Come e perché lavorare sull’autopercezione dei micro-imprenditori
L’autopercezione che un microimprenditore può maturare negli anni può influenzare il suo concetto di innovazione e, conseguentemente, la sua propensione ad investire. Innanzitutto, delimitiamo il campo delle microimprese: si chiamano microimprese quelle aziende che abbiano meno di 10 dipendenti e che fatturino non più di 2 milioni di euro. Già Schumpeter (The theory of economic development, 1934) aveva perfettamente evidenziato come l’imprenditorialità fosse fondamentale per qualsiasi economia, in quanto incoraggia il lavoro autonomo e l’attività economica in generale. Quindi, che in un’economia libera sia necessario incentivare la propensione all’imprenditorialità è cosa assodata. Partendo da questi presupposti, si sono moltiplicati gli studi, specie dal 2000, per individuare i fattori che la favoriscono o la ostacolano. Questi fattori si riferiscono alle condizioni dell’ambiente imprenditoriale o alle motivazioni interne per svolgere un lavoro diverso da quello dei lavoratori dipendenti. Le due aree di sviluppo della ricerca in questo ambito sono:
- le condizioni individuali dell’imprenditore in relazione ai risultati di un’azienda.
- lo studio della percezione delle barriere all’imprenditorialità.
Per quanto riguarda lo studio delle condizioni individuali dell’imprenditore, la ricerca ha inizialmente analizzato le condizioni demografiche come il genere e l’età, ma i risultati hanno evidenziato una capacità limitata di prevedere i comportamenti, poiché persone con condizioni demografiche simili possono presentare comportamenti diversi. Ben altri risultati si sono avuti attraverso gli studi sulle variabili psicologiche degli imprenditori, come la loro personalità e i valori personali. Una delle variabili che integra questa categoria è il concetto di “sé imprenditoriale”, che consiste nella conoscenza e nelle convinzioni che l’individuo ha di sé stesso in un determinato momento. Come spiega Hamachek “si tratta della nostra immagine mentale e privata di noi stessi, un insieme di convinzioni sul tipo di persone che siamo” (Evaluating self‐concept and ego status in Erikson’s last three psychosocial stages. Journal of Counseling & Development). La questione non è da poco, infatti molte ricerche hanno dimostrato il determinante impatto che l’auto-concezione imprenditoriale e la percezione di sé hanno nello sviluppo dell’imprenditorialità. In particolare, è ormai assodato che un fattore condizionante delle performance degli imprenditori sia proprio l’auto definizione della propria efficacia, definita come “l’auto-percezione delle capacità individuali che influenzano la motivazione, le risorse personali e le linee d’azione secondo le esigenze della situazione” (Wood, R., & Bandura, A. Social cognitive theory of organizational management. The Academy of Management Review 1989). Questi studi, a prescindere dal puro valore teorico che esprimono, ci permettono di comprendere i benefici di specifiche attività di supporto all’’imprenditorialità, quali, per esempio il coaching, che permette di modificare e migliorare la propria autopercezione.
Il concetto di imprenditorialità è stato studiato sotto diverse prospettive, utilizzando termini come identità imprenditoriale, immagine di sé, consapevolezza di sé e conoscenza di sé. Ad esempio, Akerlof e Kranton definiscono il concetto di identità come il senso di sé nell’analisi economica e sottolineano che esso svolge un ruolo chiave nello spiegare le intenzioni individuali di realizzarsi come imprenditori. La rilevanza del concetto di identità imprenditoriale è stata riconosciuta come una condizione che implica comportamenti stabili nel campo delle attività imprenditoriali. L’auto-concezione consiste in un sé empirico, che è una componente materiale, sociale e spirituale fondamentale per la comprensione delle proprie esperienze. Si tratta di un passaggio chiave per gli imprenditori, che devono valutare la coerenza tra il loro concetto di sé e le opportunità di business che identificano. Il rapporto tra attività imprenditoriale e concetto di sé si può definire come l’auto-percezione della capacità di un individuo di svolgere determinati compiti o la fiducia nella propria performance all’interno di un dominio auto-percepito delle capacità personali. È indubbio che le motivazioni dell’imprenditore dipendano dall’auto-percezione della propria efficacia, in quanto questa influisce sugli stati affettivi e comportamentali che, a loro volta, definiscono la motivazione individuale e la perseveranza nello sviluppo delle imprese. È di tutta evidenza che la propensione ad investire dipenda, in buona parte, dall’auto-percezione di sé dei microimprenditori e, quindi, che investire su una capacità di auto-concezione innovativa come imprenditore abbia effetti straordinari sull’imprenditorialità e sulla sua efficacia.
Questa impostazione di pensiero rivede l’intera teoria delle barriere all’imprenditorialità, definite come condizioni che la ostacolano o la impediscono. Se la percezione delle barriere all’imprenditorialità dipende anche dalla percezione che l‘imprenditore ha di sé, allora è possibile lavorare sulle capacità analitiche dello stesso, quando si trova a valutare i dati oggettivi del mercato che intende affrontare. Le classiche barriere esterne all’ingresso sono:
- mancanza di capitali
- mancanza di competenze
- alto rischio
- mancanza di fiducia
- costi per le normative governative
- mancanza di struttura di supporto
- alti costi fiscali e amministrativi
- mancanza di conoscenza ed esperienza
- clima economico
- attrezzature e tecnologie obsolete
- infrastrutture carenti.
Ma, se la percezione delle barriere esterne è legata anche alla percezione di sé di un individuo, allora lavorando sulla capacità di auto-riconoscersi lo status di imprenditore innovatore è possibile riportare le barriere esterne alla loro reale e concreta dimensione di difficoltà, senza distorsioni di origine personale (Bandura, Self-efficacy: Toward a unifying theory of behavioral change. Psychological Review 1977).
Come proposta per rafforzare l’auto–concezione innovativa e ridurre la percezione delle barriere che influenzano lo sviluppo delle microimprese, esistono specifici percorsi di coaching che cercano di:
- rafforzare l’autopercezione innovativa;
- definire la propria vision e mission;
- inquadrare il valore e la portata del proprio prodotto/servizio;
- aumentare la capacità di organizzare i processi d’identificazione e reperimento delle risorse finanziarie;
- valutare e valorizzare le risorse umane;
- organizzare al meglio le proprie risorse;
- sviluppare programmi per il rafforzamento delle reti con i fornitori.
Il coaching per i microimprenditori rappresenta una delle migliori risposte, per rimuovere gli impedimenti interiori che condizionano la perfetta lettura della realtà. Questa, distorta dai personali pregiudizi e dalle incertezze caratteriali, appare come un complesso di difficoltà insormontabili, che impediscono lo sviluppo e la valorizzazione delle propensioni e delle spinte imprenditoriali. Il coaching aiuta a riportare le barriere esterne alle loro realistiche dimensioni, consentendo di sviluppare coraggio e intraprendenza, pur mantenendo una vigile e prudente attenzione sui rischi.
C-level, Executive, Team & Career Coach. Associate Coach Marshall Goldsmith Stakeholder Centered Coaching. Member of Board EMCC Italia (European Mentoring & Coaching Council).