Cerved Rating Agency: la circular economy conviene a banche e imprese

 Cerved Rating Agency: la circular economy conviene a banche e imprese

L’economia circolare conviene a banche e imprese: l’adozione di modelli di business circolari, infatti, riduce del 28% (da 4,37% a 3,12%) il rischio di credito per le aziende e fa risparmiare agli istituti di credito 4 euro su ogni 100 di finanziamenti erogati. Lo sostiene Cerved Rating Agency, l’agenzia di rating italiana specializzata nella valutazione del merito di credito di imprese non finanziarie italiane e delle emissioni di titoli di debito, che ha analizzato oltre 2.000 società non finanziarie con rating di credito in essere e ha presentato lo studio a Milano in occasione del convegno ESG Connect 2024.

“L’Italia, come mostrano i dati Eurostat, è da anni in prima fila nelle attività legate al riciclo e al recupero di materiali e sempre più imprese fanno della circular economy un elemento fondamentale nel proprio business model – commenta Fabrizio Negri, amministratore delegato di Cerved Rating Agency -. Diventa quindi cruciale capire se l’utilizzo di queste pratiche abbia anche conseguenze positive di natura economico-finanziaria. La nostra ricerca ha valutato l’impatto dei principali driver di circular economy in termini di benefici finanziari e, di conseguenza, di rischio di default: stando a dati recenti, del mese scorso, le imprese con modelli di circolarità si trovano prevalentemente nelle classi di rating meno rischiose (al contrario di quelle che non li adottano) e mostrano una probabilità di default media più bassa di ben il 28%, da 4,37% a 3,12%, con uno scarto maggiore nelle PMI” (-68%).

“Il risultato non cambia se si protrae l’esame nel tempo – continua Negri -: analizzando un campione di imprese con rating di credito validi in tutti gli anni considerati a partire dal 2021, equamente diviso tra chi ha adottato modelli di economia circolare e chi no, si osserva che il primo cluster ha dimostrato una maggior resilienza a shock esterni negli ultimi tre anni. Le imprese ‘circolari’ avevano già nel 2021 una probabilità di default inferiore (2,51% contro 3,18%), ma nel giugno 2024, dopo un susseguirsi di crisi e rischi sistemici, il gap è aumentato ulteriormente (2,61% contro 3,86%), nonostante un deterioramento generalizzato del merito creditizio”.

Il miglior profilo di rischio può poi tradursi in un maggior risparmio di capitale da parte degli istituti di credito: la media della ponderazione creditizia per le imprese virtuose è stata calcolata in 72,8% rispetto al 76,7% di chi non lo è, un differenziale che corrisponde a circa 390 basis point di risparmio di attività ponderate per il rischio, o Risk-Weighted Assets (RWA) per le banche a favore delle imprese circolari. Se le banche indirizzassero i loro finanziamenti a imprese con modelli di economia circolare registrerebbero un potenziale risparmio in termini di esposizione al rischio pari a circa 4 euro ogni 100 erogati, e 0,3 euro di capitale regolamentare.

Le imprese “circolari” sono meno indebitate e hanno inoltre maggiore marginalità operativa

Secondo i dati Eurostat, l’Italia è ben posizionata sia per la produttività delle risorse (nel 2023 ha generato ben 3,6 euro di Pil per ogni kg di risorse consumate, 50 centesimi in più di Francia e Spagna quasi 1,5 euro in più della media UE) sia per il tasso di utilizzo di materiali circolari, dove si posiziona al secondo posto in Europa dopo la Francia con un tasso di riciclo del 18,7% e ben al di sopra della media UE (11,5%). Inoltre, la quota di materiali riciclati e reimmessi nell’economia è aumentata costantemente negli ultimi dieci anni.

Tutto questo quali ricadute ha nei processi organizzativi delle imprese? Analizzando un campione di oltre 2.000 imprese non finanziarie con valutazione ESG effettuata da Cerved Rating Agency anche tramite dati forniti dagli stessi soggetti, emerge che chi adotta modelli di economia circolare ha in media uno score ESG olistico superiore di circa 20 punti rispetto a chi non li prevede (63,4 contro 43,9), superiorità che si mantiene, anche se con molto meno scarto, per chi è virtuoso “solo” sotto il profilo dell’intensità di rifiuti prodotti, o riciclati/recuperati, confermando che le imprese contraddistinte da pratiche di circolarità risultano, empiricamente, più sostenibili.

Questo produce benefici anche in termini finanziari: le imprese ‘circolari’, infatti, hanno una maggiore capacità di coprire la spesa per interessi passivi tramite il risultato operativo (EBIT interest coverage mediano 5,89x vs. 4,74x, pari a +24%) e generano più cassa – una volta e mezzo – da destinare all’investimento. Inoltre, risultano meno indebitate del 6% (PFN/EBITDA mediano 1,92x vs. 2,04x) e generano flussi di cassa più alti in rapporto all’indebitamento lordo (Free cash flow / Indebitamento lordo 6% vs. 2,9%).

Dati che trovano conferma anche considerando un orizzonte temporale pluriennale: le imprese che riutilizzano materiali e usano energia da fonti rinnovabili durante il ciclo produttivo sono risultate maggiormente resilienti in periodi di forte rialzo dei prezzi delle commodity, ad esempio riuscendo a contenere il rialzo dei costi operativi durante il triennio 2020-2022, con conseguenze positive in termini di marginalità operativa (EBITDA margin medio negli ultimi tre anni pari a 8,93%, +12% rispetto alle imprese poco virtuose).

Immagine di freepik

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