ESG: dall’ambiente alle persone. Il benessere dei dipendenti? È un abilitatore di sostenibilità

 ESG: dall’ambiente alle persone. Il benessere dei dipendenti? È un abilitatore di sostenibilità

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Il 2024 è stato un anno di svolta perché diverse normative sulla sostenibilità sono entrate in vigore: la Tassonomia UE, il Sustainable Finance Disclosure Regulation (Sfdr), la Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd) e la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (Csddd). Le aziende con più di 500 dipendenti devono ora presentare un report di sostenibilità secondo la CSRD, includendo informazioni finanziarie e non finanziarie. Via via si aggiungeranno altre categorie dimensionali: dall’esercizio 2025, tutte le altre grandi imprese (che rispettano almeno due dei tre seguenti criteri: 20 milioni di euro di totale dell’attivo, 40 milioni di ricavi netti, 250 dipendenti medi annui) e dall’esercizio 2026, le PMI quotate (escluse le microimprese).

È un dato di fatto che le imprese devono prestare attenzione alla sostenibilità (ambientale e sociale) non solo per rispettare le normative, ma anche perché il mercato la richiede sempre più. Secondo uno studio di McKinsey e NielsenIQ, negli ultimi cinque anni i prodotti con dichiarazioni ESG hanno avuto una crescita complessiva del 28% rispetto a quelli non sostenibili. Secondo la Relazione annuale 2019, la sostenibilità̀ permette incremento di produttività fino al 15% per le grandissime imprese, del 10% per le grandi imprese e del 5 % per PMI. Essere sostenibili aumenta la reputazione e consente di ampliare il business, di aumentare la propria fetta di mercato e migliorare la competitività. Ecco perché in futuro, le aziende che non rispettano i criteri ESG avranno difficoltà ad accedere al credito e ad attrarre investimenti.

Ambiente vs persone: chi vince?

Secondo un rapporto del Fondo Monetario Internazionale (IMF), c’è una spinta maggiore verso la creazione di standard globali unificati per il reporting ambientale rispetto a quelli sociali, suggerendo che l’attenzione e le risorse sono più orientate verso le questioni ambientali. Per esempio, la Tassonomia UE, aggiornata a novembre 2023, ha linee guida solo per quattro dei sei obiettivi ambientali e nessuno sociale evidenziando che c’è una differenza nell’attenzione e nella disponibilità di informazioni tra gli aspetti ambientali e quelli sociali. Ma le cose stanno cambiando. La qualità dei dati ESG disponibili è spesso ritenuta insufficiente, soprattutto per gli aspetti sociali: secondo un rapporto di KEY ESG, il 46% degli investitori trova che la mancanza di dati ESG completi sia un grosso problema da risolvere.  Forse è anche per questo che la CSRD ha attribuito all’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) il mandato per la definizione dei nuovi principi di rendicontazione. Nel 2023 la Commissione Europea ha approvato i nuovi standard ESRS (European Sustainability Reporting Standard) che sono stati adottati nel 2024 e in cui c’è una notevole attenzione ai criteri di sostenibilità sociale. Per rispondere alla domanda di prima. Indubbiamente oggi, rispetto alla rendicontazione ESG, vince l’ambiente a discapito di una social sustainability. Ma in futuro le cose non saranno più così.

