E-commerce: da solo canale di vendita a canale di comunicazione che interagisce con il cliente quasi in tempo reale
Partiamo da un concetto: “Fare un acquisto è un’azione emotiva”. E in settori come la moda lo è ancora di più. L’e-commerce, dunque, deve “catturare” l’utente con immagini accattivanti, oltre che con un’esperienza sempre più personalizzata e simile a quella del negozio fisico. Se in passato i negozi online erano caratterizzati da foto tutte uguali, in cui le modelle erano “tagliate” a livello del collo perché le clienti si immedesimassero il meno possibile, per risultare neutre e mettere in risalto soltanto il capo, oggi tutto è cambiato.
A fare la differenza, in questo caso, sono stati i marchi del fast fashion. Importanti online players come Maches, Ssense, MyTheresa, Net A Porter hanno creato le sezioni editorial a supporto dell’e-commerce. Zara è stato uno dei primi a trasformare gli still life dell’e-commerce in vere e proprie campagne, una per ogni capo, con foto ambientate e modelle/modelli famose/i. Scatti che rispecchiano in pieno lo stile di vita, i valori, la personalità che il brand vuole associare a sé.
Il successo dell’e-commerce spinge i brand a reinventare la propria identità
Con la pandemia, l’e-commerce si è trasformato nel primo canale di vendita per la moda e tutti, anche i marchi che non erano forti online, si sono dovuti adeguare. Il 30% degli executive intervistati da McKinsey per la McKinsey Global Fashion Index Analysis 2021 sostiene che il digitale sarà la più grande opportunità per l’industria della moda. Secondo i dati del rapporto The Fashion and Apparel Industry, il fatturato mondiale dell’e-commerce dovrebbe aumentare dai 481,2 miliardi di dollari del 2018 a oltre 710 miliardi entro il 2022. A crescere non saranno le vendite retail, ma quelle digitali. Proprio per questo diventa sempre più importante lavorare sull’immagine online e coordinata del brand: a partire dalle foto, tutti i marchi, finalmente, stanno creando contenuti cross canale che comunichino l’identità dell’azienda.
Chi per primo ha catturato questo cambio di passo, e ha creato l’immagine degli e-commerce multibrand in primis e poi di brand come Zara e Mango, non solo ha usato un’altissima qualità della fotografia, ma soprattutto ha trasmesso nel visual dei valori nei quali gli utenti possano rispecchiarsi. Ora tutti li seguono. È per questo che l’immagine per il commercio digitale da statica è diventata editoriale, coinvolgente e ambientata. Insomma, la moda evolve come evolve la società, e in un mondo sempre più digitale e interconnesso la differenza la fa chi riesce a captare per primo – e trasmettere attraverso l’immagine – la sensibilità, sempre nuova e sorprendente, di un pubblico appassionato di moda.
Cosa fare quindi per essere sempre nelle prime posizioni della gara tra i brand?
Seguire la domanda: dalla size inclusivity alla gender fluidity, passando per la personalizzazione
Perché uno shop online sia veramente efficace deve essere non solo in grado di rappresentare i capi delle collezioni in modo egregio, ma deve anche colpire l’immaginario del consumatore ed essere credibile rispetto a quanto l’azienda racconta a livello di valori di brand. La moda, anche quella online, deve andare incontro alla realtà delle persone. Proprio per questo i siti degli e-commerce più rodati stanno personalizzando al massimo l’esperienza dello shopping, creando delle micro-categorie. Si pensi ad Asos, che ha diverse linee di abbigliamento rispetto ad altezza e fisicità promuovendo un concetto di size inclusivity. Altri esempi sono Revolve, Good Americans, Shein, Fashionova. Oggi è fondamentale che la gallery online dei marchi di moda dia a tutti i corpi uguale dignità di rappresentazione.
Si pensi ad alcuni brand, da Nike a Zalando, che hanno cominciato ad aprire l’immaginario del fashion, anni fa, attraverso un casting più inclusivo de* modell* o a brand come Levi’s, Mara Hoffman, Dove, che raccontano senza paura tutti i vari tipi di fisicità. O aziende come Gucci, che nel suo shop online promuove sempre più un corpo genderfluid, raccontando una moda sempre più “fluida”, che sta scardinando il concetto di mascolinità e femminilità nell’abbigliamento, permettendo a ciascuno di vestire ciò che vuole senza che questo implichi una definizione di genere.
Insomma, si punta ad avvicinarsi alla realtà di chi, quei capi, li indosserà per davvero. Le foto vengono ritoccate sempre meno, lasciando in risalto i “difetti” di chi indossa i capi, consentendo ai clienti di immedesimarsi. Immagini sempre più vere e inclusive: donne con hijab, persone con disabilità fisiche, smagliature in vista.
Per cogliere la richiesta del consumatore reale con prontezza, la tecnologia è la chiave
Inutile negare che a fare la vera differenza, oltre alla capacità di andare incontro alla richiesta del mercato, è la velocità che deve caratterizzare la risposta dei brand al mutare dei gusti e delle abitudini dei consumatori. Si pensi alla corsa fatta nell’ultimo anno per seguire, complice la pandemia e la reclusione in casa, il trend “atheleisure”. Molti brand si sono adeguati quasi in tempo reale – vedi Gucci, Dior, Armani – all’idea comfort che ha fatto da padrona nelle vite di tutti i consumatori durante il 2020, cavalcando l’onda dello “stay at home” che ci ha accompagnati per i lunghi periodi di lockdown, e quindi riproponendo in chiave fashion capi che prima restavano sepolti nel fondo del magazzino (tute, capi in felpa, maglie oversize, pigiami).
Cosa può fare la differenza nella corsa al consumatore? Analisi predittive, che grazie all’intelligenza artificiale consentono di conoscere in ogni momento i gusti dei clienti, proponendo un’offerta sempre personalizzata. Sistemi di NLP, come chatbot e assistenti virtuali, in grado di migliorare costantemente l’interazione con il cliente, o ancora piattaforme innovative come quella creata da BOOM, in grado di identificare i visual più performanti per ogni occasione di utilizzo, producendoli poi in modo sistematizzato e scalabile a livello globale. Tutto questo al fine di intercettare i cambiamenti e riproporli online quasi in tempo reale. Insomma, la tecnologia deve essere vista come un trend orizzontale che inevitabilmente aiuterà a ridisegnare tutta la filiera dell’industria della moda.