Economia UE: Deloitte: cauto ottimismo tra i CFO europei. In Italia il 47% prevede un aumento dei margini operativi
- Il 34% dei CFO europei oggi si sente più ottimista sulle prospettive finanziarie della propria azienda.
- Il 63% dei CFO europei prevede un aumento dei ricavi nei prossimi 12 mesi, mentre il 19% teme una diminuzione. La quota di chi prevede un calo si è molto ridotta a partire da settembre 2022 (32%).
- Le intenzioni di investimento sono in aumento in tutta Europa, con il 37% dei CFO che prevede di aumentare le spese in conto capitale nei prossimi 12 mesi, mentre il 24% prevede di ridurle.
- Il 47% dei CFO italiani prevede un aumento dei margini operativi, il 37% del capex e il 33% investirà in nuova forza lavoro.
- Le principali sfide secondo i CFO italiani sono l’aumento dei costi (del lavoro, delle materie prime, energetici), l’incertezza dello scenario economico, il rischio recessione e una generale riduzione della domanda causata dall’inflazione.
- Le aree strategiche su cui i CFO italiani investiranno sono trasformazione digitale, efficientamento energetico, adozione di un piano di sostenibilità, ricerca, sviluppo e innovazione
«Nell’indagine autunnale della nostra CFO Survey- commenta Fabio Pompei, CEO di Deloitte Central Mediterranean- i direttori finanziari europei mostravano segni di preoccupazione per lo scenario economico, ma l’attività economica dell’UE ha retto meglio del previsto. Come dimostra quest’ultima edizione della CFO Survey, oggi la maggioranza dei responsabili finanziari prevede una crescita dei ricavi per la propria azienda».
«I persistenti rischi bellici e geopolitici, i timori per le prospettive economiche, la carenza di manodopera, l’inflazione elevata e il costo del lavoro hanno messo alla prova i CFO europei. Ma nonostante queste sfide, il ritorno a un diffuso ottimismo tra i CFO è un ottimo segnale per l’economia europea», aggiunge Riccardo Raffo, CFO Program Leader di Deloitte in Italia.
Tra i CFO europei torna un cauto ottimismo
La fiducia delle imprese in Europa è molto migliorata e le aziende europee sono meno preoccupate riguardo ai rischi legati alla crisi energetica e all’inflazione che, nella precedente edizione della Survey, facevano temere il peggio. Oggi, con un saldo netto del +8% (56 punti percentuali in più rispetto all’edizione autunnale della survey) i CFO europei possono essere definiti come cautamente ottimisti. In particolare, il 34% dei CFO intervistati si sente più ottimista rispetto a sei mesi fa sulle prospettive finanziarie della propria azienda: 21 punti percentuali in più rispetto a settembre 2022.
Il sentiment è migliorato in tutti i Paesi intervistati, ma non in Italia, dove i CFO con una prospettiva meno ottimista rispetto al futuro (27%) sono ancora in percentuale leggermente superiore ai i “più ottimisti” (21%) e il saldo netto rimane negativo (-6%). In Spagna la quota degli ottimisti è pari a quella dei pessimisti, per un saldo netto pari allo 0%, mentre in Germania ci sono più CFO ottimisti (40%) che pessimisti (27%). A livello settoriale, i CFO del settore automobilistico sono di gran lunga i più ottimisti (47%), seguono quelli del settore viaggi e turismo (42%). Diversa la situazione nel settore retail, dove solo il 26% dei CFO si dice ottimista.
Le aspettative di fatturato migliorano
Nonostante uno scenario ancora contrassegnato da incertezze e rischi, i CFO europei sono più fiduciosi sui parametri chiave delle loro aziende: il 63% prevede un aumento dei ricavi nei prossimi 12 mesi, mentre solo il 19% teme un calo. Inoltre, si registra un saldo netto positivo del +10% per quanto riguarda i margini operativi e, un miglioramento di ben 48 punti percentuali rispetto alle fosche prospettive dell’autunno passato. Inoltre, anche se i costi di finanziamento sono aumentati, il 37% dei CFO europei prevede di aumentare le spese in conto capitale nei prossimi 12 mesi, mentre una quota inferiore, pari al 24% conta di ridurle.
A livello settoriale, le imprese più intenzionate ad aumentare le spese in conto capitale sono quelle del settore energetico, le utilities e quelle del settore minerario (saldo netto di +38%), ma anche quelle dei servizi professionali e alle imprese (+36%). Le imprese del commercio al dettaglio (+4%), invece, e il settore delle costruzioni (+4%), con i tassi d’interesse che penalizzano i prestiti ipotecari e i prezzi degli immobili, mostrano scarsi segnali di voler aumentare la spesa per investimenti.