nel 2020 sono, infatti, dovute al contagio da Covid-19.
L’impatto della pandemia sul confronto con il 2019. Il confronto tra il 2019 e il 2020 risente di alcuni fattori collegati all’emergenza sanitaria che hanno fortemente condizionato l’andamento infortunistico dell’anno scorso: la sospensione su tutto il territorio nazionale, tra marzo e maggio, di ogni attività produttiva considerata non essenziale, ai fini del contenimento dell’epidemia, la contemporanea chiusura delle scuole e la difficoltà incontrata dalle imprese nel riprendere la produzione a pieno regime nel periodo post lockdown. Le chiusure mirate, le limitazioni alla circolazione stradale e il massiccio ricorso allo smart working hanno avuto l’effetto collaterale di ridurre l’esposizione al rischio di infortuni sul lavoro “tradizionali”, compresi quelli “in itinere”, avvenuti cioè nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro, abbattendone sensibilmente il numero rispetto al 2019, sia per il totale dei casi sia per quelli con esito mortale.
I decessi “in itinere” in calo di un terzo ma +50,1% per quelli avvenuti “in occasione di lavoro”. A compensare questi effetti, precisa Dati Inail, sono però intervenuti gli infortuni sul lavoro legati alle infezioni da Covid-19 di origine professionale che, aggiungendosi alle denunce “tradizionali”, hanno avuto due distinte conseguenze: da un lato il ridimensionamento del calo delle denunce di infortunio in complesso rispetto all’anno precedente, dall’altro l’incremento dei casi mortali, su cui ha influito la particolare letalità del virus. I decessi sul lavoro denunciati all’Istituto nel 2020 sono stati, infatti, 1.538, 333 in più rispetto ai 1.205 registrati nel 2019 (+27,6%). Questo incremento è la sintesi di un diverso andamento nelle modalità di accadimento dell’infortunio: le denunce di infortuni mortali in itinere (226 casi) sono diminuite rispetto all’anno precedente del 31,7%, per effetto della riduzione della circolazione stradale come misura di contenimento della pandemia, a fronte di un notevole aumento (+50,1%) dei decessi denunciati in occasione di lavoro (1.312).
Le denunce complessive sono 74mila in meno. L’analisi sul totale dei casi rileva, alla data dello scorso 30 aprile, 571.198 infortuni sul lavoro denunciati all’Istituto nel 2020, circa 74mila in meno rispetto alle 644.993 del 2019 (-11,4%). Questa riduzione è il risultato di due diminuzioni marcatamente diverse per la modalità di accadimento degli infortuni: se quelli in occasione di lavoro (505.736) sono diminuiti del 6,2%, nonostante la presenza delle denunce da Covid-19, quelli in itinere (65.462) sono calati del 38,2%. Il minor numero di incidenti stradali si conferma anche tra gli infortuni in occasione di lavoro. I 13mila casi che hanno visto coinvolti mezzi di trasporto, con il coinvolgimento di conducenti professionali come camionisti e tassisti, sono infatti diminuiti del 31,8%.
Quasi sette contagi su 10 tra il personale sanitario e parasanitario. Nell’anno della pandemia gli infortuni in itinere sono diminuiti in tutte le gestioni assicurative, mentre quelli in occasione di lavoro segnano valori in aumento rispetto al 2019 solo nell’Industria e servizi, che ha fatto segnare un incremento del 7,9%, trainato quasi esclusivamente da un settore esposto a un elevato rischio di contagio e a stress lavorativi rilevanti come quello della Sanità e assistenza sociale, passato dai circa 28.500 casi del 2019 agli oltre 96mila del 2020 (+236,5%), passando dai 28.500 casi circa del 2019 agli oltre 96mila del 2020. Quasi il 70% dei contagi professionali da Covid-19 del 2020 ha infatti interessato il personale sanitario e parasanitario. Tra gli altri settori che hanno registrato incrementi rispetto all’anno precedente spiccano l’amministrazione pubblica, e in particolare gli organismi preposti alla sanità come le Asl (+74,3%), l’agricoltura industriale (+48,6%) e alcune attività del manifatturiero che rientrano tra quelle essenziali e, di conseguenza, sono rimaste sempre attive, come le produzioni farmaceutiche (+5,1%).
