Colli di bottiglia
Stiamo vivendo tutti in una condizione di incertezza su molti fronti.
Incertezza del contesto in cui viviamo. Il Covid ci ha destabilizzato. La salute è diventata un fenomeno sociale, da privato che era. E non è finita. Anche se l’operazione militare speciale dei Russi in Ucraina e la caduta del governo Draghi in Italia hanno occupato i titoli di prima pagina dei notiziari. Le testate con editori che non amano approfondire temi di politica, assai pericolosi in tempi incerti, si dilungano con le notizie di cronaca nera. Ma il Covid non è debellato.
Incertezza delle condizioni economiche. Già la globalizzazione è stata seccante. Ci ha costretto a diventare competitivi con il mondo, a imprimere una accelerazione improvvisa al nostro modo di pensare e di agire. Ha reso incerto il nostro mercato, i nostri modelli di business e di impresa. Ha messo in discussione il nostro status di imprenditori, imprenditrici, professionisti e manager. Ci ha costretti a riflettere su ciò che è importante nel lavoro, in famiglia, nella nostra vita. Su cosa è essenziale.
Dedicare energia a ciò che è essenziale significa identificare per eliminare “i colli di bottiglia”.
Sono sotto i nostri occhi. Attività inutili che rallentano il processo decisionale. Persone e abitudini nostre e dell’organizzazione che fanno perdere tempo prezioso ed energie. Fa parte del nostro ruolo di capi azienda e di manager abituare quelli che ci stanno intorno a essere efficaci, cioè a fare goal, più che efficienti. Nessun altro lo farà al posto nostro.
Quali sono i “colli di bottiglia” e come eliminarli:
- Riunioni inutili.
Le riunioni non sono il lavoro. Sono quello che sta prima o dopo il lavoro.
Evita tutte le riunioni, sia di persona che a distanza, che non abbiano obiettivi chiari. Una riunione può durare pochi minuti. È possibile essere essenziali con un certo tatto, ma aspettati che qualche perditempo, le prime volte che riduci la durata degli incontri, si offenda. Una volta chiarito che restare sull’obiettivo è il tuo stile di leadership “essenziale” e quello resterà, lo accetteranno e i rapporti torneranno sereni. “Non lasciatevi condizionare dagli sciocchi o diventerete uno di loro.” Tim Ferriss.
Le riunioni dovrebbero servire solo per prendere decisioni riguardanti una situazione già definita, non per definire il punto da affrontare. Alleniamo anche gli altri a questa buona abitudine.
Se l’argomento è vago, chiedi a chi l’ha convocata una e-mail per definire meglio gli obiettivi: “Mi mandi un’e-mail, così posso prepararmi meglio? Mi indichi quali argomenti dovremo affrontare e i risultati che vorresti ottenere? Sarebbe perfetto. Grazie in anticipo.” Il «grazie in anticipo» prima di una replica aumenta la probabilità che l’altro faccia ciò che proponiamo.
Lo strumento dell’@mail costringe le persone a definire il risultato desiderato di una riunione. Nove volte su dieci, emerge che si può gestire la soluzione via posta elettronica e una riunione potrebbe diventare superflua.
Se sospettiamo che una riunione possa durare a lungo, potremmo informare chi l’ha convocata che vorremmo intervenire per primi, perché abbiamo un impegno un quarto d’ora dopo.
La maggior parte delle questioni non è urgente. Quindi usa e indirizza verso WhatsApp, dove i messaggi sono concisi per forza, oppure @mail. Anche un colpo di telefono o una call via Skype sono meglio di riunioni di persona.
Vanno di moda i Messaggi vocali. Ascoltare un messaggio vocale è fastidioso. Spesso la voce registrata è lagnosa o seccata. In ogni caso fa pensare che chi lascia un vocale non si è disturbato a scrivere. Rispondi alla voicemail con una @mail o con un testo via WhatsApp.
Gioie e dolori. La comunicazione per posta elettronica deve essere breve. Evita e disincentiva negli altri @mail e report non indispensabili, inviati in cc come alibi per non scrivere in modo breve e diretto agli interessati.
Usa la struttura «se… allora» per ridurre il numero di scambi e prevenire inutili va e vieni. Ad esempio, un’email «Possiamo incontrarci alle 16?» dovrebbe diventare, «Possiamo incontrarci alle 16? Se sì, ok. Se no, ti prego di indicarmi due orari alternativi».
- Collaboratori e colleghi che fanno perdere tempo
Quelli che si dilungano nei dettagli. Obbliga gli altri a concentrarsi, invece di socializzare e divagare. «Scusa, non voglio tutta la storia. Dimmi soltanto che cosa dobbiamo fare».
Quelli che si lagnano per abitudine. Stronca chi si lamenta per abitudine. Ricordagli la frase di Jeff Besos “Lamentarsi non è una strategia di business”.
