Banche, Unimpresa: risalgono a 18 miliardi le sofferenze, famiglie in difficoltà con le rate dei prestiti
Allarme sofferenze bancarie: dopo un lungo periodo di “pulizia” dei bilanci, il credito ammalorato delle banche è tornato a salire. Le sofferenze nette sono cresciute progressivamente negli ultimi mesi: 15,3 miliardi a settembre, a 16,7 miliardi a ottobre, a 17,6 miliardi a novembre e 18,1 miliardi a febbraio 2022. Una preoccupante inversione di tendenza che sembra essere causata soprattutto dalle difficoltà delle famiglie: le rate non pagate sono aumentate, negli ultimi 12 mesi, di 814 milioni (+7%) arrivando oltre quota 12 miliardi. E contemporaneamente è credit crunch per le imprese: negli ultimi 12 mesi sono diminuiti di oltre 5 miliardi di euro i prestiti alle aziende italiane. Da febbraio 2021 a febbraio 2022, lo stock degli impieghi delle banche verso le imprese è calato da 668,2 miliardi a 662,7 miliardi con una contrazione che sfiora l’1%. Questi i dati principali del rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale nell’ultimo anno va decisamente meglio sul versante dei finanziamenti alle famiglie, saliti di 18,6 miliardi (+2%), da 641,6 a 660,3 miliardi, trainati dalla crescita dei mutui, aumentati di oltre 17 miliardi (+4%). «Si sta creando una preoccupante situazione che potrebbe essere aggravata dalla scadenza delle misure sulle garanzie di Stato. Per le imprese ci sarà una clamorosa emergenza liquidità. Le banche hanno approfittato delle misure di sostegno pubblico soprattutto all’inizio della pandemia, sostituendo vecchie linee di credito erogate con poche garanzie, con nuovi finanziamenti coperti da Mcc e Sace. Il solito giochetto che porta a socializzare le perdite e privatizzare i profitti» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. «Una pesante situazione si intravede anche per quanto riguarda le famiglie, per le quali si va delineando un preoccupante scenario di dissesto, con le banche che, proseguendo a gonfiare la bolla immobiliare, hanno enormi responsabilità sul sovraindebitamento dei cittadini» aggiunge Spadafora
Secondo il rapporto del Centro studi di Unimpresa, per quanto riguarda le imprese, sono in ripresa i finanziamenti di lungo periodo (oltre 5 anni), saliti di 5,6 miliardi (+1,60%), passando da 354,3 miliardi a 360,1 miliardi, mentre quelli di medio periodo (fino a 5 anni) sono calati di 14,1 miliardi (-8,44%), da 166,9 miliardi a 152,8 miliardi e si è registrata una lieve crescita di 2,9 miliardi (+1,98%) di quelli a breve periodo (fino a 1 anno), saliti da 146,9 miliardi di febbraio 2021 a 149,8 miliardi di febbraio 2022. In totale, lo stock di impieghi alle aziende è sceso di 5,5 miliardi (-0,83%) passando da 668,2 miliardi a 662,7 miliardi. Tale andamento è in netta controtendenza rispetto a quanto osservato tra settembre 2019 e settembre 2020, periodo nel quale i finanziamenti bancari alle imprese – sostenuti dalle garanzie statali introdotti con i vari decreti approvati per far fronte all’emergenza Covid – erano aumentati di 60 miliardi, con una variazione positiva del 13%. «Questo tipo di lettura non viene condiviso dalle associazioni delle banche, che, tuttavia, si limitano a fornire il solo dato relativo alla variazione percentuale, sostenendo che il calo dello stock sarebbe legato anche alle cartolarizzazioni e altre cessioni di crediti deteriorati: si tratta di una impostazione che, tuttavia, allo stato, consente di scattare una fotografia parziale rispetto alla dinamica degli impieghi e che, pertanto, potrà eventualmente essere presa in considerazione, soltanto quando sarà eventualmente fornita la più ampia informazione su queste operazioni. Ciò al fine di mettere a disposizione dell’opinione pubblica un confronto omogeneo fra statistiche comparabili, evitando di offrire una ridda di numeri poco utile» osservano gli analisti del Centro studi di Unimpresa.
Diverso l’andamento registrato, negli ultimi 12 mesi, sul versante dei finanziamenti alle famiglie: in totale, lo stock di impieghi è salito di 23,2 miliardi (+3,62%), passando da 642,1 miliardi a 665,2 miliardi. La crescita è legata prevalentemente all’incremento dei mutui casa per 18,4 miliardi (+4,69%), saliti da 393,4 miliardi a 411,8 miliardi. Positivo, ma con meno enfasi, invece, l’andamento del credito al consumo: più 1,5 miliardi, in crescita dell’1,45% da 109,4 miliardi a 111,1 miliardi. Lieve incremento anche per i prestiti personali: più 3,2 miliardi, in crescita del 2,31% da 139,1 miliardi a 142,2 miliardi). Complessivamente, il totale dei prestiti bancari al settore privato è salito di 17,7 miliardi (+1,35%), dai 1.310,3 miliardi di febbraio 2021 ai 1.328,1 miliardi di febbraio 2022.
Prosegue la pulizia dei bilanci bancari dal credito ammalorato, ma va segnalata una preoccupante inversione di tendenza. Il totale delle sofferenze, nell’ultimo anno, è diminuito di 10,1 miliardi (-19,32%), da 51,9 miliardi di febbraio 2021 a 41,9 miliardi di febbraio 2022. Le rate non pagate dalle aziende sono scese di 8,9 miliardi (-26,75%) da 33,5 miliardi a 24,5 miliardi; quelle non pagate dalle famiglie sono salite di 814 milioni (+7,04%), da 11,5 miliardi a 12,3 miliardi; gli “arretrati” delle imprese familiari, poi, sono scesi di 1,3 miliardi (-30,92%), da 4,4 miliardi a 3,1 miliardi; mentre le altre sofferenze (pubblica amministrazione, onlus, assicurazioni e fondi) sono lievemente calate di 516 milioni (-21,05%), da 2,4 miliardi a 1,9 miliardi. Si segnala, tuttavia, un elemento di criticità. Su base annua, le sofferenze nette (ovvero quelle non coperte da garanzie reali), sono calate di 1,9 miliardi (-9,29%), da 20,1 miliardi di febbraio 2021 a 18,1 miliardi di febbraio 2022. Il ritmo tendenziale, però, mostra un andamento crescente, considerando che a settembre le sofferenze nette si sono attestate a quota 15,3 miliardi e poi sono progressivamente cresciute, a 16,7 miliardi a ottobre, a 17,6 miliardi a novembre e 18,1 miliardi a febbraio 2022: sull’inversione di tendenza sembra avere una incidenza rilevante la crescita del credito “malato” legato alle famiglie, probabilmente più in difficoltà dopo due anni di pandemia. Nell’ultimo anno, il rapporto tra sofferenze e prestiti è migliorato, passando dal 3,96% al 3,16% (dall’1,54% all’1,36% considerando le sole sofferenze nette).