ASSEMBLEA CONFARTIGIANATO 2024 – Danni di guerra e fisco-zavorra sulle imprese italiane. Cresce la carenza di manodopera
Il conflitto russo-ucraino, dal 2022 ad oggi, è costato alle imprese italiane 155,1 miliardi di euro. Ai 13,4 miliardi di mancate esportazioni verso Russia e Ucraina si sommano la perdita di 18,4 miliardi di export verso la Germania, 78,9 miliardi di maggiori costi per l’acquisto di energia dall’estero e 44,3 miliardi di maggiori oneri finanziari a causa dell’aumento dei tassi d’interesse per contrastare l’inflazione. In prospettiva, il protrarsi della crisi in Medio Oriente potrebbe determinare uno shock sui prezzi energetici con un impatto recessivo sul PIL dell’Italia per 18,8 miliardi di euro nel biennio 2025-2026.
L’impatto economico dei conflitti in corso è calcolato nel rapporto dell’Ufficio studi di Confartigianato presentato oggi all’Assemblea della Confederazione e che fotografa oneri e ostacoli sulle aziende italiane, in particolare sui 4,6 milioni di piccole imprese che danno lavoro a 11,4 milioni di addetti.
A cominciare dalla pressione fiscale che nel 2023 fa registrare 36,6 miliardi di maggiore tassazione su cittadini e imprese italiani rispetto all’Eurozona, pari a 620 euro pro capite in più.
Al peso del fisco si aggiunge la batosta del caro-bollette: nel biennio 2022-2023 le piccole imprese italiane hanno pagato l’energia elettrica 11,8 miliardi in più rispetto alla media dei Paesi dell’Unione economica e monetaria.
Non va meglio sul fronte della burocrazia: il 73% degli imprenditori italiani lamenta la complessità delle procedure amministrative, sette punti in più del 66% della media Ue. Inoltre, il 78% degli imprenditori si sente ostacolato dai continui cambiamenti legislativi, ben 14 punti percentuali in più rispetto al 64% della media Ue.
A complicare la vita degli imprenditori è anche la carenza di manodopera. Un fenomeno in costante crescita visto che, a novembre, le aziende di manifattura e servizi lamentano difficoltà a reperire il 47,9% del personale necessario (pari a 204.790 lavoratori), 2,8 punti percentuali in più rispetto al 45,1% del 2023. E mentre le aziende cercano lavoratori, i giovani non cercano lavoro. Secondo il rapporto di Confartigianato i giovani inattivi tra 25 e 34 anni sono 1.495.000, un numero che assegna all’Italia il primato negativo nell’Unione europea con un tasso del 24,2%, a fronte del 14,1% della media Ue.
Superiore al resto d’Europa anche il cuneo fiscale sul lavoro. In Italia è pari al 45,1%, 3,5 punti in più rispetto al 41,6% della media dei 22 paesi avanzati membri dell’UE e 10,3 punti in più rispetto alla media dei paesi Ocse.