Confindustria: in Italia ripartenza difficile per industria e servizi. Scenario mondiale debole e incerto
Secondo il Centro Studi di Confindustria, in Italia ripartenza difficile e fragile per industria e servizi, con poca fiducia per consumi e investimenti, export e turismo in rosso e ore lavorate in caduta. Buone notizie vengono dal credito in aumento, mentre non è scontato che continui il calo dello spread sovrano. Ancora debole e incerto lo scenario mondiale, con il commercio che fatica, mentre le Borse sono in recupero parziale e il petrolio segnala ripresina. L’Eurozona è ancora nel tunnel, il Regno Unito in difficoltà, negli USA la ripartenza è debole e la Cina è in timida risalita.
L’economia italiana in breve
- Risalita fragile in Italia. I dati del PMI (Purchasing Managers’ Index) confermano che, nonostante la graduale fine del lockdown dal 3 maggio e la possibilità di riapertura dell’attività, la risalita non è completa. E’ apprezzabile, ma parziale, nell’industria (45,4 a maggio), che aveva registrato un tonfo ed era già in difficoltà prima del Covid. Molto meno nei servizi (dove alcuni comparti riaprono a giugno), che restano in forte difficoltà (28,9) dopo il tracollo subito. Il problema ora è la domanda che resta bassa, per vari beni e servizi, frenando le imprese che hanno riaperto e facendo accumulare scorte.
- 2° trimestre compromesso. In aprile la produzione industriale è scesa del 19,1% (-28,4% a marzo), con cali marcati in tessile-abbigliamento, gomma-plastica, mezzi di trasporto; nonostante il recupero atteso in maggio e giugno, il 2° trimestre registrerà un calo intorno a -20%. Si conferma, perciò, un crollo del PIL (stimato a circa -9,0%, dopo -5,3% nel 1°). Questo sarà il punto di minimo della recessione, perché con la risalita faticosamente avviata si creano le condizioni per registrare un rimbalzo nel 3° trimestre.
- Poca fiducia per consumi e investimenti. A maggio la fiducia dei consumatori resta bassa e i giudizi sull’opportunità di acquisto di beni durevoli molto negativi: brutto segnale per i consumi. Ancora compressa anche la fiducia tra le imprese manifatturiere, con gli ordini interni dei produttori di beni di consumo e di capitale che restano molto ridotti: arduo programmare investimenti in tale contesto.
- Export e turismo in rosso. L’export di beni è crollato di un ulteriore 34,5% in aprile (-16,3% a marzo). La caduta è diffusa ai principali mercati, più forte per beni di investimento e di consumo durevole, i cui acquisti possono essere posticipati. Gli ordini esteri indicano risalita da maggio, ma su livelli molto bassi. I flussi turistici si sono interrotti già a marzo: -83,4% annuo le spese dei viaggiatori stranieri.
- Ore lavorate in caduta. Già a metà maggio le ore autorizzate di CIG “Covid” erano oltre il picco del 2010. Il ricorso alla CIG permetterà un aggiustamento al ribasso delle ore lavorate per occupato e la tenuta dei posti di lavoro. In aprile gli occupati sono calati (-274mila), gli inattivi saliti molto (+746mila).
- Buone notizie dal credito. In aprile si è rafforzato l’aumento dei prestiti alle imprese (+1,7% annuo), con il costo fermo ai minimi (1,1% in media), grazie ai primi effetti delle misure per la liquidità. E’ importante che questo flusso di credito prosegua, per far fronte alle necessità create dal crollo dei fatturati.
- Eurozona ancora nel tunnel. I dati recenti stanno confermando un quadro molto difficile. Ad aprile, la produzione industriale ha segnato una contrazione del 17,1% tornando sui livelli di metà anni ’90 e il grado di utilizzo è caduto al 60,7%, 20 punti sotto la media storica; il commercio al dettaglio ha registrato un calo dell’11,7%. A maggio, prime note positive: un miglioramento della fiducia nell’industria, ma non nei servizi; una risalita degli indici di attività PMI, ma ancora in zona recessiva.
- Regno Unito in difficoltà. Gli effetti economici del Covid-19 fanno apparire la Brexit un problema minore: a seguito del referendum del 2016 il PMI manifatturiero cadde a 48,3, un impatto contenuto se paragonato al minimo appena toccato in aprile (a 32,6), seguito da un recupero parziale a maggio.
- Borse in recupero parziale. Le quotazioni proseguono la risalita, indicando migliorate attese sull’economia, ma con andamento piuttosto incerto: quella USA a metà giugno segna ancora un -8,5% rispetto ai livelli pre-Covid di fine febbraio; in Italia i listini azionari restano più compressi (-22,8%).
- Il petrolio segnala ripresina. Il prezzo del Brent sta risalendo gradualmente, a 40 dollari per barile a giugno, dal minimo di 19 dollari in aprile. Ciò indica un recupero, sebbene ancora molto parziale, della domanda di greggio a livello internazionale, che era stata abbattuta dalle conseguenze dell’epidemia.
- Fatica il commercio. Si sta avviando una graduale riattivazione degli scambi mondiali e, in particolare, delle catene europee del valore. Tuttavia, la ripresa sarà frenata dalla forte incertezza sanitaria e geoeconomica: è ancora ai massimi a maggio l’indice globale di incertezza di politica economica.
- Debole ripartenza USA. Ci sono segnali di ripresa, grazie al ripristino parziale delle attività. L’occupazione è in recupero, ma dopo 30 milioni di licenziamenti e con la disoccupazione al 13%. Il rimbalzo a maggio delle vendite al dettaglio (+17,7%) attenua il calo dei consumi nel 2° trimestre. Invece, la produzione stenta a ripartire (+1,4%), rimanendo 15 punti sotto i livelli di febbraio.
