Commercio: i distretti italiani campioni di export
L’export italiano si conferma un motore cruciale per l’economia del paese, con una stima di crescita nel 2024 pari a 4,6%, dopo il vivace andamento dello scorso anno che dovrebbe chiudersi con un incremento dell’11,2% a 135 miliardi di euro[1]. È quanto emerge dall’ultimo report dell’Osservatorio Terziario di Manageritalia, in collaborazione con l’Ufficio Studi di SACE.
Parallelamente, i 159 distretti industriali dell’Italia[2] rappresentano un pilastro fondamentale per il tessuto economico nazionale, sostenendo in modo significativo l’export, specialmente nel settore del Made in Italy. Le piccole e medie imprese (PMI), che costituiscono la maggior parte di questi distretti, si dimostrano particolarmente efficaci nell’attrarre e contrattare vendite all’estero, valorizzando le tradizioni del saper fare locale. Rinomati per la loro capacità di innovazione e per l’efficienza logistica, i distretti sono caratterizzati da una breve distanza media degli approvvigionamenti, che contribuisce ulteriormente alla competitività del Made in Italy sui mercati internazionali.
A livello regionale, i distretti industriali situati nel Mezzogiorno del Paese sono i protagonisti di questa crescita. Nei primi nove mesi del 2023, infatti, le esportazioni dei distretti industriali del Mezzogiorno sono state pari a quasi 7,2 miliardi di euro, in crescita del 3,7%, dato migliore rispetto alla media dei distretti italiani (+0,4%)[3]. Tra le filiere distrettuali del Mezzogiorno meglio performanti spiccano l’agro-alimentare (+6,9%), a cui appartengono ben 15 distretti su 28, e il sistema moda (+6,3%); mentre, emergono alcune flessioni in specifici settori come il sistema casa. La crescita più significativa delle esportazioni dei distretti industriali situati nel sud Italia è stata registrata in particolare in mercati chiave, quali la Francia (+74 milioni di euro), il Regno Unito (+56 milioni di euro), l’Austria (+51 milioni di euro), la Svizzera (+45 milioni di euro), i Paesi Bassi (+30 milioni di euro) e la Germania (+28 milioni). Al contrario, si rileva, invece, un calo delle vendite in Algeria, Tunisia, Cina, Sta
Parimenti, anche i distretti della Toscana (+6,7%)[4], della Lombardia[5], dell’Umbria (+10,6%)[6] e dell’Abruzzo (+8,5%)[7] hanno registrato una crescita significativa, con una particolare evidenza per il sistema moda. Oltre al settore dell’abbigliamento, i distretti industriali marchigiani[8], del Piemonte[9] e dell’Emilia-Romagna (+4,7%)[10] hanno registrato un’ottima performance anche nei settori meccanica e agroalimentare, con la Francia in testa ai mercati (+60 milioni solo dai distretti delle Marche).
In questo scenario, caratterizzato da un’intensa attività di export e dalla presenza di un robusto tessuto di distretti industriali, la gestione del rischio di cambio assume un’importanza cruciale. Le imprese che operano a livello internazionale, in particolare quelle fortemente legate all’export come le PMI italiane dei distretti industriali, si trovano spesso a dover gestire flussi finanziari in valute diverse dall’euro. Questa situazione le espone al rischio di cambio, ovvero alla possibilità che le fluttuazioni dei tassi di cambio influenzino negativamente il valore dei loro ricavi e costi in valuta estera. Per le imprese italiane che esportano una vasta gamma di prodotti e servizi in tutto il mondo, adottare strategie di gestione del rischio di cambio diventa quindi un elemento chiave della strategia finanziaria complessiva. Questo non solo per proteggere i profitti attuali, ma anche per sostenere la crescita futura in un contesto globale sempre più interconnesso e volatile. Le strategie possono includere l’uso di strumenti finanziari come forward e opzioni, oltre a tecniche di “natural hedging”, come l’invoicing nella propria valuta o la diversificazione delle fonti di ricavo in diverse valute.
Inoltre, un’attenzione particolare va posta sulla digitalizzazione, che si è dimostrata un fattore chiave per la resilienza e l’espansione durante periodi di incertezza economica. Le PMI devono continuare a investire in soluzioni digitali per ottimizzare la produzione, raggiungere nuovi mercati e personalizzare l’offerta in base alle esigenze dei clienti globali.
Le iniziative di promozione del Made in Italy all’estero sono infatti essenziali per mantenere il prestigio e l’autenticità dei prodotti italiani, e la gestione del rischio di cambio contribuisce a mantenerne la competitività. Collaborazioni strategiche con enti e istituzioni possono amplificare queste azioni, garantendo che le PMI italiane siano ben posizionate per sfruttare le opportunità emergenti nell’export e oltre.
In conclusione, mentre l’Italia continua a sostenere il suo ruolo di attore chiave nell’export mondiale, il supporto e l’impulso alle PMI attraverso politiche mirate e investimenti in innovazione e digitalizzazione saranno decisivi per forgiare un futuro di successo nel panorama economico internazionale. L’adozione di strategie di tutela come la protezione del marchio Made in Italy, l’accesso a risorse finanziarie adeguate e il potenziamento delle competenze digitali e manageriali sono fondamentali per rafforzare la posizione competitiva delle PMI. Inoltre, le collaborazioni strategiche e le reti di supporto offrono l’opportunità di superare le barriere all’ingresso e di navigare le sfide della globalizzazione con maggiore sicurezza. Queste strategie non solo rafforzano la resilienza dell’Italia di fronte alle sfide globali ma aprono anche nuove opportunità per la crescita futura, mantenendo il paese saldamente ancorato nella sua tradizione di eccellenza, innovazione e capacità di esportazione.
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Country Manager di Ebury Italia