Carbon Footprint: come abbattere le emissioni di CO2
Neutralità carbonica entro il 2050: questo il target imposto dall’Unione europea per i suoi Paesi membri. Un obiettivo sfidante e quanto mai necessario considerato l’evolversi della crisi climatica su scala globale. Dell’urgenza di pianificare delle azioni concrete per la riduzione delle emissioni climalteranti, ci parla la IEA nel suo ultimo report. Secondo lo studio CO2 emission in 2022, pubblicato, a marzo, nonostante lo scorso anno l’aumento delle emissioni sia stato di gran lunga inferiore rispetto al 2021 (oltre il 6%), il trend in atto rende l’obiettivo di neutralità, comunque, molto complesso da raggiungere. Le emissioni globali di anidride carbonica legate all’energia, nel 2022, sono aumentate solo dello 0,9% grazie ad un maggior utilizzo delle fonti energetiche green che hanno permesso di risparmiare 550 milioni di emissioni di gas serra. Un dato tutto sommato positivo ma che, se incrociato con gli ultimi dati dell’AR6 Synthesis Report pubblicato dall’IPCC, evidenzia la gravità della situazione e i rischi che corriamo se non acceleriamo il processo di transizione. Andando nel dettaglio, dallo studio emerge che nel 2022 le emissioni globali di CO2 legate all’energia hanno raggiunto un nuovo massimo superiore alle 36,8 miliardi di tonnellate. Un aumento, comunque, significativamente più lento rispetto alla crescita economica globale pari al 3,2%, segnalando un ritorno a una tendenza decennale che era stata interrotta, nel 2021, dal rapido rimbalzo economico post pandemia ad alta intensità di emissioni. È lo stesso direttore della IEA, Faith Birol, a ricordarci quanto le energie rinnovabili e le tecnologie per l’efficienza energetica siano state fondamentali per la riduzione delle emissioni: senza il loro apporto, la crescita emissiva sarebbe stata tre volte superiore. Al contempo, però, continuano ad aumentare le emissioni da combustibili fossili: questo è il gap da colmare per evitare l’overshoot profilato dall’IPCC. Con i consumi attuali, l’aumento della temperatura media globale potrebbe raggiungere i 3,5°C: un rischio da non sottovalutare viste le possibili ripercussioni drammatiche su scala globale. Urge un cambiamento radicale di visione economica globale. Un piano di revisione, in chiave sostenibile, delle strategie produttive. A livello europeo, questo sviluppo programmatico è ben inquadrato dal pacchetto “Fit for 55”, una serie di proposte legislative volte a ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell’UE di almeno il 55% entro il 2030. Il piano fornisce un quadro coerente ed equilibrato per il raggiungimento degli obiettivi climatici dell’UE, in grado di:
- garantire una transizione giusta e socialmente equa;
- mantenere e rafforzare l’innovazione e la competitività dell’industria dell’UE, assicurando, nel contempo, parità di condizioni rispetto agli operatori economici dei paesi terzi;
- sostenere la posizione leader dell’UE nella lotta globale contro i cambiamenti climatici.
Un pacchetto di misure in cui rientra la più recente revisione della direttiva EPBD sull’efficienza energetica degli edifici. Perché se c’è un dato chiaro che emerge dai più recenti report di analisi dei dati ambientali è quello relativo alla responsabilità, comune e collettiva, di tutti. Governi, imprese e cittadini: siamo tutti coinvolti, siamo tutti chiamati ad agire. E la revisione della direttiva sulle Case green va in questa direzione: coinvolgere uno dei settori a più alta incidenza di rilascio emissivo. Basti pensare che gli edifici sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni di gas serra nell’Unione europea. Dato che ci dà la misura della necessità di intervenire sul parco immobiliare dei diversi Paesi dell’UE per darci degli obiettivi comuni di efficienza energetica e riduzione delle emissioni. Ovviamente, secondo degli scenari realistici di intervento che considerino le specificità territoriali oltre a prevedere sistemi incentivanti soprattutto a sostegno delle fasce più svantaggiate.
Se si guarda al mondo imprenditoriale, sono diverse le azioni che possono essere messe in atto dalle aziende per ridurre le emissioni di CO2 trasformando il proprio modello economico e produttivo in un modello sostenibile e circolare, anche attraverso azioni mirate per diventare carbon neutral, tra cui:
- la misurazione della propria carbon footprint che prevede l’analisi e la valutazione delle emissioni di gas a effetto serra (GHG) generate dalle attività produttive;
- la riduzione dell’impatto ambientale attraverso l’implementazione di soluzioni tecnologiche per l’efficienza energetica e/o la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili;
- l’adesione a progetti per la compensazione delle emissioni residue emesse certificati VER o Gold Standard, o infine l’acquisto di crediti di carbonio sul mercato EU-ETS.
Soluzioni che, come ci ricorda l’IPCC nel suo report, sono assolutamente fattibili oltre ad essere economicamente vantaggiose. Basti pensare che il costo delle energie rinnovabili è sceso all’85% nell’ultimo decennio. Non a caso, il più recente Green Deal Industrial Plan dell’UE è nato proprio per sostenere le industrie nell’implementazione di modelli produttivi sostenibili ed efficienti che possano favorirne la competitività. Il piano va ad incentivare la creazione di filiere produttive in linea con gli obiettivi di sicurezza climatica al 2050. Una prospettiva che mette al centro il binomio competitività produttiva e sostenibilità. Un aspetto non da poco perché rimarca la necessità di costruire un modello economico basato sui principi del green respect: solo così è possibile costruire un’economia solida e resiliente. Un traguardo di consapevolezza a beneficio di tutti.
CEO di save NRG, azienda italiana che accompagna imprese e privati nei processi di transizione energetica e decarbonizzazione