Bce: Unimpresa, entro fine anno tre tagli tassi e costo denaro a 3,50-3,75%
La riunione della Fed in programma mercoledì prossimo potrebbe auspicabilmente dare il via alla riduzione dei tassi d’interesse: arriverebbe, quindi, dalla sponda occidentale dell’Atlantico una autorevole indicazione di politica monetaria che la Banca centrale europea si appresterebbe a seguire, come ormai prassi consolidata, in questo asse di ferro tra Stati Uniti e Unione europea. Dollaro ed euro viaggiano di pari passo anche se i fondamentali economici delle due aree restano profondamente diversi. In ogni caso, è improbabile che la Bce riduca il costo del denaro prima della riunione di giugno. Entro fine anno il tasso base nell’area euro potrebbe arrivare, con tre ribassi, al 3,50-3,75%. È quanto rileva il Centro studi di Unimpresa, secondo cui le divergenze di vedute nel consiglio direttivo della Banca centrale europea hanno reso impossibile, finora, una decisione volta a rendere più accomodante la politica monetaria, che dunque non arriverà prima di giugno. In quella occasione il tasso d’interesse dovrebbe essere ridotto di 50 punti base, mentre altri 50 o 75 punti potrebbero essere tagliati con due successive delibere entro il 31 dicembre 2024, portandolo fino al 3,50%. Nel corso del 2025, invece, la riduzione potrebbe procedere più spedita e, se l’inflazione tornerà attorno al 2%, anche il costo del denaro sarebbe portato attorno a quel livello.
La politica monetaria ha portato a una pesante restrizione del credito bancario sia verso le imprese sia verso le famiglie. Sui cruscotti delle aziende, in particolare, si stanno accendendo alcune spie di crisi, attivate dal costo del denaro portato al 4,5%: sono aumentate di oltre 1 miliardo di euro, infatti, le rate dei prestiti non pagate e lo stock dei finanziamenti si è ridotto di oltre 30 miliardi. Da gennaio 2023 a gennaio 2024, le sofferenze bancarie riconducibili alle imprese sono cresciute di quasi il 7%, salendo da 17 miliardi e 300 milioni a 18 miliardi e mezzo, segnale di difficoltà, da parte della clientela, a gestire l’indebitamento finanziario con i tassi in aumento. Nel periodo in esame, inoltre, sono crollati di 43 miliardi, a un ritmo superiore a 3 miliardi al mese, i prestiti bancari destinati alle imprese e alle famiglie; e sono salite di oltre il 16% le sofferenze nette degli istituti di credito. Calano i mutui, con una discesa di quasi 3 miliardi (-0,64%), e scendono anche i prestiti personali, in diminuzione di oltre 14 miliardi (-10%); mentre continua a salire il credito al consumo, che ha registrato una variazione positiva vicina ai 5 miliardi (+4%). Il totale dei finanziamenti è passato da 1.329 miliardi a 1.283 miliardi. al netto delle cartolarizzazioni, nell’ultimo anno gli impieghi delle banche ai privati sono crollati di 49,1 miliardi (-3,25%), calando dai 1.325,9 miliardi di gennaio 2023 ai 1.282,9 miliardi di gennaio 2024. Più nel dettaglio, i prestiti destinati alle aziende sono passati dai 645,4 miliardi di gennaio 2023 ai 614,6 miliardi di gennaio scorso, con una diminuzione di 30,8 miliardi (-4,77%). Sono fortemente diminuiti sia i finanziamenti a breve termine (fino a 1 anno di durata), passati da 144,4 miliardi a 138,5 miliardi in calo di 5,9 miliardi (-4,10%), sia quelli di lungo periodo (con scadenza superiori a 5 anni), passati da 345,4 miliardi a 320,7 miliardi in discesa di 24,7 miliardi (-7,16%). Fermo il credito di medio periodo (fino a 5 anni), calato di soli 153 milioni (-0,10%) da 155,5 miliardi a 155,3 miliardi.
Sul fronte delle famiglie, si registra un calo del credito, nell’anno osservato, di 12,2 miliardi (-1,80%) da 680,5 miliardi a 668,3 miliardi. La diminuzione è legata principalmente all’andamento fortemente negativo dei prestiti personali, calati di 14,3 miliardi (-10,49%) da 138,1 miliardi a 123,8 miliardi. Cresce, invece, il credito al consumo, seppur a un ritmo nettamente inferiore rispetto agli scorsi anni: l’aumento è di 4,8 miliardi (+4,20%), da 116,1 miliardi a 120,9 miliardi. Cala il mercato dei mutui, con lo stock che è passato da 426,2 miliardi a 423,5 miliardi con una variazione negativa di 2,7 miliardi in 12 mesi (-0,64%): la caduta dei prestiti per la casa comporta ricadute su molti altri comparti, non solo per quanto riguarda le compravendite di immobili, ma anche per settori come l’edilizia, la produzione e vendita di mobili e arredamenti, i trasporti e altri servizi connessi. Le sofferenze nette delle banche, quelle non coperte da garanzie reali, sono complessivamente aumentate di 2,1 miliardi (+14,18%), da 15,3 miliardi a 17,5 miliardi, mentre sono calate di 144 milioni (-0,47%) le sofferenze lorde, passando da 30,3 miliardi di gennaio 2023 a 30,2 miliardi di gennaio 2024. In generale, sono diminuite, su base annua, le sofferenze di quasi tutte le categorie di clientela: quelle delle famiglie sono scese di 1 miliardo (-10,55%), da 9,6 miliardi a 8,6 miliardi; quelle delle imprese familiari sono diminuite di 252 milioni (-11,48%), da 2,1 miliardi a 1,9 miliardi; in discesa anche quelle riferibili a pubblica amministrazione, fondi, assicurazioni e onlus, passate da 1 miliardo e 203 milioni a 1 miliardo e 137 milioni con una variazione negativa di 66 milioni (-5,49%). I crediti deteriorati riconducibili alle aziende, invece, sono cresciuti di 1,1 miliardi (+6,87%), da 17,3 miliardi a 18,5 miliardi. Il rapporto tra le sofferenze nette e il totale degli impieghi al settore privato è peggiorato, passando dall’1,16% all’1,36%. Anche il rapporto tra le sofferenze lorde e il totale degli impieghi al settore privato è peggiorato, passando dal 2,29% al 2,36%.