Galassi (A.P.I.): “Dobbiamo essere capaci di condividere la visione del Paese che vogliamo”
È un fiume in piena Paolo Galassi quando gli chiediamo come l’Italia sta affrontando l’emergenza pandemica. Il presidente di A.P.I. (Associazione Piccole e Medie Industrie) non è per niente convinto che siano state prese tutte le misure necessarie per coniugare al meglio le necessità dell’economia e quelle della tutela della salute dei cittadini: “I titolari delle nostre imprese associate – spiega Galassi – hanno a cuore la salute del proprio personale e si sono rimboccati le maniche continuando a lavorare con coscienza e a investire, il problema è che manca una strategia nazionale per rispondere all’emergenza del Covid-19. A 8 mesi dall’inizio della pandemia, ci siamo fatti trovare impreparati davanti alla seconda ondata da Coronavirus, con poche terapie intensive, pochi medici e un sistema-Paese fragile e incapace di sostenere adeguatamente, in questo momento di crisi, il proprio sistema produttivo. Lo dico da tempo: le nostre imprese rischiano il collasso e pagano, in piena fase emergenziale, la mancanza di una politica industriale che sostenga il metalmeccanico, l’alimentare, il turismo, l’edilizia green, cioè quei settori su cui l’Italia dovrebbe puntare in vista della ripresa attesa per l’anno prossimo”.
Secondo il presidente di A.P.I. il Covid-19 ha evidenziato i problemi atavici del nostro Paese, zavorrato da un eccesso di burocrazia, dalla debolezza di un sistema finanziario incapace di aiutare il mondo produttivo e, soprattutto, dalla mancanza di un preciso programma di sviluppo: “Mentre il Governo continua a sommergerci di Dpcm decisi in modo unilaterale, spesso complessi e incompiuti e che producono confusione e frustrazione, manca un piano strategico per la ripresa, chiaro e risolutivo, messo a punto dal Governo centrale in collaborazione con gli enti locali, mirato a sostenere e rilanciare il nostro tessuto imprenditoriale, traghettandolo fuori da questa ennesima crisi”.
Sono troppe, secondo Galassi, le domande ancora inevase dalla politica nostrana: “Che tipo di tutele o sostegno riceveranno le nostre PMI? Come verrà potenziato il sistema sanitario per la tutela dei cittadini? Chi sosterrà lo sforzo finanziario legato al blocco dei licenziamenti individuali e collettivi? Secondo alcuni studi, 12.000 lavoratori attendono ancora la CIG da maggio, cosa si sta facendo? Quali saranno i prossimi step con l’Europa? Come e quando useremo i Fondi dell’UE? MES sì, MES no. Cosa faremo? La vera sfida oggi è il Recovery Fund o risolvere tutti i problemi strutturali che di fatto bloccano la capacità del Paese di creare valore?”.
La risposta della politica a tali fondamentali quesiti, secondo Galassi, è stata finora balbettante e le misure prese hanno contribuito ad accrescere un clima di continua incertezza che ha fatto sì che gli imprenditori perdessero fiducia nelle istituzioni, sia a livello centrale sia regionale: “Come può un ristoratore milanese programmare la sua attività sapendo solo all’ultimo minuto se gli sarà concesso di tenere aperto il locale a Natale? Perché impedire alla gente di praticare uno sport individuale come lo sci, quando il vero problema sono gli assembramenti durante le soste nei rifugi o agli impianti di risalita? Facendo rispettare le regole del distanziamento si sarebbero potuti magari tenere aperti gli impianti ed evitare di mettere in ginocchio un settore fondamentale per la nostra economia”.
È conscio di usare un’espressione forte il presidente di A.P.I., ma non può fare a meno di ricordare che “la crisi economica può generare più morti del Covid”.
Se il quadro italiano, secondo Galassi, è nero, non è che l’Europa, continente afflitto da immobilismo e diviso da regole troppo diseguali da Paese a Paese, stia fornendo un’immagine molto migliore. Certo, c’è l’esempio di un Paese come la Germania, dove il Governo centrale ha la forza di imporre una strategia ai vari Lander, ma la crisi pandemica che affligge tutta Europa rischia di avvitarsi senza trovare le giuste ricette per la ripartenza. Ciò aggraverebbe ancor più le condizioni delle nostre imprese, che in buona parte hanno stretti legami con gli altri Paesi europei.
Per il presidente di A.P.I., per uscire dall’attuale crisi ci vorrebbe un nuovo Piano Marshall, simile a quello che consentì all’Europa di riprendersi dopo il disastro della Seconda guerra mondiale. Potrebbe esserlo il Recovery Fund, ma gli imprenditori – rileva Galassi – non sono fiduciosi che le ingenti risorse del Piano europeo saranno impiegate a favore del sistema produttivo.
Eppure, ricorda Galassi, le cose da fare sono sotto gli occhi di tutti e da parecchio tempo: “Snellimento della burocrazia e regole chiare e semplici da seguire; incentivi fiscali “mirati”, per cui chi investe in un settore strategico paga meno tasse; rilancio di un settore fondamentale come l’edilizia coniugando risparmio energetico e sviluppo sostenibile; indennizzi più selettivi alle attività colpite dal Covid-19; stimolo ai consumi e maggiore sostegno alla classe media che oggi tiene i risparmi in banca e non spende, intimorita da un futuro incerto sul fronte occupazionale; diminuzione del costo del lavoro, proseguendo sulla strada del taglio del cuneo fiscale”.
“Al di là delle singole misure, delle quali si discute da tempo – afferma Galassi -, ci vuole un programma per l’Italia, la capacità di condividere la visione del Paese che vogliamo. Dobbiamo smettere di discutere e stendere un piano concreto d’azione, volto a ripristinare quel patto di fiducia che sta venendo meno e, senza il quale, qualsiasi provvedimento rischierebbe di perdere di efficacia. La ripresa sarà lenta e gravi saranno le conseguenze in termini di occupazione e disagio sociale. Occorre, dunque, agire rapidamente o non resterà nulla del patrimonio industriale italiano”.
Direttore responsabile de Il Giornale delle PMI