Criptovalute: la cessione di valute virtuali genera redditi diversi e impone il monitoraggio fiscale
L’Agenzia delle Entrate con la risposta all’ interpello n. 397 dell’1 agosto 2022 ha chiarito che le cessioni a termine di valute virtuali si rilevano fiscalmente, mentre la detenzione di valute virtuali da parte delle persone fisiche, degli enti non commerciali e delle società semplici ed equiparate residenti in Italia, sconta l’obbligo di monitoraggio fiscale.
Nel travagliato limbo delle incertezze fiscali cui i contribuenti detentori di cripto ricchezze si erano abituati a convivere negli anni, giunge una nuova interpretazione del legislatore in tema di cessione e monitoraggio fiscale delle valute virtuali. A chiarirlo è l’ultima risposta all’ interpello (in ordine di tempo) n. 397 del 1° agosto 2022, con cui l’Agenzia delle entrate esprime il proprio parere circa i redditi realizzati da cessione a termine di valute virtuali, circoscrivendo l’ambito applicativo dell’imposta sostitutiva sui redditi esteri di cui all’articolo 24- bis del Tuir. Il chiarimento dell’Agenzia delle entrate rafforza con ragionevole certezza la tesi, più volte discussa e commentata nei nostri approfondimenti quotidiani, secondo cui la detenzione di valute virtuali ( che già nella risposta all’interpello n.72/E del lontano 2016, l’AdE assimila le valute virtuali alle criptovalute) impone l’obbligo di monitoraggio fiscale in quanto le stesse costituiscono attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia ma soprattutto chiarisce una circostanza ( a noi chiara da tempo) secondo cui le cessioni a termine di valute virtuali si rilevano sempre fiscalmente, mentre le cessioni a pronti non producono redditi imponibili poiché viene meno il fine speculativo, ad eccezione del caso in cui la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta. Ma prima di commentare la risposta all’interpello, partiamo in primis dalla definizione di valuta virtuale sancita dall’articolo 1, comma 2, lettera qq), del decreto legislativo n. 231 del 2007, che definisce la “valuta virtuale” come “la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi è trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”. L’interpello in oggetto ha visto coinvolta una contribuente straniera, che nel corso dell’anno 2020 aveva deciso di trasferire la propria residenza da UK all’Italia. Alla data del trasferimento, la contribuente era titolare di un portafoglio di valute virtuali, di cui una parte depositate sulla nota piattaforma exchange Coinbase, gestita da una società di diritto statunitense, mentre la restante parte depositate in un cold storage wallet, localizzato nel Regno Unito. Nel corso del 2021, la contribuente ha deciso di trasferire completamente le valute virtuali custodite sul proprio wallet direttamente sul conto Coinbase. La domanda rivolta al fisco serviva a comprendere se le plusvalenze generate da una persona fisica residente, in sede di cessione di valute virtuali, nel caso in cui il wallet sia detenuto presso una piattaforma exchange online, gestita da un intermediario non residente, rappresentano un reddito di fonte estera, ai sensi dell’articolo 165 del Tuir e, di conseguenza sono soggette a tassazione sostitutiva poiché redditi di fonte estera, per i soggetti che hanno optato per l’applicazione del regime dei “neo residenti”. Secondo l’art.24-bis comma 2 del Tuir, i redditi di fonte estera, scontano il versamento dell’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi delle persone fisiche calcolata in via forfettaria nella misura di euro centomila, per ciascun periodo di imposta di validità dell’opzione. Tale pagamento deve essere effettuato entro la data di scadenza del pagamento del saldo delle imposte sui redditi, pena la decadenza dal regime. Con il chiarimento dell’Agenzia delle entrate si formalizza, in riferimento alle criptovalute, che ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche che detengono valute virtuali al di fuori dell’attività d’impresa, alle operazioni in valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali (come specificato nella risposta all’interpello n. 788/2021). Di conseguenza le cessioni a termine di valute virtuali vengono rilevate sempre fiscalmente, mentre le cessioni a pronti non danno origine a redditi imponibili per mancanza del fine speculativo, ad eccezione del caso in cui la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 67, comma 1, lettera c-ter), e comma 1-ter Tuir. Agli effetti di quest’ultima disposizione, il prelievo dai wallet è equiparato ad una cessione a titolo oneroso. Detta giacenza media va verificata rispetto all’insieme dei wallet detenuti dal contribuente, indipendentemente dalla tipologia dei wallet (paper, hardware, desktop, mobile, web). Le relative plusvalenze realizzate, se percepite da una persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, sono soggette ad imposta sostitutiva ai sensi dell‘articolo 5 Dlgs n. 461/1997, che attualmente sconta l’aliquota del 26%. In tema di obblighi di monitoraggio fiscale, nella citata risposta all’ interpello, il legislatore evidenzia che l’articolo 4 Dlgs n. 167/1990 prevede che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nel quadro RW della dichiarazione annuale dei redditi ed il medesimo obbligo sussiste anche per le attività finanziarie estere detenute in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti (risposta all’interpello n. 38/2013). In conclusione, in tema di detenzione di criptovalute, il legislatore ritiene ormai certo e chiaramente espresso l’obbligo di monitoraggio fiscale, in quanto le stesse costituiscono attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia. In tema invece di redditi realizzati in virtù della cessione di tali valute virtuali ( come nel caso della contribuente), durante il periodo in cui era già fiscalmente residente in Italia, siano qualificabili come redditi diversi prodotti all’estero, e che, in linea di principio, gli stessi possano essere ricompresi nell’ambito applicativo dell’imposta sostitutiva sui redditi esteri ai sensi dell’articolo 24-bis Tuir.
Dottore commercialista e revisore legale. Giornalista pubblicista. Esperto in finanza innovativa e startup.
www.mauriziomaraglino.it