CGIA: flop di cashback e lotteria degli scontrini. Il fisco, però, ci “spia” con 162 banche dati
Secondo i proponenti il cashback e la lotteria degli scontrini dovevano dare un colpo letale all’evasione o, quantomeno, ridurre drasticamente quella da omessa fatturazione che, in rapporto a quella totale, ha un’incidenza importante. Ricordiamo che, secondo il MEF, in Italia l’evasione fiscale complessiva ammonterebbe a 105 miliardi di euro all’anno. Entrambe le misure, purtroppo, sono state un flop, non hanno funzionato. O meglio, non hanno prodotto i risultati sperati. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Il cashback, ad esempio, è stato addirittura “archiviato” dal governo Draghi che, a partire dal giugno 2021, ne ha sospeso l’applicazione. In primis perché non è emersa una evidente relazione causale tra gli incentivi previsti dal cashback e la diminuzione dell’evasione fiscale; in secundis perché il costo della misura, pari a 4,75 miliardi di euro, appare nettamente superiore alle potenzialità di recupero dell’evasione.
La lotteria degli scontrini, entrata in vigore il primo febbraio dell’anno scorso, sembra invece non aver sortito grande interesse tra i contribuenti/consumatori. Stando ai dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, se a marzo del 2021 gli scontrini mensili associati alla lotteria avevano sfiorato il picco massimo di 25 mila unità, successivamente c’è stata una costante contrazione; lo scorso autunno il numero mensile è sceso poco sopra le 5 mila unità. Si segnala che solo di alimentari e bevande analcoliche, le famiglie nel 2020 hanno realizzato acquisti mensili per 12 miliardi di euro.
Ci sono 162 banche dati: il fisco le faccia interagire
In linea puramente teorica è come se affermassimo che il nostro fisco dispone di 162 schede che riportano fedelmente la capacità reddituale, i consumi e il livello di ricchezza di ogni italiano. In altre parole, al fisco le informazioni sui contribuenti italiani certamente non mancano. Quotidianamente, infatti, l’Amministrazione Finanziaria6 riceve e cataloga miliardi di informazioni in ben 162 banche dati che, però, solo in piccola parte riesce a “utilizzare”, in particolar modo, per contrastare l’evasione fiscale.
È vero che a breve queste banche dati dovrebbero cominciare a dialogare fra loro, ovvero ad essere interoperabili. Tuttavia, se ogni anno il popolo degli evasori sottrae al fisco 105 miliardi di euro e i nostri 007 riuscivano a recuperarne, nel periodo pre Covid, tra i 18 e i 20, vuol dire che, potenzialmente, sappiamo vita, morte e miracoli su chi è conosciuto al fisco, mentre brancoliamo nel buio nei confronti di chi non lo è, con il risultato che l’evasione prospera, penalizzando oltremisura chi le tasse le paga fino all’ultimo centesimo.
Intendiamoci: queste banche dati non hanno come unico obiettivo quello di consentire all’Amministrazione Finanziaria di contrastare con maggiore incisività l’infedeltà fiscale. Sono strumenti che servono anche ad elaborare analisi economiche e statistiche molto complesse, stimando gli effetti delle politiche fiscali in corso in uno scenario caratterizzato da fenomeni sempre più interconnessi. Tuttavia, se l’evasione fiscale è uno dei principali problemi del Paese, è evidente che questi strumenti dovrebbero costituire il cassetto degli attrezzi indispensabile per realizzare un fisco più giusto e più equo.
