Flash PMI: a luglio, l’eurozona scende in zona contrazione, la pressione sui prezzi rallenta ma resta elevata

 Flash PMI: a luglio, l’eurozona scende in zona contrazione, la pressione sui prezzi rallenta ma resta elevata

I dati preliminari dell’indagine PMI di luglio hanno registrato una contrazione dell’economia dell’eurozona con produzione e nuovi ordini entrambi in calo per la prima volta dalle chiusure anti Covid-19 avvenute ad inizio 2021. La flessione accelerata del manifatturiero si è accompagnata ad una crescita vicino allo stallo del settore dei servizi, poiché l’aumento del costo della vita ha continuato ad erodere la benefica spinta della domanda repressa durante il periodo pandemico.

I timori di indebolimento della domanda sono stati aggravati dalle preoccupazioni sull’energia, gli approvvigionamenti e l’inflazione spingendo al ribasso le aspettative economiche future e causando inoltre una consistente riduzione degli acquisti ed una marcia indietro sulle assunzioni.

La pressione sui prezzi si è nel frattempo mantenuta elevata registrando valori mai visti prima della pandemia, nonostante il tasso di inflazione sia dei prezzi di vendita che di acquisto sia diminuito a causa dell’indebolimento della domanda e per i disagi meno severi sulle forniture.

Dalla lettura dei dati preliminari ‘flash’, l’Indice destagionalizzato S&P Global PMI® Composito dell’Eurozona di luglio è sceso a 49.4 da 52.0 di giugno. Posizionandosi su un valore inferiore alla soglia di non cambiamento di 50.0, il PMI di luglio ha indicato la prima contrazione della produzione economica da febbraio 2021.

Il calo più forte si è registrato in Germania, dove il PMI composito è crollato a 48.0, il valore minimo da giugno 2020. In Francia, anche se la produzione ha continuato ad aumentare, il tasso crescita è molto rallentato, con il PMI composito sceso a 50.6 registrando un’espansione solo marginale e la più debole in 16 mesi. Il resto dell’eurozona ha complessivamente indicato marginali contrazioni della produzione, con il PMI composito che, con 49.9, ha indicato la prima contrazione da febbraio 2021.

Dal punto di vista settoriale, la contrazione della produzione manifatturiera è stata particolarmente elevata ed è stata la seconda mensile consecutiva ad un tasso accelerato che ha segnato il valore più rapido da maggio 2020. Escludendo i periodi di chiusura causati dal Covid- 19, è da dicembre 2012 che non assistiamo a livelli di contrazione della produzione industriale superiori a quelli di questo mese. Sia in Germania che in Francia si sono registrate forti flessioni del settore manifatturiero, mentre resto dell’eurozona è scivolata in contrazione per la prima volta in poco più di due anni.

L’attività terziaria ha continuato ad indicare un’espansione ma al tasso più debole da aprile 2021 e che negli ultimi tre mesi è rallentato con forza fino segnare quasi una stagnazione. Il freno principale è stato il crollo del terziario tedesco, accompagnato dal rallentamento del ritmo di crescita della Francia e del resto dell’intera eurozona.

Nuovi ordini di beni e servizi hanno nel frattempo indicato una forte flessione, segnando la prima contrazione da febbraio 2021. Fatta eccezione per i periodi di chiusura forzata per il Covid-19, quest’ultima contrazione dei nuovi ordini è stata la più netta da maggio 2013. Sono tre i mesi in cui si registra un calo dei nuovi ordini destinati alla manifattura, ed il tasso di declino di luglio ha indicato una forte accelerazione, la più elevata da maggio 2020. Al declino di ordini di beni si è accompagnato la prima contrazione del flusso delle commesse terziarie da aprile 2021.

Entrando nei dettagli, la contrazione manifatturiera è stata generale ma guidata dalle industrie chimiche e di produzione di materie prime, così come quelle automobilistiche. Nel settore terziario, i servizi diretti al consumatore come quello del turismo e delle attività ricreative, dei media e dei trasporti hanno indicato stalli della crescita o vere e proprie contrazioni, in controtendenza rispetto all’impennata di crescita della scorsa primavera quando le misure di contenimento per la variante Omicron sono state revocate. Spesso le aziende hanno dato la colpa all’aumento del costo della vita ma anche alle avverse condizioni climatiche. Anche nel settore bancario e immobiliare la produzione ha indicato un forte calo, legato generalmente all’irrigidimento delle condizioni finanziarie. Se l’attività dei servizi industriali ha continuato ad aumentare, il tasso di incremento è stato il minore dalle chiusure pandemiche di inizio 2021.

Anche se la produzione manifatturiera è stata di nuovo spesso limitata dalla carenza di componenti, le generale incidenza dei ritardi delle consegne ha continuato a ridursi. L’allungamento dei tempi medi di consegna di luglio ha registrato il valore minore da ottobre 2020. La minore pressione sulla catena di fornitura corrisponde soprattutto al maggiore crollo di acquisti da parte del settore manifatturiero dalle iniziali chiusure pandemiche dei primi mesi del 2020.

La forte riduzione degli acquisti di beni da parte della manifattura si collega a sua volta con l’elevato aumento delle rimanenze di magazzino e con l’accumulo record di merce invenduta, spesso collegati a vendite inferiori al previsto e al calo degli ordini ricevuti.

