Fare impresa in un contesto VUCA

 Fare impresa in un contesto VUCA

“Non possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati”

Albert Einstein

Era la fine degli anni 80 quando l’acronimo VUCA fu utilizzato per la prima volta da Warren Bennis e Burt Nanus, entrambi professori dell’University of Southern California ed esperti di gestione aziendale. Il concetto fu presto adottato in ambito militare per indicare la volatilità, l’incertezza, la complessità e l’ambiguità delle dinamiche economico-politiche che caratterizzarono il periodo successivo alla fine della guerra fredda. Oggi, dopo oltre trent’anni dal suo primo utilizzo, VUCA non solo è un termine ancora molto attuale, ma si presta estremamente bene per descrivere una congiuntura economica e sociale come quella in cui stiamo vivendo.

Ma che cosa significa davvero VUCA oggi?

Se da un lato la validità delle sue quattro componenti è rimasta invariata, dall’altra ci troviamo davanti a dei cambiamenti la cui volatilità è molto elevata, a causa di fluttuazioni e turbolenze sempre più estreme, frequenti e rapide. Questo non solo fa aumentare il livello di incertezza e rende estremamente difficile comprendere e prevedere che cosa ci riserva il futuro, ma ci impedisce anche di identificare tutti i fattori e le variabili che caratterizzano un fenomeno, determinandone la sua complessità.

Come se ciò non bastasse, non abbiamo a disposizione informazioni certe e complete (ambiguità) che ci possano aiutare a trarre delle conclusioni veramente affidabili. La diffusione di internet e il costante susseguirsi di nuovi sviluppi tecnologici hanno contribuito al raggiungimento di un tale livello di globalizzazione e connettività da rendere praticamente impossibile fare previsioni nel medio-lungo termine.

In passato il leader utilizzava la propria esperienza e le informazioni a sua disposizione per prepararsi al cambiamento e mitigare i rischi che ne conseguivano, riuscendo così a creare un apparente senso di controllo e stabilità. Oggi questo non è più possibile, i dati che riguardano il passato diventano presto obsoleti e il cambiamento è diventato un elemento costante del fare impresa, non più solo un singolo evento, circoscritto nel tempo e potenzialmente controllabile. Inoltre, è presente contemporaneamente sia a vari livelli individuali che aziendali e, anche se apparentemente piccolo, può provocare ripercussioni smisurate sull’intero sistema. Ne consegue che, a prescindere dalla loro natura e dimensione, nessuna azienda e nessun settore ne sono ormai più immuni.

Come si può fare impresa in un contesto VUCA?

Come dice nel suo libro ‘Uncharted: How to Map the Future Together’, la nota imprenditrice e scrittrice Margaret Heffernan, il leader e le aziende del futuro devono saper andare oltre i modelli di previsione e gestione del rischio utilizzati in passato. Una volta accettato il fatto che è ormai diventato impossibile prevedere singoli fenomeni con esattezza, ci si deve focalizzare sul come prepararsi ad affrontare l’ambiguità e la complessità che ne conseguono. Questo richiede un vero e proprio ‘mindset shift’ che metta in discussione lo status quo e integri il cambiamento trasformandolo in un motore di sviluppo per l’impresa.

Guardando al contesto italiano, dove il settore delle PMI rappresenta la struttura portante del sistema industriale e produttivo del paese, è evidente che molto spesso uno dei principali inibitori della crescita sia l’incapacità di reagire tempestivamente al cambiamento, assumendo una posizione passiva anziché proattiva.  L’unico modo per continuare a fare impresa con successo è trovare soluzioni innovative e nuovi approcci che sostituiscano i tradizionali sistemi burocratici e le gerarchie piramidali top down con modelli organizzativi più flessibili, basati su un’elevata capacità di adattamento e una forte propensione all’innovazione. Questo è sicuramente un processo di trasformazione che per essere portato a termine richiede non solo la partecipazione e la responsabilizzazione di ogni singolo individuo coinvolto ma anche l’introduzione di adeguati processi di formazione e di digitalizzazione, e, non ultimo, la presenza di un leader che sappia motivare il proprio team durante la fase di transizione.

Il leader del futuro

Si discute molto sul profilo del leader del futuro e sulle caratteristiche che dovrebbe possedere per operare efficacemente in un contesto VUCA, soprattutto perché molte delle competenze necessarie sono diverse da quelle che fino ad oggi abbiamo considerato indispensabili. Non sarà più sufficiente, infatti, che i leader abbiano le tradizionali conoscenze tecniche del settore o dell’azienda, è fondamentale che sviluppino soprattutto le competenze interpersonali per guidare il cambiamento e, allo stesso tempo, ispirare e coinvolgere tutto il loro team.

Al contrario di quello che si può pensare, questa non è una nozione nuova. Già nel lontano 1918 una ricerca condotta da Harvard University, Carnegie Foundation e Stanford Research Center aveva evidenziato che il successo di un leader dipende all’85% dall’avere delle ‘soft e people skills’ ben sviluppate, lasciando alle competenze e conoscenza tecniche (hard skills) un mero 15%. È dunque chiaro come la formazione dei futuri leader in questo senso debba essere visto come un imperativo e una priorità assoluta per tutte le aziende, in qualunque settore e mercato, che vogliano affrontare con risultati positivi dinamiche aziendali sempre più complesse e imprevedibili.

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Ma che cosa significa veramente essere leader in un contesto VUCA? Nel mio prossimo articolo rifletterò sul ruolo del leader, sulle soft skills specifiche che dovrebbe sviluppare e su come queste si traducano in uno stile di leadership efficace.

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