Gli strumenti a disposizione per contrastare l’evasione
Oltre alle 162 banche dati fiscali, negli ultimi anni la nostra l’Amministrazione finanziaria ha visto aumentare notevolmente anche il numero di strumenti a disposizione per contrastare l’evasione delle imposte. In sintesi, le principali misure a disposizione degli uomini del fisco sono:
- abolizione del segreto bancario;
- anagrafe dei rapporti finanziari costituita tramite il periodico invio all’Anagrafe tributaria dei saldi dei rapporti finanziari dei contribuenti;
- con 22 mila segnalazioni al secondo, Serpico, super cervellone in capo alla SOGEI, riceve innumerevoli informazioni raccolte dai contribuenti (pagamenti, movimentazioni bancarie, etc.). L’Agenzia delle Entrate utilizzerà anche tecnologie avanzate per elaborarle, sfruttando le interconnessioni tra i dati contenuti nell’Anagrafe dei rapporti finanziari e le altre banche dati di cui dispone;
- obbligo di comunicare mensilmente all’UIF (Unità di Informazione Finanziaria) le movimentazioni di denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro;
- Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ex studi di settore);
- redditometro (accertamento sintetico sulla base del confronto tra reddito dichiarato e spese sostenute);
- metodologie di controllo delle PMI e dei lavoratori autonomi;
- 117 (numero di pubblica utilità della Guardia di Finanza);
- trasmissione telematica dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate;
- fattura elettronica;
- split payment nel caso di fatturazione verso le Pubbliche Amministrazioni, sono queste che trattengono l’IVA e la versano direttamente all’erario;
- reverse charge meccanismo in base al quale è l’acquirente o il committente a versare l’IVA;
- limite all’utilizzo del contante pari a 1.999 euro;
- obbligo di pagamento con strumenti tracciabili degli oneri detraibili ai fini IRPEF (ad eccezione delle spese sanitarie) per poterle detrarre nella dichiarazione dei redditi;
- controllo automatizzato delle dichiarazioni fiscali e del corretto assolvimento dell’imposta di bollo;
- in caso di lavori superiori a 200.000 euro, i committenti hanno l’obbligo di verificare il corretto versamento delle ritenute dei dipendenti delle imprese appaltatrici;
- ritenuta d’acconto operata sui bonifici per il pagamento delle spese relative a interventi sul patrimonio edilizio e risparmio energetico;
- per essere effettuata la compensazione dei debiti tributari con crediti di importo superiore a 5.000 euro è necessaria la certificazione dei crediti da parte di un professionista;
- esterometro: invio telematico (trimestrale) all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi alle operazioni economiche con soggetti non residenti;
- comunicazione trimestrale all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi alla liquidazione periodica IVA.
Siamo un popolo di evasori? Ecco chi paga l’Irpef
Si stima che l’evasione fiscale in Italia ammonti a 105 miliardi di euro all’anno e che il gettito Irpef, la principale imposta pagata dagli italiani, costituisce per molti lo “strumento” per “misurare” le categorie meno fedeli al fisco. Nel dibattito politico-sindacale, ad esempio, si ripete ormai come un mantra che l’imposta sul reddito delle persone fisiche sarebbe pagata per quasi il 90 per cento da pensionati e lavoratori dipendenti. Segnaliamo che questa affermazione è del tutto fuorviante, perché sottende che in Italia a pagare la quasi totalità dell’Irpef sarebbero solo due categorie di contribuenti: quelle richiamate poc’anzi. In realtà chi continua a ripetere questa ovvietà è “vittima” di un grave abbaglio statistico/interpretativo. Se, infatti, è palese che oltre l’82 per cento dell’Irpef (e non il 90 per cento) è versata all’erario da pensionati e lavoratori dipendenti, questo avviene perché queste 2 categoria rappresentano quasi l’89 per cento del totale dei contribuenti Irpef presenti in Italia. Se si vuole dimostrare lo squilibrio del carico fiscale legato all’Irpef, la metodologia “corretta” consiste nel calcolare l’importo medio versato da ciascun contribuente facente parte di ognuna delle 3 principali tipologie che pagano l’imposta sulle persone fisiche: autonomi, dipendenti e pensionati. Applicando questa metodica, dagli ultimi dati disponibili sui redditi relativi al 2018 (fonte Ministero dell’Economia e delle Finanze), emerge che, mediamente, i pensionati pagano un’Irpef netta annua di 3.173 euro, i lavoratori dipendenti di 4.006 euro e gli imprenditori/lavoratori autonomi di 5.741 euro. Sia chiaro, l’evasione fiscale in Italia c’è ed è presente in tutte le categorie professionali, quindi, anche tra gli autonomi e gli imprenditori. Ci mancherebbe. Tuttavia, va contrastata ovunque essa si annidi, senza però accusare pregiudizialmente nessuno.