DL imprese: Unimpresa, trucchi e intoppi in banca sui prestiti alle aziende
Pratiche avviate a pieno regime solo per i prestiti fino a 25.000 euro e procedure a singhiozzo, non di rado bloccate, per i finanziamenti di importo superiore, quelli fino a 800.000 euro. Istruttorie ordinarie, anche per le domande di importo più basso, con annessa richiesta di documenti oltre quanto previsto dalle norme e dagli accordi con i fondi di garanzia statali. Operazioni oltre 800.000 euro, sostenute dalla Sace, ancora non avviabili, nella quasi totalità delle banche, poiché mancano le procedure e le circolari interne.
È quanto ha rilevato Unimpresa attraverso le sue strutture territoriali sparse in tutta Italia – con un monitoraggio a tappeto nei principali gruppi bancari – dopo la prima settimana di applicazione del decreto legge “liquidità” (n. 23 dell’8 aprile 2020) che ha introdotto nuove garanzie dello Stato per i finanziamenti a imprese e partite Iva.
«In banca abbiamo toccato con mano la presenza di trucchi e intoppi vari che rendono difficile, non di rado impossibile, accedere alle forme di liquidità previste dal decreto del governo» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Salvo Politino. «Vale la pena sottolineare che l’intera operazione ha visto allungarsi i tempi, almeno nella fase iniziale, principalmente per ragioni “pubbliche” ovvero per la tardiva approvazione delle norme del governo da parte della Commissione europea e poi per le complesse manovre volte a finalizzare le convenzioni dei due Fondi di garanzia» spiega Politino secondo il quale «uno degli aspetti più controversi è l’altissima aspettativa ingenerata dal governo nell’annunciare queste misure: è stata data la sensazione che il denaro fosse solo da andare a prendere in banca, mentre esistono comunque procedure e adempimenti vari da seguire e rispettare».
Dalla rilevazione di Unimpresa, emerge un quadro non omogeneo nel settore, con regole interne alle banche in continua evoluzione anche nell’arco della stessa giornata. L’elemento più discutibile continua a essere la richiesta di documentazione extra, come la dichiarazione fiscale che, invece, per i prestiti fino a 25.000 euro (assistiti dal Fondo centrale di garanzia) può essere sostituita da una semplice autocertificazione. Alcune banche, inoltre, approfittano delle possibilità di chiudere ed estinguere, anche parzialmente, i crediti concessi nel passato approfittando delle garanzie statali dell’80%, fermo restando il limite del 25% dei ricavi inserito nel decreto. Viene segnalato, poi, il rischio di lavorare a vuoto pratiche e domande di finanziamento che potrebbero essere ostacolate dai sistemi aziendali per assenza di chiarezza sulle procedure interne oltre che di criteri semplici e definiti nelle modalità di delibera e di erogazione.
Solo poche banche, secondo il monitoraggio Unimpresa, sono risultate operative, nel corso della prima settimana di operatività del decreto “liquidità”, quasi a pieno ritmo. Mentre in numerosi casi sono stati riscontrati ritardi e, soprattutto, appesantimenti burocratici interni alle stesse banche che rendono complicata la richiesta dei prestiti sostenuti dalle garanzie del decreto. In alcuni istituti di credito, si riscontra l’assoluta mancanza di indicazioni operative da parte delle direzioni generali, motivate dalla necessità di non meglio precisati approfondimenti normativi. Le lungaggini interne, poi, vengono aggirate, stando ad alcune segnalazioni, con la richiesta alla clientela di pre-finanziamenti – da concedere con procedure e condizioni standard – da erogare in attesa delle garanzie statali. In altre situazioni, è stata sollevata la difficoltà correlata alla valutazione del merito creditizio delle imprese clienti: nonostante il decreto legge abbia previsto iter semplificati, la valutazione viene comunque richiesta, ancorché informalmente, dai responsabili delle aree credito delle banche per le imprese con difficoltà finanziarie maggiori.