Dati Inail: al netto dei contagi da Covid-19, nel 2022 le denunce di infortuni sul lavoro “tradizionali” in aumento del 13,2%
Dopo la pubblicazione della Relazione annuale 2022, presentata il 4 ottobre dal commissario straordinario Fabrizio D’Ascenzo, nel nuovo numero del periodico Dati Inail la Consulenza statistico attuariale dell’Istituto approfondisce l’analisi degli ultimi dati semestrali sull’andamento infortunistico e tecnopatico, rilevati alla data dello scorso 30 aprile. L’incremento del 24,6% delle denunce di infortunio in complesso, passate dalle 564.412 del 2021 alle 703.432 del 2022, è dovuto quasi in ugual misura sia all’aumento dei contagi sul lavoro da Covid-19 (da circa 49mila a 120mila casi) sia agli infortuni “tradizionali”, che sono stati 68mila in più. Come evidenziato dalla Csa, l’anno scorso si è avuta una recrudescenza delle infezioni da Covid-19 di origine professionale, con un’incidenza media sul totale di tutti gli infortuni denunciati che è passata da una denuncia su 12 nel 2021 a una denuncia su sei nel 2022, mentre nel 2020 era stata di una denuncia su quattro. Al netto dei contagi, l’incremento degli infortuni denunciati a livello nazionale scenderebbe, quindi, dal +24,6% al +13,2%.
L’incremento riguarda sia i casi avvenuti in occasione di lavoro (+27%) sia quelli in itinere (+11%). L’aumento delle denunce registrato nel 2022 rispetto all’anno precedente è l’effetto di un incremento del 27,0% degli infortuni avvenuti in occasione di lavoro (da 480mila a quasi 610mila casi), modalità in cui si concentrano le denunce da contagio, e dell’11,0% di quelli occorsi in itinere, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro (da 85mila a 94mila), complice il calo del ricorso al lavoro agile rilevato dall’Istat nel 2022 rispetto ai due anni precedenti. Nel confronto con il 2021, invece, sono rimasti stazionari gli infortuni per incidenti stradali in occasione di lavoro, con oltre 16mila casi che hanno visto coinvolti mezzi di trasporto di conducenti professionali, come camionisti e tassisti.
Nella Sanità e assistenza sociale +90,3%. All’incremento delle denunce ha contribuito soprattutto la gestione assicurativa dell’Industria e Servizi (+23,3%, da 473mila a 583mila denunce), seguita dal conto Stato (+45,9%, da quasi 65mila a 94mila), mentre l’Agricoltura ha registrato un decremento del 2,9% (da più di 27mila a oltre 26mila). Prendendo in considerazione i settori di attività più colpiti, al primo posto per i casi avvenuti in occasione di lavoro c’è la Sanità e assistenza sociale, salita dalle oltre 45mila denunce del 2021 alle circa 87mila del 2022 (+90,3%), dopo il picco di 103mila del 2020. Nei tre anni della pandemia, infatti, il personale sanitario è stato esposto a un elevato rischio di contagio, in un contesto caratterizzato anche da stress e ritmi lavorativi rilevanti.
Amministrazione pubblica e Trasporto e magazzinaggio gli altri settori di attività più colpiti. Tra gli altri settori di attività spicca l’Amministrazione pubblica, a partire dagli organismi preposti alla sanità come le Asl, che con quasi 17mila denunce (+66,7% rispetto al 2021) supera anche le 15mila del 2020. Seguono il Trasporto e magazzinaggio, con un incremento del 31,8% (da 42mila denunce a più di 55mila) e le Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (+23,8%, da 16mila a 20mila). Tra i pochi settori in calo, l’estrazione di minerali da cave e miniere (-12,5%), i servizi di informazione e comunicazione (-10,9%) e altri comparti manifatturieri con riduzioni inferiori al 10% (coke e petrolio, bevande, metallurgico, alimentare e mobile).
La quota femminile è pari al 40,5%. In ottica di genere, l’incremento rilevato tra il 2021 e il 2022 è legato sia alla componente femminile, che sale del 40,5% (da 206mila a 289mila denunce), sia a quella maschile, in aumento del 15,6% (da 359mila a 415mila), il tutto influenzato ancora una volta dai contagi, che anche l’anno scorso hanno coinvolto maggiormente le lavoratrici rispetto ai lavoratori. L’aumento ha interessato sia i lavoratori italiani (+25,8%), sia quelli extracomunitari (+20,6%) e comunitari (+15,6%), mentre le fasce di età con gli incrementi maggiori sono quelle degli under 20 (+46,5%), per i quali si rileva una ripresa delle denunce degli studenti tornati a frequentare le lezioni in presenza, e 60-69 anni (+34,6%).
Il calo dei casi mortali è dovuto esclusivamente alla forte riduzione delle infezioni letali da nuovo Coronavirus. Dall’analisi degli infortuni mortali, che richiede un supplemento di cautela perché, più di quelli in complesso, sono soggetti a una sostanziale provvisorietà e a un futuro consolidamento, emerge che la diminuzione rilevata tra il 2021 e il 2022 è dovuta interamente ai decessi causati dal Covid-19, che sono passati rispettivamente da 235 a otto casi. I 1.208 casi mortali denunciati l’anno scorso rappresentano il dato più basso del quinquennio 2018-2022, in diminuzione rispetto ai 1.425 del 2021 (-15,2%) e ai 1.709 del 2020 (-29,3%), anni fortemente influenzati dalla pandemia, ma inferiore anche al numero dei decessi denunciati nel biennio che ha preceduto l’emergenza sanitaria (1.292 nel 2018 e 1.235 nel 2019). Al netto dei decessi da nuovo Coronavirus, nel 2022 i casi mortali “tradizionali” risultano invece in aumento dello 0,8% rispetto all’anno precedente e del 14,2% rispetto al 2020, il cui dato è però fortemente condizionato dal blocco di molte attività nel periodo del lockdown e dal massiccio ricorso al lavoro agile.
