Automazione industriale e robotica: un mondo ancora al maschile?
- Gli ultimi dati europei di Eurostat hanno mostrato che, nel 2021, le donne rappresentavano solo il 21% degli scienziati e degli ingegneri nel settore manifatturiero (https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostat-news/-/ddn-20230210-1)
- Nel 2022, l’analisi McKinsey ed Eightfold AI della forza lavoro europea ha rilevato che le donne occupavano solo il 22% di tutti i ruoli tecnologici nelle imprese europee (https://www.mckinsey.com/capabilities/mckinsey-digital/our-insights/women-in-tech-the-best-bet-to-solve-europes-talent-shortage)
- Anche nei ruoli dirigenziali, nel 2023, le donne hanno ricoperto solo il 24% circa dei ruoli di leadership nel settore tecnologico (https://www.womentech.net/women-in-tech-to-watch)
- Il Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum ha rivelato che l’Italia si posiziona al 79° posto, su 146 Paesi a livello mondiale, per quanto riguarda la parità di genere, perdendo posizioni rispetto agli anni precedenti. Il divario di genere è ancora più evidente quando si parla di professioni tecnico-scientifiche. Secondo l’ISTAT, meno del 40% delle laureate si concentra nelle discipline STEM.
Le cifre non mentono. Ci sono ancora troppe poche donne nel settore dell’automazione e nei ruoli STEM in generale.
“Incoraggiare un maggior numero di donne a perseguire carriere nell’automazione è importante a molti livelli. L’automazione è essenziale per affrontare le sfide della società, dove contributi ed esperienze diversificati possono stimolare un pensiero più innovativo. È fondamentale che le ragazze intraprendano carriere accademiche e professionali nelle materie STEM. Come? Cambiando il modo in cui le professioni tecniche e scientifiche vengono raccontate. E diffondendo la cultura delle STEM. Le donne sono determinate nella ricerca delle soluzioni; lo abbiamo sperimentato anche in fase Covid, durante la quale hanno saputo gestire tematiche in urgenza con capacità organizzative e di problem solving incredibili. È una specificità nell’ingegno femminile, che non si deve assolutamente disperdere”, dichiara Chiara Rovetta, Field Communication Manager di OMRON Italia. “Gli studi hanno anche rilevato che, quando le imprese promuovono la parità di genere, hanno una forza lavoro più motivata e produttiva. Molto si può e si deve ancora fare a livello di policy e di welfare. Ci sono pregiudizi da smontare, modelli positivi da valorizzare e alleanze virtuose da creare. La parola d’ordine è: incoraggiare”.
Nell’attuale contesto di carenza di manodopera qualificata, è più importante che mai attirare più talenti femminili affinché intraprendano una carriera nell’automazione. Colmando infatti il divario di genere, il settore potrebbe sopperire alla sua carenza di talenti.
Ma cosa bisogna fare per incoraggiare un maggior numero di donne a lavorare nel settore dell’automazione? Si tratta di un problema difficile da risolvere e purtroppo non esiste una formula magica. Tuttavia, alcuni interventi basati su un approccio strategico al mentoring, alla riconsiderazione delle strategie di reclutamento e all’impegno STEM possono spostare l’ago della bilancia.
Coinvolgimento fin dalla giovane età
“Per me l’opportunità inizia a livello di scuola primaria e secondaria. Come comunità dobbiamo ispirare e incoraggiare i più giovani, indipendentemente dal sesso e dal background, dimostrando loro che l’automazione è un campo affascinante in cui costruire una carriera gratificante”, afferma Philippa Glover, membro del Senior Leadership Team di OMRON per Regno Unito e Irlanda.
“Come comunità siamo chiamati a un maggiore impegno verso i giovani, realizzando iniziative che permettano loro di entrare in contatto con il mondo STEM e nuovi modelli che possono ambire a diventare. Quando riconoscono il ruolo che l’automazione svolge nella vita di tutti i giorni, sono più propensi a considerarla una carriera futura”, aggiunge.
OMRON UK ha un programma STEM attivo, che prevede un contatto diretto con le scuole. Nell’ambito delle iniziative bidirezionali, i giovani visitano la fabbrica di OMRON mentre l’azienda porta le attrezzature nelle scuole, consentendo agli studenti di toccare con mano la robotica e farsi un’idea di ciò che l’automazione comporta.
