Crescere e restare umane: il futuro delle imprese passa da “La macchina dell’immaginazione”
Nonostante l’intelligenza artificiale sia ancora in via di sviluppo, la sua forza trasformativa è evidente. A differenza di quanto avvenuto nelle precedenti ondate tecnologiche, l’AI minaccia di sostituire non tanto la routine del lavoro fisico quanto quella del lavoro cognitivo. La domanda – che aleggia spettrale non solo in Europa, ma in tutto il mondo – è che cosa faranno, a quel punto, le persone. Secondo Martin Reeves e Jack Fuller non bisogna farsi prendere dal panico, anzi: diventeranno sempre più importanti tutte le abilità prettamente umane che ci contraddistinguono, capacità di immaginare su tutte. Nel libro “La macchina dell’immaginazione”, tradotto in Italia da Egea, il presidente del BCG Henderson Institute e il noto esperto di neuroscienze spiegano che saranno proprio le aziende in grado di fare nascere – costantemente – nuove idee a creare un futuro che sia ancora a misura d’uomo.
Medicina, beni di consumo, trasporti, finanza, agricoltura, intrattenimento, comunicazioni: le imprese hanno cambiato radicalmente il mondo in tantissimi settori. E lo hanno fatto combinando le capacità organizzative con la facoltà di immaginare propria degli umani: l’abilità di vedere e creare cose che prima non esistevano. L’immaginazione, insomma, è uno degli ingredienti meno compresi ma più cruciali per il successo di un’impresa. È ciò che fa la differenza tra un cambiamento incrementale e quei cambiamenti di paradigma così essenziali per la trasformazione, specialmente nei momenti di crisi.
Che sia per scovare opportunità inesplorate, ripensare i modelli di business e scoprire nuovi percorsi di crescita, oggi più che mai abbiamo bisogno di immaginazione, a maggior ragione se consideriamo il calo della crescita del mercato (dal 1970 la crescita del PIL mondiale è scesa dal 5,5 al 3,3% e nell’ultimo decennio le aspettative non hanno fatto che diminuire costantemente). Eppure, troppe aziende – e le persone che vi lavorano – sembrano avere perso la capacità di immaginare.
Un rischio che non possiamo permetterci di correre troppo a lungo, considerando anche i rapidissimi progressi che le tecnologie di intelligenza artificiale stanno compiendo nell’eseguire compiti cognitivi di routine. Non solo: i software stanno facendo passi da gigante nella produzione di output sempre più simili a esiti creativi umani, in alcuni casi con un valore monetario significativo. Se non è (ancora?) venuto il momento di temere che l’AI possa sostituire la nostra immaginazione, è invece ora di chiedersi come collaborare efficacemente con questa tecnologia, già oggi in grado di generare materiale utile per il nostro pensiero. E, soprattutto, di capire come valorizzare al meglio le capacità che ci rendono unici.
Attingendo all’esperienza e alle intuizioni di top manager di diversi settori, così come alle lezioni delle neuroscienze, dell’informatica, della psicologia e della filosofia, Reeves e Fuller ci accompagnano in un viaggio nella capacità di immaginare applicata al mondo delle imprese, arrivando a delineare un processo in sei fasi per far nascere (e continuare a fare vivere) nuove idee:
- la seduzione: lasciarsi sorprendere dalle cose insolite e differenti;
- l’idea: ricombinare e giocare con i nostri modelli mentali per generare nuove idee, concentrandosi su «che cosa potrebbe essere» piuttosto che su «ciò che è»;
- la collisione: ripensare la nostra idea mettendola a contatto con il mondo reale;
- la diffusione: comunicare un’idea in evoluzione per creare un’immaginazione collettiva;
- la nuova normalità: trasformare l’idea sorprendente in una realtà accettata, che non stupisce più;
- il bis: ripetere il processo, ancora e poi ancora.