Case green: Unimpresa, spesa da 270 miliardi di euro per adeguare italia a direttiva Ue
È in arrivo un conto da 270 miliardi di euro per gli immobili italiani come conseguenza del via libera finale dell’Unione europea alla direttiva sulle case green. Su quasi 12,5 milioni di unità totali, sono oltre 7,6 milioni (61%) gli immobili italiani classificati nelle peggiori classi energetiche, ovvero F e G, quindi rientranti fra quelli che, sulla base delle nuove regole europee, dovranno essere riqualificati, con importanti investimenti a carico di famiglie e imprese. La spesa per ristrutturare tre abitazioni su cinque, quelle che non rispettano i parametri della direttiva Ue “green”, approvata oggi definitivamente dall’Ecofin, si attesta a circa 270 miliardi, calcolata considerando un investimento che oscilla, per ciascun immobile dai 20mila euro ai 55mila euro. È quanto calcola il Centro studi di Unimpresa, alla luce delle nuove regole battezzate Energy performance of buildings directive, secondo le quali entro il 2050 tutte le case d’Europa dovranno essere a impatto ambientale zero. «Questo provvedimento dimostra come l’Unione europea non guardi agli interessi complessivi, ma operi molto frequentemente sulla base di ideologie. Col risultato che alcuni paesi risultano avvantaggiati e altri, come l’Italia, ma anche la Spagna, la Grecia e il Portogallo, arrancano e pagano un conto molto salato» commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. «Serve un ripensamento, serve soprattutto determinazione da parte dei partiti italiani e di quelli che rappresentano i paesi europei più danneggiati dalle nuove norme. I governi hanno due anni di tempo per attuare nei rispettivi ordinamenti questa follia normativa dell’Ue e a giugno si insedierà, dopo le elezioni, il nuovo Parlamento europeo. Esiste lo spazio teorico, dunque, ma va riempito con la volontà politica, di cambiare le regole perché stavolta si corre il rischio di danneggiare seriamente l’economia italiana» aggiunge Ferrara.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, il patrimonio immobiliare italiano, per buona parte costruito prima della Seconda guerra mondiale, è composto di 12.498.596 unità: di queste solo 137.814 (l’1,1%) del totale appartiene alla classe energetica migliore cioè la A4; nella classe A3 rientrano 138.103 immobili (1,1%), mentre nella A2 sono 176.377 (1,4%) e nella A1 225.671 (1,8%). Altri 287.994 (2,3%) sono in classe B, 522.901 (4,2%) sono nella categoria C. Si passa poi alla fascia D che contempla 1.269.155 (10,2%) abitazioni, mentre in classe E ne figurano 2.118.057 (16,9%). La maggior parte degli immobili italiani appartiene alle categorie peggiori, ovvero F e G, rispettivamente con 3.157.942 (25,3%) unità e con 4.464.582 (35,7%) unità. In sostanza, 7.622.524 abitazioni pari al 61% del totale cioè tre su cinque. In linea con la direttiva approvata ieri, gli Stati dovranno ridurre i consumi di energia di: abitazioni (-16% entro 2030 e -22% entro 2035), edifici pubblici (-16% entro il 2030 e -26% entro il 2028), nuovi immobili: zero emissioni dal 2030 (tutti con pannelli fotovoltaici), arrivando a una piena riqualificazione energetica di tutti gli immobili entro il 2050. Un piano che potrebbe comportare una spesa media per ciascun immobile di circa 35.000 euro. La forchetta varia da 20.000 euro a 55.000 euro, ragion per cui si può stimare, in via prudenziale, una spesa complessiva a carico dei privati pari a 266,7 miliardi di euro nei prossimi 20 anni circa.
Più nel dettaglio, la direttiva europea “case green” prevede che gli Stati membri riducano il consumo di energia degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Il 55% di questa riduzione dovrà essere ottenuta tramite la ristrutturazione del 43% degli immobili con le prestazioni peggiori. Saranno i singoli Paesi a definire nei piani nazionali come intendono raggiungere questo obiettivo. Inoltre, tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere a emissioni zero dal 2030.Per raggiungere questi obiettivi, la direttiva europea “case green” definisce un quadro comune generale della metodologia per il calcolo della prestazione energetica integrata degli edifici e delle unità immobiliari e l’applicazione di requisiti minimi di prestazione energetica di edifici e unità immobiliari di nuova costruzione ed esistenti.Dagli interventi sono esclusi alcuni immobili e in particolare: edifici vincolati e protetti, immobili storici, edifici temporanei, chiese, abitazioni indipendenti con superficie inferiore a 50 metri quadrati, case vacanza, ovvero le seconde case occupate per meno di 4 mesi/anno; è inoltre prevista anche la possibilità di esentare l’edilizia sociale pubblica, qualora i lavori di riqualificazione farebbero aumentare gli affitti in modo sproporzionato, rispetto al risparmio conseguibili nelle bollette energetiche. La direttiva al momento non prevede sanzioni particolari per coloro che non adeguano i loro immobili ai nuovi standard entro i tempi stabiliti e non sono previste limitazioni alla vendita o all’affitto delle abitazioni per coloro che non possiedono il bollino verde dell’Unione Europea. Tuttavia, spetta ai singoli governi nazionali decidere quali sanzioni applicare, oltre alla perdita automatica di valore degli immobili non conformi alle normative.