“Come risultato delle interazioni, abbiamo visto giovani ragazze affermare che l’ingegneria potrebbe essere adatta a loro. In questa fase della vita, i bambini spesso seguono percorsi di crescita che si ispirano a dei modelli di riferimento, quindi occorre incoraggiarli fornendo loro questi riferimenti”, afferma Philippa.
Man mano che crescono, tuttavia, i giovani sono più suscettibili alla pressione sociale ed è in questa fase che il settore deve lavorare per dissipare convinzioni errate sul fatto che l’ingegneria sia per soli ragazzi, secondo Philippa.
Modificare le percezioni per evitare l’abbandono
L’importanza dell’intervento nelle diverse fasi dello sviluppo è confermata dalla ricerca. Analisi recenti di McKinsey ed Eightfold AI hanno rilevato che una significativa diminuzione della percentuale di donne impegnate in discipline STEM avviene in due fasi: durante il passaggio dall’istruzione secondaria all’università e dall’università al mondo del lavoro.
Gli studi citano due ragioni principali per questo fenomeno. La prima è che le ragazze delle scuole secondarie ricevono un sostegno significativamente inferiore rispetto ai ragazzi per intraprendere carriere STEM. In secondo luogo, alcune ricerche suggeriscono che alle ragazze venga trasmessa l’idea di non essere brave nelle materie STEM.
“Dobbiamo cambiare queste percezioni”, dice Philippa. “Cerco, laddove possibile, di formare e guidare gli altri. Il coinvolgimento nelle discipline STEM è davvero importante, così come l’accesso a modelli di ruolo senior”.
Continua: “Ho un mantra: ‘se puoi vederlo, puoi esserlo’. Negli ultimi anni sono stata positivamente incoraggiata a rendermi visibile e a porre in rilievo il mio contributo e il lavoro che svolgo, nella speranza che questo sia di ispirazione. Sono una convinta sostenitrice dell’alleanza e del supporto reciproco; ho un fantastico gruppo di colleghi dirigenti, composto sia uomini sia da donne, che mi ha supportata, sostenuta e, cosa ancora più importante, stimolata a raggiungere il punto in cui mi trovo ora e che continuerà a farlo per far sì che io possa esprimere il mio potenziale e costruire una carriera gratificante e di successo”.
Pensare fuori dagli schemi
Un altro modo per aumentare la presenza femminile nel settore dell’automazione è assumere donne provenienti da pool inesplorati e formarle nella tecnologia. Ciò potrebbe anche aiutare le organizzazioni a migliorare le proprie competenze nelle aree di cui si prevede una crescita importante nei prossimi anni, man mano che il settore manifatturiero accelera l’adozione delle tecnologie digitali.
Philippa afferma: “Il pool di talenti per i lavori del settore manifatturiero, ingegneristico e dell’automazione è stato tradizionalmente dominato dagli uomini. Bisogna chiedersi se ciò possa dipendere dal fatto di attingere sempre dagli stessi bacini di provenienza. Ci stiamo impegnando a identificare realmente le competenze di cui abbiamo bisogno e a riflettere su dove possiamo trovare quel talento?”.
Anziché basare la scelta sull’analisi di candidati con le solite qualifiche ingegneristiche, Philippa sostiene l’adozione di un nuovo approccio che potrebbe spostare la ricerca al di fuori del perimetro tradizionale.
“L’importante non è necessariamente la conoscenza della tecnologia, ma il modo in cui si pensa, e queste competenze si possono trovare in molti posti diversi. Spesso, all’interno delle organizzazioni, le persone cercano di individuare queste competenze, mentre sarebbe meglio fare un passo indietro e pensare a come poter ottenere una diversità di pensiero”.
Nuovi modelli di lavoro promuovono la parità
Man mano che i datori di lavoro adottano pratiche più flessibili, alcuni degli ostacoli pratici che hanno storicamente impedito alle donne di assumere ruoli più importanti possono infine venire rimossi.
Iris Brem, Team Lead per IPC, HMI & Robotics presso lo stabilimento OMRON nei Paesi Bassi, è di questo parere: “Una settimana lavorativa di 40 ore è molto meno comune di quanto non fosse in passato poiché le persone cercano di stabilire un migliore equilibrio tra vita lavorativa e vita privata. Inoltre, la cura dei figli viene ripartita in modo più equo tra i genitori e le aziende sono più predisposte a contemplare modalità di lavoro ibrido e part-time. Con questi cambiamenti, penso che dovremmo essere in grado di invertire la tendenza che vede troppe poche donne crescere professionalmente nel settore della tecnologia”.