Il lavoro inevaso del manifatturiero e del terziario ha registrato la prima contrazione in quasi un anno e mezzo. Ciò si collega al recente indebolimento della domanda da parte dei clienti e suggerisce un accumulo di capacità operativa in eccesso.

La crescita occupazionale generale è diminuita per il secondo mese consecutivo segnando il valore minimo in 15 mesi, con le aziende mostratesi molto più caute ad assumere visto il peggioramento della domanda. L’aumento dei posti di lavoro si è ridotto sia nel settore manifatturiero che terziario, indicando tassi molto inferiori rispetto ai recenti picchi di maggio.

A luglio, i prezzi medi di vendita di beni e servizi hanno continuato a salire a ritmo elevato, nonostante il tasso di inflazione sia diminuito per il terzo mese consecutivo dal picco record di aprile, scivolando al valore minore da febbraio. Il tasso di inflazione dei prezzi di vendita è rallentato sia nel manifatturiero che nel terziario. Il tasso di incremento generale è però rimasto considerevolmente maggiore di qualsiasi altro valore registrato prima della pandemia, nel corso di più di due decenni di raccolta dati.

Anche l’inflazione dei costi è diminuita, riducendosi per il quarto mese consecutivo ed indicando il valore minore da febbraio, superando comunque di molto i record pre-pandemici. L’inflazione dei prezzi di acquisto del settore manifatturiero è rallentata in modo particolarmente significativo, registrando i prezzi più basso in quasi un anno e mezzo e indicando prezzi inferiori per molte materie prime, tra cui in particolare il petrolio. Per la prima volta in 21 mesi e visto l’aumento dei costi energetici e salariali, l’inflazione dei costi del terziario ha superato quella del manifatturiero, nonostante quella dei servizi si sia ridotta al valore minimo in cinque mesi.

Concludendo, Le previsioni economiche per il prossimo anno sono scese ai minimi da maggio 2020, crollando ad un valore raramente superato nel decennio passato. Le aspettative del settore manifatturiero sono a tal punto peggiorate che il numero delle aziende che prevedono di tagliare la produzione sono più numerose di quelle che si aspettano un incremento nel prossimo anno, una situazione che non vediamo dall’inizio della pandemia, e prima ancora nel 2012. Nel terziario, le aspettative future sono rimaste positive, anche se sono scese al valore minimo da ottobre 2020.

Le previsioni sempre più pessimistiche rispecchiano le preoccupazioni sulle forniture energetiche e l’aumento del costo della vita, ma anche l’irrigidimento delle condizioni finanziarie, la guerra in Ucraina, le attuali carenze di approvvigionamenti e le crescenti preoccupazioni sulle condizioni economiche nazionali ed estere.

Commento

Commentando i dati PMI Flash, Chris Williamson, Chief Business Economist presso la S&P ha dichiarato: “L’economia dell’eurozona del terzo trimestre sembra destinata a contrarsi, con l’attività economica scivolata a luglio in territorio di declino e gli indicatori che anticipano le tendenze che lasciano presagire che nei mesi a venire vedremo un peggioramento. Escludendo i mesi di chiusura anti-pandemica, è la prima volta da giugno 2013 che il PMI indica una contrazione, mostrandoci un declino dell’economia al tasso trimestrale dello 0.1%. Anche se al momento in modo modesto, la forte perdita di nuovi ordini, la contrazione del lavoro inevaso e le più cupe previsioni economiche indicano tutte un graduale incremento del tasso di declino con l’avanzare dell’estate. La più grande preoccupazione è la situazione del settore manifatturiero, dove i produttori segnalano che le vendite inferiori a quelle previste hanno causato un accumulo senza precedenti di merci invendute. È probabile che la produzione venga ridotta, visto che le aziende tenteranno di adattarsi all’indebolimento della domanda, dovuto a sua volta all’innalzamento dei prezzi. Nel terziario, lo slancio della domanda dopo la riapertura dell’economia è svanito e la crescita è ora a livelli quasi stagnanti, con clienti spesso scoraggiati dall’incremento del costo della vita e dalle preoccupazioni sul futuro. Le previsioni future per i prossimi 12 mesi sono nel frattempo crollate a livelli visti raramente nello scorso decennio, e questo è legato ai crescenti timori sul futuro dell’economia, alimentati in parte dalle maggiori preoccupazioni sulle forniture energetiche e l’inflazione ma anche a fronte dell’irrigidimento delle condizioni finanziarie. Con l’aumento dei tassi di interesse da parte della BCE in un momento in cui il contesto della domanda sarebbe normalmente caratterizzato da un allentamento delle politiche monetarie, l’aumento dei costi di finanziamento aumenterà inevitabilmente i rischi di recessione. Uno spiraglio di speranza è il nuovo forte attenuamento delle pressioni inflazionistiche rilevato dagli indicatori sia dei prezzi di vendita che di acquisto, che dovrebbero tradursi in un abbassamento dell’inflazione dei prezzi al consumo. Al presente, tuttavia, tali indicatori segnano valori maggiori di quelli prima della pandemia, ed evidenziano la sfida poco invidiabile dei decisori politici di tenere sotto controllo l’inflazione e allo stesso tempo evitare una crisi economica”.

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