Le Costruzioni al primo posto con 143 decessi. A differenza degli infortuni in complesso, la diminuzione dei decessi denunciati rilevata nel 2022 rispetto all’anno precedente è sintesi di un diverso andamento nelle modalità di accadimento dell’infortunio. I casi mortali in occasione di lavoro, infatti, sono diminuiti del 23,7% (da 1.147 a 875), soprattutto per effetto del calo dei contagi letali, mentre le denunce di decessi avvenuti in itinere sono aumentate da 278 a 333 (+19,8%). Tra i settori di attività economica si segnalano le Costruzioni con 143 casi mortali in occasione di lavoro (-23,1% rispetto al 2021), il Trasporto e magazzinaggio con 126 (-19,2%) e il Manifatturiero con 114 (-23,5%). Con 18 decessi, la Sanità e assistenza sociale è ancora in calo rispetto ai 26 casi del 2021 e, soprattutto, ai 142 denunciati nel 2020, nella fase più cruenta della pandemia.
Oltre sei morti su 10 nella fascia 45-64 anni. Il decremento rilevato nel confronto tra il 2021 e il 2022 riguarda sia i lavoratori (-15,4%) che le lavoratrici (–13,8%). Per le donne, in particolare, i casi mortali denunciati sono passati da 152 a 131, mentre quelli degli uomini sono stati 196 in meno, da 1.273 a 1.077. La quota di decessi femminili sul totale è del 10,8%, in linea con il 2021 ma inferiore all’11,3% del 2020, influenzato dall’esposizione al contagio di molte categorie ad alta presenza femminile come quelle sanitarie, ma ancora lievemente superiore a quella degli anni ante pandemia, quando era compresa tra l’8% e il 9%. Diminuiscono anche le denunce di infortunio mortale dei lavoratori italiani (da 1.205 a 970, -19,5%), mentre aumentano quelle degli extracomunitari (da 164 a 178, +8,5%) e comunitari (da 56 a 60, +7,1%). La classe 45-64 anni raccoglie quasi il 61% dei decessi, un terzo dei quali concentrati tra i 55-59enni.
Le malattie professionali denunciate in crescita del 9,9%. I dati ufficiali del 2022 confermano anche l’incremento delle malattie professionali, già emerso dalla rilevazione provvisoria di fine dicembre. Rispetto al 2021, infatti, si registrano 5.458 patologie denunciate in più, da 55.201 a 60.659, pari al + 9,9%. Si tratta, comunque, di un risultato atteso dopo la forte flessione delle denunce causata dalla pandemia che ha caratterizzato, rispetto al biennio pre-Covid, sia il 2020 (45mila denunce) sia, in minor misura, l’anno successivo. In quegli anni, come sottolinea la Csa, i servizi sanitari sono infatti stati riorganizzati per far fronte all’afflusso dei pazienti contagiati, con la conseguente sospensione o riduzione dei servizi sanitari non urgenti o specialistici. Questo, insieme alla paura di contrarre l’infezione in luoghi potenzialmente affollati come i presidi sanitari, ha sicuramente dissuaso i lavoratori dal ricorrere agli accertamenti necessari per la denuncia, con l’effetto quantomeno di rimandarne la presentazione all’Inail.
Nel 2019 raggiunto il picco dell’ultimo ventennio. Il dato del 2022 rappresenta un ritorno ai livelli ante-pandemia e si avvicina, in particolare, a quello registrato nel 2019, quando con 61.196 malattie professionali denunciate è stato raggiunto il valore più alto dell’ultimo ventennio. Riprende vigore, quindi, il trend in aumento iniziato nel 2008 con l’inserimento tra le patologie “tabellate” delle malattie dell’apparato muscolo-scheletrico da sovraccarico biomeccanico e movimenti ripetuti, che ha di fatto esonerato il lavoratore dall’onere della prova della loro origine lavorativa, favorendo l’emersione di patologie lavoro-correlate che fino ad allora erano rimaste “nascoste”.
Il 70% sono patologie muscolo-scheletriche. Le malattie muscolo-scheletriche sono ormai da anni quelle più denunciate e nel 2022 rappresentano quasi il 70% di tutti i casi, con 42mila denunce ripartite fondamentalmente tra “disturbi dei tessuti molli” (tendiniti, soprattutto alla spalla come la sindrome della cuffia dei rotatori e al gomito per epicondelite) e “dorsopatie” (disturbi, degenerazioni, ernie dei dischi intervertebrali). Seguono, a distanza, le “malattie del sistema nervoso” (sindromi del tunnel carpale in particolare), con oltre 7.500 denunce, e quelle “all’orecchio” (ipoacusie e sordità), con più di quattromila. L’83% delle denunce del 2022 riguarda l’Industria e servizi, con oltre la metà concentrata nei settori Manifatturiero e delle Costruzioni, seguiti dal Commercio e dai Trasporti e magazzinaggio, il 16% l’Agricoltura e l’1% il conto Stato. L’incidenza femminile sul totale delle patologie denunciate è stabile nel tempo e limitata al 26%, contro il circa 40% riscontrato tra gli infortunati e tra gli occupati, conseguenza del fatto che la malattia più denunciata, quella muscolo-scheletrica da sovraccarico bio-meccanico, è legata sostanzialmente ad attività lavorative fisicamente gravose, tradizionalmente a maggior presenza maschile.
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