Economia italiana vitale e reattiva, ma prossimi mesi ancora difficili
Dall’invasione russa dell’Ucraina sono passati dodici mesi rispetto ai quali emerge una notevole capacità di reazione della nostra economia. La guerra sospinge tensioni inflazionistiche, già in atto prima del conflitto, come si vede confrontando la dinamica dei prezzi del gas tra gennaio e marzo 2022 (aumentati del 50%) con l’accelerazione nell’indice dei prezzi armonizzato passato da 5,1% a 6,8%. Va, inoltre, sottolineato come il sistema importazione-produzione-distribuzione abbia ben funzionato: infatti la dimensione della core inflation – al netto cioè di energia e alimentari – non ha mai subito accelerazioni fuori norma. Per il suo rientro, però, bisognerà aspettare alcuni mesi: è quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio.
Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat, Borsa italiana, European Energy Exchange (EEX).
La riduzione del potere d’acquisto dei redditi e della ricchezza liquida dovuta all’incremento dei prezzi al consumo si fa sentire sui consumi, il cui rallentamento, testimoniato anche dall’indice delle vendite al dettaglio, innesca la frenata del PIL – -0,1% nell’ultimo quarto dello scorso anno – e non esclude la recessione mite, a cui l’Italia arriva, però, in ottima salute, come indica la crescita degli occupati. Un quadro che conferma, dunque, l’efficacia dei sostegni pubblici a famiglie e imprese con le fasce più deboli quasi del tutto compensate dalla perdita di reddito reale. Sul versante produttivo, prima la manifattura esportatrice insieme alle costruzioni, dopo i servizi e il turismo, tutti i settori si sono mostrati solidi e vitali riuscendo ad arginare gli effetti del gigantesco trasferimento di ricchezza verso i paesi produttori ed esportatori di materie prime in conseguenza degli shock pandemici, logistici e bellici.
Le performance del PIL italiano nel biennio 2021-2022 assomigliano a quelle del miracolo economico degli anni ’60 distanziandosi enormemente dal ventennio pre-pandemia di produttività stagnante e crescita esangue. Per non tornare a quest’ultimo deludente profilo e costruire un nuovo periodo di sviluppo occorre procedere rapidamente con le riforme e gli investimenti del PNRR. Non esiste un’alternativa credibile.