Che impatto avrà la pandemia Covid-19 sul climate change?
La crisi economica scatenata dal Covid-19 sta già portando a una significativa riduzione delle emissioni. Tuttavia il contributo che potrà dare alla transizione climatica è incerto. Da un lato la riduzione delle emissioni è transitoria e influisce marginalmente sullo stock di gas serra nell’atmosfera, alla base delle variazioni climatiche. In secondo luogo, la crisi assorbirà molte risorse e non è chiaro quanto ne rimarranno disponibili per sostenere investimenti green. Inoltre, prezzo del petrolio basso e aiuti pubblici a pioggia ai settori inquinanti (come settore aereo, auto e forse petrolifero) potrebbero contenere il calo delle emissioni anche durante la recessione. L’impatto che la crisi avrà sul climate change dipenderà allora dalle politiche che verranno introdotte in questi mesi. Se la ripresa farà tesoro delle modalità di lavoro in smart working e sarà in grado di ritornare ai livelli di produzione energetica pre-crisi con una quota maggiore di energie green, allora il contributo del Covid-19 alla transizione climatica sarà stato positivo. Simulazioni Prometeia mostrano che sostenere la ripresa con investimenti verdi avrebbe il doppio beneficio di raggiungere la neutralità nelle emissioni prima di quanto programmato e al tempo stesso avere una ripresa più sostenuta, perché meno sottoposta ai rischi climatici.
La crisi sociale ed economica innescata dall’epidemia Covid-19 ha stravolto i modelli di vita di gran parte delle società mondiali sotto diversi aspetti.
Una delle implicazioni di quello che sta succedendo è il rapido calo del consumo energetico e del profilo delle emissioni di CO2 e dei gas serra. A livello mondiale la domanda di energia elettrica è diminuita, poiché gli edifici commerciali, le fabbriche e altri grandi utenti di energia elettrica hanno dovuto rallentare se non addirittura interrompere le loro attività. L’uso residenziale di energia elettrica, invece, aumenta, ma non compensa il calo di quello industriale. Il consumo giornaliero di energia elettrica dall’1 al 16 aprile rispetto allo stesso periodo del 2019 si è ridotto in Germania di circa il 10%, in Francia del 20% e in Italia del 30%. La mobilità generale delle persone si è ridotta dell’85% in Italia, del 70% in UK e 45% circa negli Stati Uniti e Germania. In molti Paesi, il calo del numero di voli aerei passeggeri su base annua supera il 90%. L’ultimo dato disponibile martedì 14 aprile 2020 registra circa il 93% in meno di voli per l’Italia rispetto allo stesso giorno del 2019.
Nel complesso la crisi del coronavirus sta colpendo un’ampia gamma di mercati energetici – tra cui carbone, gas e fonti rinnovabili. Il suo impatto sui mercati petroliferi è particolarmente forte perché sta infliggendo un duro colpo alla domanda di carburanti per il trasporto. Il prezzo del petrolio greggio ha registrato un drastico calo dal 2019, diminuendo di oltre il 60%. Il crollo del prezzo del petrolio ha inciso anche sui prezzi del gas naturale. Secondo la International Energy Agency, nel 2020 la domanda globale di petrolio dovrebbe contrarsi per la prima volta dalla recessione globale del 2009, per circa il 9.5%.
Utilizzando il modello Prometeia IAM (Integrated Assessment Model) di valutazione integrata economia-energia-clima, valutiamo che un calo del Pil mondiale compreso tra l’1.5 e il 3% ridurrebbe le emissioni nello stesso anno di circa il 6-12%. Sebbene la variazione delle emissioni di CO2 (variabile di flusso) dovuta alla recessione vada nella stessa direzione perseguita dalle politiche di mitigazione, effetti significativi di riduzione dei rischi del climate change si avranno solo con una inversione significativa delle concentrazioni di CO2 (variabile di stock) e quindi lo sforzo in termini di riduzione delle emissioni dovrà essere decisamente maggiore di quello inflitto dalla crisi.
Di fronte alla crisi economica, i governi di tutto il mondo si stanno muovendo per sostenere il sistema economico. Un interessante dibattito si sta avviando intorno alla definizione di azioni per aumentare l’efficienza energetica di questi programmi di stimolo. Da un lato, le economie si troveranno a fronteggiare una crescita del rapporto debito/Pil a causa dell’enorme sostegno fiscale immesso nel sistema, il che ridurrà lo spazio per la transizione green, anch’essa bisognosa allo stesso tempo di un forte supporto pubblico. Inoltre, molte risorse che erano state faticosamente raccolte per l’avvio di programmi di transizione green, come nell’Unione Europea, rischiano adesso di essere dirottate per sostenere la ripresa.
D’altra parte però l’emergenza Covid-19 crea anche un’ opportunità. A parte la riduzione transitoria delle emissioni e quindi un temporaneo avvicinamento agli obiettivi di neutralità, è immaginabile che lo shock da Covid-19 colpisca molti settori brown dell’economia: il settore energetico a base di carburanti fossili, il settore dell’aviazione e il settore del cemento, tra i maggiori responsabili di emissioni CO2, saranno colpiti dal calo della domanda aggregata. Se la crisi non rientra velocemente, questi settori dovranno ridurre significativamente la capacità produttiva. Nella fase di ripresa quindi si aprirebbe spazio per riaumentare la produzione con una quota maggiore di energia green.
Utilizzando il modello Prometeia IAM abbiamo simulato scenari di intervento pubblico a sostegno di un’economia mondiale in recessione. Ipotizzando una perdita di Pil globale per un anno pari al 5%, abbiamo stimato gli effetti di uno stimolo fiscale in investimenti green a sostegno dell’economia. Quello che troviamo è che lo stimolo potrebbe avere un duplice beneficio: raggiungere la neutralità carbonica con cinque anni di anticipo (rispetto al 2060 dello scenario base pre-Covid) e generare un sentiero di crescita già dopo pochi anni superiore al sentiero precedente, in quanto meno sottoposto agli impatti negativi legati agli shock climatici. Sostenere la ripresa con investimenti verdi prenderebbe due piccioni con una fava.