Gli unici incrementi rilevati tra gli over 45 e in Valle d’Aosta, Piemonte e provincia autonoma di Trento. Dall’analisi per classi di età emergono decrementi generalizzati, tranne per le fasce 50-64 anni (+6,5%), 45-49 anni (+2,5%) e 65-69 anni (+1,4%). L’analisi territoriale evidenzia un calo delle denunce di infortunio in tutte le aree del Paese, più contenuto nel Nord-Ovest (-2,0%) e più accentuato al Centro (-18,0%), nelle Isole (-17,4%), al Sud (-15,3%) e nel Nord-Est (-13,5%). Le regioni con il minor decremento sono Campania (-3,6%), Lombardia (-4,3%) e Liguria (-7,3%), mentre quelle con i decrementi maggiori sono Calabria (-26,9%), Umbria (-24,6%) e Molise (-22,9%). Gli unici incrementi rispetto al 2019 sono quelli rilevati in Valle d’Aosta (+17,5%), Piemonte (+5,7%) e provincia autonoma di Trento (+2,1%).
Forte flessione anche per le malattie professionali denunciate. Come per il totale degli infortuni, anche il calo delle denunce di malattia professionale rispetto al 2019 è stato notevole. Le 44.955 patologie denunciate nel 2020, con 31.433 lavoratori coinvolti, sono infatti oltre 16mila in meno rispetto alle 61.201 dell’anno precedente (-26,6%). La diminuzione ha riguardato tutti i tipi di malattie: quelle muscolo-scheletriche (poco più di 30mila casi, il 67,5% di tutte le denunce protocollate nel 2020) sono calate del 25,8%, quelle del sistema nervoso (oltre cinquemila, soprattutto sindromi del tunnel carpale) del 23,6%, le ipoacusie (tremila) del 31,6%, quelle respiratorie (poco meno di duemila) del 36,8% e i tumori (quasi 1.700) del 36,2%. L’effetto Covid è evidente anche in questo caso: se la sospensione temporanea o la chiusura nel corso dell’anno di molte attività ha, da una parte, ridotto l’esposizione al rischio di contrarre patologie, dall’altra lo stato di emergenza può aver reso difficoltoso, disincentivandolo o semplicemente rimandandolo, il ricorso ai presidi sanitari e amministrativi propedeutici alla presentazione della denuncia.
Il bilancio provvisorio del 2021. L’impatto della pandemia in ambito lavorativo non è limitato solo al 2020 ma sta influenzando anche i primi mesi di quest’anno, con un trend delle infezioni di origine professionale che comunque dallo scorso mese di febbraio è in sensibile diminuzione. Il confronto con i primi cinque mesi del 2020 evidenzia per il 2021 un aumento sia degli infortuni in occasione di lavoro (+5,2%) sia di quelli in itinere (+10,0%). Al netto dei casi di contagio da Covid-19, si registra un aumento complessivo ancora più accentuato (+14,4% contro il +5,7% al lordo dei contagi). In particolare, le denunce di infortuni avvenuti in occasione di lavoro, modalità di accadimento da considerare ai fini degli effetti del virus, aumentano del 15%, triplicando l’incremento al lordo dei casi Covid-19 (+5,2%). Il bilancio provvisorio del 2021 è particolarmente critico sul fronte delle morti sul lavoro “tradizionali”. I decessi denunciati tra gennaio e maggio sono stati infatti 434, due in più rispetto allo stesso periodo del 2020 (+0,5%) e ben 43 in più rispetto al 2019 (+11,0%). Il trend delle malattie professionali, con quasi 24mila denunce nei primi cinque mesi di quest’anno, mostra invece un aumento del 43,4% rispetto all’analogo periodo del 2020 e un calo del 12,6% rispetto al 2019.