Il nuovo rendiconto di sostenibilità: perché si è sostenibili con la S

Il nuovo rendiconto di sostenibilità, che sarà parte integrante del bilancio, dovrà contenere delle informazioni chiave: che vanno dalla gestione dei rischi e delle opportunità connessi alle questioni di sostenibilità; ai piani dell’impresa, volti a garantire la compatibilità del modello e della strategia con la transizione verso un’economia sostenibile; alle modalità con cui il modello e la strategia tengono conto degli interessi degli stakeholders rilevanti. Il documento dovrà contenere la descrizione degli obiettivi ESG individuati dall’impresa e dei progressi nel loro raggiungimento; la descrizione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo in relazione alle questioni ESG e la descrizione sia delle politiche di sostenibilità sia delle procedure di due diligence di sostenibilità. L’impresa dovrà rendere noti quali sono gli impatti negativi legati all’attività sua propria e della sua supply chain e quali azioni svolge per monitorarli e mitigarli. Per tutte le informazioni dovranno essere forniti indicatori e Kpi. Sul fronte sostenibilità sociale gli ESRS copriranno un’ampia gamma di questioni come le condizioni dei lavoratori nell’intera catena del valore, la protezione sociale, la sicurezza e la salute sul lavoro, l’equità e l’inclusione. Le aziende dovranno quindi fornire informazioni dettagliate sui loro impatti sociali, rischi e opportunità, oltre che sugli aspetti ambientali e di governance. Questo include report su politiche, piani d’azione e target specifici relativi ai dipendenti, alle comunità colpite e ai consumatori.

Il Wellbeing come pratica ESG

In questo contesto complesso i piani di Wellbeing si trasformano in abilitatori di sostenibilità e anche noi di Fitprime stiamo osservando che sempre più aziende se ne stanno accorgendo. I piani dedicati al wellbeing per i lavoratori, infatti, vanno a incidere direttamente sulla S di ESG, ma anche indirettamente sulla E con i temi della nutrizione responsabile e salute. Oggi il benessere dei dipendenti, posto al centro delle priorità delle imprese, è un concetto che si è ampliato: secondo l’ultimo Rapporto dell’Osservatorio sulla sostenibilità sociale d’impresa (Fondazione Sodalitas) la maggioranza delle aziende indica prioritari la qualità del lavoro (65%) e il welfare aziendale (63%). La S di ESG è ormai un tema chiave: riguarda la sicurezza sul lavoro, i diritti umani (inclusione e diversity) e il benessere del lavoratore. Di più, dunque, la S è anima della società, ciò che ne determina il profilo etico e si connette ad aspetti come l’innovazione tecnologica e la qualità e la salubrità dei luoghi di lavoro.

E ci sono anche numeri a testimoniare questo impatto. Il welfare contribuisce all’aumento di produttività e fatturato: l’analisi campionaria contenuta nel rapporto Welfare Index Pmi di Generali 2024 mostra che le imprese con un welfare più evoluto ottengono performance di produttività decisamente superiori alla media e crescono molto più velocemente nei risultati economici e nell’occupazione. La quota di imprese con aumento di fatturato nel 2023 cresce pressoché linearmente con il livello di welfare aziendale, dal 28,8% di quelle con livello iniziale al 46,5% di quelle con livello molto alto. Rispetto agli indici di produttività, tanto il fatturato per addetto quanto il margine operativo lordo per addetto aumentano quasi linearmente al livello di welfare, raggiungendo i valori più elevati nel segmento delle imprese con livello molto alto di welfare aziendale: 470 mila euro in termini di fatturato per addetto (contro i 193 mila euro delle imprese con livello iniziale di welfare) e 29,4 mila euro in termini di margine operativo lordo per addetto (contro 10 mila euro).

La creazione di standard

Esiste tuttavia un vulnus, ovvero che gli standard – come abbiamo anticipato – non sono stati ancora definiti con chiarezza. Per essere compliant con la S, sono le aziende a dover capire come adeguarsi. Rendicontare la S è difficilissimo, perché è un territorio vasto e inesplorato e comporta decisioni strategiche da parte delle aziende che incidono sulle strategie, sui piani industriali e sullo stesso modello di business. È qualcosa che si dovrà costruire e che si sta costruendo, a piccoli passi. E partire dal benessere fisico e psicologico dei lavoratori, che sono il massimo valore aggiunto delle attività produttive di ogni settore e dimensione, può dare un buon abbrivio.

Immagine di katemangostar su Freepik

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