Quelli che ti interrompono quando sei concentrato sulle tue priorità. La nostra postazione di lavoro è il nostro tempio, non consentiamo visite improvvisate. Per evitare interruzioni alcuni suggeriscono di utilizzare un cartello «Non disturbare». Non funziona. Viene semplicemente ignorato. Ho sperimentato personalmente una barriera più efficace, il cartello “on air”. Anche se non sto registrando e non sono in diretta, questa scritta inibisce i seccatori più timidi. Quelli più determinati verificano. A chi si avvicina ugualmente e ritiene di poter interrompere può funzionare un dirottamente, tipo: «Sarei felice di aiutarti, ma devo prima finire qui. Puoi spedirmi un’e-mail veloce per ricordarmi l’argomento?». Se non riesci ancora a liberarti dell’intruso, fissa un limite di tempo della tua disponibilità, anche quando parli al telefono: «D’accordo, aspetto una chiamata tra due minuti, ma dimmi qual è il tema e come posso aiutarti?».
E se il collo di bottiglia sei tu?
Sai riconoscere quando se tu a bloccare il processo decisionale o il flusso delle attività?
Delega responsabilità ai tuoi collaboratori – entro una certa soglia. E fallo sapere.
Se pensi ad esempio, che una partita di merce non sia arrivata dal fornitore al tuo magazzino puoi inviare un’e-mail al tuo caporeparto di logistica in questi termini: «Caro Giovanni … è arrivata la partita di merce x? Se sì, ti prego di scrivermi ok su WhatsApp. Se no, contatta il fornitore Mario Rossi che ci legge in copia– suo cell… sua @mail … e chiedi l’esatta data di consegna. Mario, se ci sono difficoltà di qualunque tipo con la spedizione ti prego di coordinarti con Giovanni, raggiungibile al cell…che è autorizzato a prendere decisioni al posto mio, fino a un costo massimo di y euro. In caso di emergenza, chiamatemi al cellulare, ma confido su di voi. Grazie». Questo previene buona parte delle questioni successive, evita due dialoghi separati e fa uscire il capo dall’equazione problema-soluzione.
Sai capire quando sei “deconcentrato” o concentrato sulle cose sbagliate?
E cosa sono le cose sbagliate? “Qualunque cosa che non faccia compiere ai due o tre nostri migliori clienti un passo avanti verso la firma di un ordine di acquisto.” Tony Robbins.
Fare ciò che abbiamo sempre fatto, la solita routine.
È quello che ci ha portato nel fossato. Eppure, uscire dal fossato, ognuno per conto proprio, non è la strategia migliore. Forse non è neppure possibile.
Oggi la sfida non è solo uscire dal fossato per riprendere il cammino. La sfida è sfruttare il fossato come opportunità per creare qualcosa fuori dall’ordinario.
Per questo oggi è il momento migliore per ripensare il nostro business da zero. Con il coraggio di un Disruptive approach: Pensare – Decidere – Agire fuori dai vincoli e dagli schemi mentali e organizzativi precedenti.
“Non si risolve un problema con lo stesso approccio con cui lo abbiamo creato” Albert Einstein
Significa anche perseverare quando avremmo voglia di gettare la spugna.
Uno studio citato dal guru del marketing Seth Godin rileva che il venditore medio rinuncia al tentativo di piazzare un prodotto o un servizio dopo il quinto contatto con lo stesso cliente potenziale. A quel punto ritiene di sprecare solo tempo, e di farne sprecare al proprio interlocutore. Quindi lascia perdere. Prova con un altro. Lo stesso studio dice che l’80% di questi clienti compra al settimo tentativo. Questo non significa che “sette” è il numero magico della vendita, e che bisogna essere aggressivi e insistenti per “costringere” il cliente a firmare. Il nocciolo della questione è cercare con perseveranza e determinazione ciò che sta a cuore al cliente.
“Oggi più che mai vendere significa comunicare emozioni, non presentare fatti” Seth Godin
Se bastassero i fatti per vendere sarebbe sufficiente stampare un depliant o illustrare qualcosa su un sito web. Quando il cliente compra il nostro prodotto o servizio? Quando è stato venduto molte altre volte, ha un prezzo ragionevole, è pronto. Il cliente vuole vederci perseverare. Vuole ricevere un segnale che dimostra che facciamo sul serio. Che investiamo su nuova tecnologia. Che siamo solidi. Che garantiamo sicurezza. Che vendiamo qualcosa di affidabile e di valore comprovato.
Se durante questa crisi ci siamo lasciati frenare dalla frustrazione, dall’insuccesso di un business o dal timore di non farcela, oggi non possiamo. Pensiamo invece quanto sarà soddisfacente essere usciti dal fossato, aver realizzato un nuovo progetto in un periodo così difficile.
A che servono le vacanze?
Anche a questo dovrebbe servire la pausa estiva. Una vacanza dal quotidiano, che ci fa vedere le cose con più chiarezza. Ci riporta alla effettiva dimensione di ciò che funziona e che non funziona. Come quando guardi al microscopio un insetto, e ti sembra enorme. Poi ti stacchi, lo guardi nella realtà ed è minuscolo. Una pausa può farci cogliere l’essenziale. Se ci assumiamo questa responsabilità, con l’intenzione di cercare nuove idee, nuove soluzioni, riusciremo. Soluzioni migliori, per noi e per tutti.
La frase di oggi:
Cosa scriveresti come messaggio su un cartellone in autostrada? “Nessuno ti deve niente”. Tim Ferriss, imprenditore