- Cina in timida risalita. Tra le economie emergenti più importanti, la Cina è l’unica in cui la manifattura è tornata lievemente a crescere (PMI a 50,7 a maggio). A picco, invece, l’industria in Brasile (38,3), Russia (36,2) e India (30,8). L’andamento di queste economie è ancora fortemente legato all’evolvere della pandemia, che negli ultimi giorni si è ripresentata anche a Pechino, rendendo fragile la ripartenza.
Focus del mese – Spread sovrano: non è scontato che continui a calare
- Spread in calo, ma durerà? A giugno il rendimento del BTP è sceso all’1,43% medio, da 1,73% a maggio. In Germania si è invece registrata una piccola risalita dei tassi, sempre in territorio negativo. Perciò, lo spread sovrano dell’Italia si è ridotto a 182 punti, rispetto ai 223 registrati in media a maggio. Resta comunque molto ampio, anche verso la Francia e la Spagna. Inoltre, l’andamento degli ultimi mesi, durante la crisi da Covid-19, è stato estremamente volatile e suggerisce che il trend discendente che osserviamo ora non può essere considerato ormai acquisito.
- Cosa muove tassi e spread. La dinamica dei tassi sovrani nei paesi di Eurolandia è dovuta a vari fattori. Che hanno esercitato spinte in direzioni opposte e con intensità mutevoli nel corso degli ultimi mesi. Ciò spiega la traiettoria quantomai incerta seguita dal tasso del BTP italiano dall’inizio della pandemia.
- 1. Flussi di capitale.marzo-aprile la bilancia dei pagamenti ha registrato fuoriuscite record di capitali esteri dall’Italia, specie dai titoli pubblici (65 miliardi). Ciò ha riflesso la minore fiducia degli investitori internazionali nel Paese e nel suo alto debito. Questa è la base del problema e si riflette subito sul prezzo dei titoli e sul tasso di interesse. Se ci fossero flussi di acquisti di BTP da parte di soggetti domestici, la situazione sarebbe migliore, perché il Paese avrebbe meno bisogno di interventi dall’esterno. Il Tesoro ci sta provando con il nuovo “BTP Italia”, pensato per far tornare sui titoli di Stato il risparmio delle famiglie; l’emissione realizzata a maggio fa ben sperare, ma il percorso è ancora molto lungo.
- 2. Acquisti della BCE. Gli acquisti emergenziali BCE di titoli pubblici e privati dell’Eurozona (287 miliardi da fine marzo a metà giugno) sono cruciali per contenere i tassi e i divari tra essi. A inizio giugno Francoforte ha ulteriormente ampliato l’ammontare di tali acquisti (di 600 miliardi di euro, per un totale di 1350 miliardi), allungandone l’orizzonte fino a giugno 2021. Elemento nuovo ed essenziale è che la BCE si è riservata ampia flessibilità nel realizzare gli acquisti, sia in termini di paesi emittenti che di tipologia di titoli. Peraltro, ciò si somma al programma di acquisti che era già in corso pre-Covid (20 miliardi al mese) e al primo intervento a inizio crisi (120 miliardi aggiuntivi). Ciò fa della BCE una potente fonte di domanda di titoli pubblici, in particolare di BTP italiani, che prova a compensare la minore domanda da parte di soggetti privati.
- 3. Policy della UE. L’incertezza generata dalle altalenanti attese sulle policy UE in risposta alla pandemia è alla radice della volatilità mostrata dai tassi sovrani negli ultimi mesi. Sul fronte europeo, l’elemento oggi più rilevante, dal punto di vista della percezione dei mercati sulle condizioni dei singoli paesi, è il progetto di costituzione di un nuovo Recovery Fund, che farebbe affluire ingenti risorse, sotto forma di prestiti e trasferimenti, ai paesi più colpiti dall’epidemia, tra cui l’Italia. Nelle ultime settimane le attese su una positiva conclusione di questo progetto europeo sembrano aver contribuito al calo dei tassi del BTP. Ma la decisione finale deve ancora arrivare. Dopo l’importante vertice UE del 19 giugno, si spera in un accordo entro l’estate.
- Impatto su finanza pubblica e credito. Il rendimento del BTP in Italia, come varie volte evidenziato dal CSC, è importante per l’economia tramite due canali di impatto. Primo, il costo del servizio del debito pubblico: un aumento dei tassi significa maggiori interessi da pagare già nel breve termine e soprattutto nel medio-lungo. Secondo, il canale bancario: quello del BTP è il tasso guida nel Paese, anche per il costo della raccolta bancaria e quindi per il credito; inoltre, un aumento del rendimento, ovvero un calo del prezzo, colpisce i bilanci bancari in Italia nei quali c’è un ampio e crescente stock di titoli pubblici domestici (419 miliardi). Dunque, un’impennata del tasso del BTP impatterebbe, come nel 2011, sul flusso di credito al settore privato, frenando ancor più l’economia, che invece oggi ha bisogno di più prestiti, specie sul fronte delle imprese.
- Prospettive molto incerte. La domanda BCE di titoli non può restare in campo a tempo indeterminato: bisogna aspettarsi un suo affievolimento, in particolare dal 2021. Se nel frattempo il Recovery Fund diverrà operativo, accrescendo la fiducia nell’Italia, l’andamento dei tassi potrebbe restare favorevole. Per attenuare i rischi, però, l’unica strada è mettere il debito su un sentiero di rientro, una volta superata l’emergenza Covid.