Cerved, Rapporto PMI: risultati in frenata nel 2023 e previsioni peggiorative per il prossimo biennio. Ma la PA può rappresentare un’opportunità di crescita
Cerved ha analizzato le caratteristiche delle imprese che hanno ottenuto appalti pubblici nel 2016-2022 per valutare gli impatti dell’aggiudicazione su crescita, lavoro, produttività e rischio: i risultati maggiori riguardano le imprese meno produttive (+17% di ricavi rispetto alle produttive) e meno rischiose (+18%), mentre peggiora la rischiosità per le imprese già in difficoltà finanziaria (+5,9%).
Nel 2022, 1,5 miliardi di euro sono andati a 1.000 aziende poi uscite dal mercato e 4,5 miliardi ad altre 3.000 che non sono cresciute. Al contrario, 14,4 miliardi hanno permesso a 10.000 società di migliorare le performance. Mignanelli: “Il Public Procurement è una leva importante di politica industriale per generare crescita, occupazione e competitività ma gli impatti non sono uguali per tutte le imprese. Dati, tecnologie, algoritmi e un approccio evidence based possono essere strumenti utili per evitare di allocare risorse pubbliche in modo inefficiente o per individuare le imprese su cui puntare”.
Il rapporto esamina l’inversione di tendenza dell’economia nel 2023 dopo la buona tenuta delle PMI nel 2022 (+6,1% di fatturato) e le previsioni non rosee per il 2024-25: dalle stime emergono livelli di rischio più alti (fino all’8,5% nello scenario più pessimistico), rallentamento nella crescita dei ricavi (da +2,2% nel 2023 a +1,5% di media nel 2024), contrazione del MOL, con impatti maggiori sulle imprese di costruzioni, energia e utility.
Dopo un 2022 ampiamente positivo per le PMI italiane (+6,1% di fatturato, +3,2% di valore aggiunto), benché non ai livelli del 2021, il 2023 ha portato con sé una decisa inversione di tendenza, causata tra l’altro dall’inflazione a livelli record, dai ripetuti rialzi dei tassi di interesse e dal nuovo conflitto in Medio Oriente. Lo confermano i dati diffusi da Cerved sulle chiusure e sulle abitudini di pagamento delle PMI, che hanno ripreso a crescere: per la prima volta dal 2019, infatti, sono aumentate in modo significativo (+33,3%) le piccole e medie imprese che hanno terminato l’attività, sia per fallimenti (+25,2%) che per liquidazioni in bonis (+36%), e, dopo i minimi storici del 2022, sono tornati a salire (3,2%) anche i ritardi di oltre due mesi nei pagamenti, o addirittura le insolvenze, arrivate al 10% a giugno scorso.
Quanto alle previsioni per il 2024-25, non lasciano ben sperare, soprattutto sotto il profilo del rischio: in base al Cerved Group Score Forward Looking, l’indice di rischio prospettico elaborato da Cerved, pur ipotizzando uno scenario base di stabilizzazione dei prezzi e rientro dei tassi nel 2024, le PMI in area di sicurezza scenderebbero al 37,3% dall’attuale 41% (erano il 42,2% nel 2022), mentre quelle rischiose salirebbero all’8% dal 7,1%; nello scenario più pessimistico, in cui gli elementi di criticità dovessero peggiorare, la quota di PMI a rischio toccherebbe l’8,5%, con un quinto delle aziende in area di vulnerabilità (oggi al 16,7%) e un’ulteriore riduzione (34,2%) di quelle sicure. La quota di debiti finanziari in capo a PMI a rischio passerebbe dal 7,6% al 9,9% nello scenario base e al 10,3% in quello peggiore (17% per le costruzioni, colpite dalla fine degli incentivi, che vedrebbero anche una contrazione dei ricavi: -1,8% nel 2023, -9% nel 2024, -3,6% nel 2025).
Sono alcuni dei dati contenuti nel Rapporto Cerved PMI 2023, lo strumento di analisi della condizione economico-finanziaria delle piccole e medie imprese italiane (ne esamina quasi 164.000, cioè il 18,3% delle società che hanno depositato un bilancio valido, con 4,7 milioni di addetti e un giro d’affari superiore ai 900 miliardi di euro) che da ben 10 anni la tech-company Cerved mette a disposizione di mercato e istituzioni per aiutarli a proteggersi dal rischio e a crescere in maniera sostenibile.
Sempre in base alle previsioni, nel triennio 2023-25 anche i fatturati reali delle PMI rallenteranno il ritmo di crescita rispetto al 2021-22 (+2,2% nel 2023, +1,5% nel 2024 e +1,8% nel 2025) e caleranno il margine operativo lordo (-0,6%) e il ROE (dal 13,2% del 2022 al 9,8%), con impatti particolarmente consistenti su costruzioni (-2,2%) ed energia e utility (dal 18,6% al 12,2%); in aggiunta, cresceranno i tassi di deterioramento del credito alle imprese (3,1% nel 2023, per la prima volta superiore al 2,9% del pre-Covid, e 3,8% nel 2024, il valore più alto dal 2016), per poi diminuire nel 2025.
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