Economia e Coronavirus: l’esempio delle PMI che non si piegano
La pandemia del Covid-19 ha fatto una durissima strage, oltre che la salute di tanti cittadini ha colpito al cuore anche numerose realtà imprenditoriali, falcidiando in particolare le PMI (piccole/medie imprese), molte delle quali sono state costrette alla chiusura o, peggio, al default fallimentare.
I DATI DELLA CRISI
Le stime purtroppo sono impietose: il 65% delle PMI italiane è a rischio di default: stiamo parlando del 92% delle imprese attive ossia circa 5,3 milioni (dati del 2017), con una occupazione superiore ai 15 milioni di lavoratori, e un rapporto di forza/lavoro in grado di generare quasi 2.000 miliardi di euro come fatturato complessivo.
Eppure l’attenzione mediatica e soprattutto quella governativa è accentrata sugli aspetti generici di una visione macroeconomica, orientata a visionare la problematica nella cornice di un quadro complessivo, dove chiaramente le macroimprese acquistano molto più risonanza in termini di fatturato globale.
L’errore è quello di privilegiare la modalità di quantificazione legata alle risorse economiche, anzichè alle risorse umane, che sono inscindibili e strettamente correlate alle possibilità di ripresa generale dell’economia del paese.
Il 10% delle Pmi ha già dato forfait: la paralisi dell’economia dovuto al lockdown ha creato una voragine in cui le spese non sono state sostenute dai ricavi provocando il crollo immediato dell’asse portante di numerose strutture, che non hanno retto l’urto dello tsunami pandemico.
L’incertezza legislativa si posiziona come una mina vagante per i naufragi nella tempesta, subentrano forme di timore, paure gestionali e insicurezza che paralizza gli imprenditori alterando la capacità e la possibilità di fare delle scelte consapevoli e mirate.
Quali sono le aziende che non si piegano e riescono a sopravvivere?
Sono innanzitutto quelle gestite da imprenditori esperti che hanno già attraversato il deserto in altre occasioni, superando indenni le crisi dei decenni scorsi, quelli che hanno acquisito una resilienza sul campo e una capacità modulativa in grado di adattarsi ai momenti di difficoltà.
A Milano ad esempio Mario Di Filippo, 56 anni, titolare della Jet Post, la più importante agenzia di motorecapiti in Lombardia, ha scelto non solamente di mantenere costante l’attività aziendale nel periodo di lockdown, ma di ristrutturare ulteriormente il proprio organigramma e le proprie metodologie, riformando il personale e riorganizzando la gestione della propria struttura per fare fronte al momento di avversità.
“Improvvisamente ci siamo ritrovati quasi fermi, gli uffici erano chiusi, la mobilità azzerata, pensavo di essere giunto all’ultima spiaggia, quella in cui possiamo solamente arrenderci senza più possibilità.
La maggior parte delle altre agenzie aveva già chiuso, eppure sentivo che, con la giusta perseveranza, il mio coraggio avrebbe prevalso sulla paura. Dopo le prime, durissime settimane, infatti, ho iniziato a ricevere molte richieste di persone disperate perché necessitavano di mascherine, medicine, documenti di prima necessità e non erano nella condizione di muoversi o più semplicemente si sentivano più sicuri nel proprio ambito domestico.
Ho capito che dovevo ulteriormente responsabilizzare il mio personale e che il ruolo delle spedizioni a domicilio, in questo particolare momento, aveva una importanza strategica anche dal punto di vista sociale.
Mi sono così ristrutturato per accogliere anche incombenze domestiche, effettuare commissioni, consegnare la spesa. In molti casi Jet Post lasciava la merce direttamente sullo zerbino, dove ritirava l’importo corrispettivo alla corsa espletata”, racconta Di Filippo.
Gli esempi di resilienza imprenditoriale sono numerosi, fortunatamente, in tutta Italia, e sono importanti perchè offrono un modello imprenditoriale modulare, capace di adattarsi al momento.
“L’impresa non può essere troppo rigida, altrimenti al primo scoglio la nave rischia di arenarsi senza la possibilità di ripartire. Perché oggi la flessibilità è una risorsa primaria”, continua Di Filippo, esponendo la sua visione imprenditoriale.
Il tessuto aziendale deve avere una sua dinamica, è un po’ come un elastico che si estende nei momenti di espansione e si contrae nei momenti di crisi.
Certamente la perseveranza e la creatività sono qualità necessarie per definire nuove idee, per mantenere coeso e costante lo spirito imprenditoriale in un paese particolarmente difficile qual’è l’Italia. Spero veramente che tutti possano trovare quella spinta d’animo in grado di fronteggiare qualunque situazione, anche in un momento catastrofico come la pandemia Covid-19 in corso.”
Di Filippo conclude enunciando quella che, per la sua esperienza, potrebbe essere un breve formulario per affrontare la crisi e uscirne a testa alta con le vele al vento.
LA RICETTA PER SOPRAVVIVERE ALLA CRISI
- Non fermare le proprie spese: interrompendo il flusso di cassa le attività si arrestano.
- Pensare positivo e propositivo soprattutto con una visione proiettata nel futuro, visualizzare già il momento successivo in cui saremo usciti dalla crisi.
- Approfittare dell’attimo: è proprio in un momento di fermo che le proposte possono risultare più convenienti perchè l’offerta è meno sollecitata dalla domanda. I costi diminuiscono e le persone sono più disponibili e trattabili.
- Non fossilizzarsi nell’inseguire giornali e notiziari: la confusione e l’incertezza delle notizie induce un allarmistico senso di inquietudine difficile da affrontare. Magari dopo qualche giorno il quadro generale può assumere una visione meno problematica e più proiettata verso quella che potrebbe essere l’uscita da questo momento.
- Non confidare troppo negli aiuti esterni: appellarsi a risorse che non arrivano, promesse di fondi o prestiti, è un pò come cedere a terzi il timone della propria nave, col rischio di perdere la rotta.
- Salvaguardare il personale: il personale è una delle risorse più preziose soprattutto per le Pmi del settore servizi. Potendo rimandare alcune scadenze tributarie e potendo beneficiare di alcune agevolazioni fiscali straordinarie è importante difendere i propri dipendenti, usando tutte le tutele possibili, fino allo smart working o alla banca per garantire lo stipendio. Evitare se possibile la cassa integrazione perchè penalizza il personale e pesa a livello sociale.
- Appellarsi alle proprie risorse imprenditoriali: pur calcolando i rischi e le difficoltà del caso è importante aprirsi ad una visione più ampia e diversificata del proprio raggio di azione: nel nostro caso abbiamo definito rapporti privilegiati con attività di società che si sono rifugiate nello smart working, con imprese o persone bisognose di assistenza e con farmacie e ospedali.
- Affrontare in prima persona il maggior numero di possibile di responsabilità. Un buon comandante deve poter stare a galla con le proprie forze: aumentare il proprio carico lavorativo è necessario nei momenti di emergenza, e risulta efficace per ammortizzare le spese senza esercitare pressione al personale.