Centro Studi Confindustria – L’onda lunga del rialzo dei tassi inizia a colpire anche il costo del credito per le imprese italiane: ai valori attuali +2,3 miliardi in un anno
La FED a inizio novembre ha alzato ancora il tasso ufficiale negli USA, al 4,00%, molto sopra il valore “neutrale” stimato al 2,50%, per abbassare l’inflazione. È il 6° rialzo consecutivo da inizio 2022, quando il tasso era a 0,25% e altri rialzi sono stati annunciati per i prossimi mesi.
La BCE sta seguendo il rialzo FED, con un ritardo di alcuni mesi ma un ritmo analogo (2,00% a ottobre, appena sotto il valore neutrale di 2,10%), nonostante l’inflazione europea dipenda in gran parte dal caro-energia, piuttosto che da una domanda surriscaldata. Nel mondo, i rialzi dei tassi sono già molti più di 150.
Il rendimento del BTP italiano ha riflesso i diffusi rialzi a livello internazionale, arrivando al 4,18% a novembre da 0,97% a fine 2021. Questo rialzo ha già iniziato a trasferirsi sui tassi pagati dalle imprese, che fino a settembre sono aumentati di quasi un punto (da 1,74% a 2,59% per le PMI) e sembrano destinati a salire molto di più. Ai valori attuali, considerando anche la quota di operazioni a tasso variabile dal 2020, si stima che il costo del credito per le imprese aumenterà di +2,3 miliardi in un anno, che rischiano di diventare +6,8 se seguirà pienamente il rialzo del BTP.