Frodi in tempo di pandemia: per il top management italiano affrontarle è più difficile che mai
Quasi il 50% di un campione di intervistati appartenenti al top management italiano e provenienti da diversi settori confessa di non reputare la propria azienda capace di affrontare il rischio di frode su tutti i canali. A rivelarlo è l’Experian EMEA Fraud Report 2020, che ha interrogato a livello internazionale 150 senior decision-maker direttamente coinvolti nella lotta alle frodi e nell’elaborazione di strategie di risposta all’interno delle proprie imprese.
Questo dato italiano, superiore alla media dei colleghi europei (38%), cozza con l’affermazione del proprio impegno, generando un paradosso: la maggioranza dei manager dichiara strategie e politiche anti-frode chiaramente definite (82%), KPI costantemente monitorati (79%), approcci equilibrati (86%) e team più che adeguati (72%), dati generalmente superiori alla media internazionale: qui, quasi il 43% degli intervistati reputa le risorse deputate all’anti-frode chiaramente insufficienti.
L’insicurezza di fondo tuttavia ha un’origine precisa, e affonda le proprie radici nell’emersione di nuove tipologie di truffa che la pandemia ha finito unicamente per potenziare.
Per il 43% degli intervistati italiani, infatti l’avvento della pandemia Covid-19 ha portato con sé una brusca accelerazione del tasso di attacco, con un 36% che denuncia nel 2020 un aumento sia nell’importo medio delle perdite per frode subita che nel tasso di tentativi di frode (numero di tentativi evitati + numero di frodi subite).
Le ragioni che concorrono al fallimento nella prevenzione sono, per il 67% degli intervistati, da imputarsi al continuo emergere di nuovi e più sofisticati trend di frode, confermando una motivazione fornita anche a livello europeo (76%).
Quasi il 52% degli intervistati italiani, infatti, ha visto nascere nuovi tipi di frodi nell’ultimo anno, al primo posto quelle legate ai canali online e al mobile, in particolare il phishing, aumentate a causa del maggior ricorso ai canali digitali e alla crescita dello smartworking. Il 37% degli intervistati concorda nel definire i tentativi di frode digitale i più comuni all’interno della propria azienda.
In quest’ottica, il 50% prevede una leggera crescita della spesa d’impresa nello sviluppo di tecnologie applicata alla gestione delle frodi, con iniziative che per la maggioranza si riverseranno in modelli avanzati di prevenzione delle frodi (54%), in studi specifici sulla prevenzione delle frodi digitali (54%) e nella formazione dei dipendenti sul fenomeno (45%).
Focus minori, ma comunque presenti tra le risposte indicate sono anche lo sviluppo di interazioni interdipartimentali (36%) e l’adozione di processi di machine learning per ottimizzare i modelli di prevenzione (32%).
“Se i criminali si sono adattati più che velocemente alla pandemia, i risultati della ricerca dipingono un quadro in cui, da parte delle aziende, emergono ancora significative mancanze nella capacità di identificare e rispondere a nuove minacce come le frodi, che sempre più si insinuano nel delicato equilibrio che sussiste tra il regalare al cliente un’esperienza sicura e garantire la business continuity”, spiega Cristina Iacob, Commercial Strategy Director, South Europe di Experian. “L’aspetto sicuramente positivo è che un gran numero di organizzazioni ora riconosce il fraud management come una top priority, e in molti stanno scoprendo i benefici di strategie sempre più vitali come l’implementazione del machine learning e la condivisione delle conoscenze tra aziende. Correlando e collegando tra loro i dati sarò possibile affrontare anche questi nuovi rischi in modo dinamico ed efficace, sfruttando al meglio le tecnologie attualmente disponibili.”