Allianz Trade: “Liberation Day” e ritorno al protezionismo

Allianz Trade, il leader mondiale dell’assicurazione del credito, ha aggiornato le stime di crescita del Pil globale e del commercio internazionale, a seguito dell’improvviso cambio di rotta degli Stati Uniti che entrerà in vigore il 9 aprile.

Le nuove misure tariffarie – annunciate dal Presidente Trump sotto il nome di “Liberation Day” – rappresentano un ritorno al protezionismo su scala globale, con effetti rilevanti per il commercio internazionale, per i mercati finanziari e, in generale, per le prospettive economiche globali.

Con l’introduzione di un dazio minimo del 10% su tutte le importazioni e altri aumenti ben più significativi in oltre 50 Paesi, la tariffa media di importazione statunitense sale al 20,6%, un livello che non si registrava dal 1890. La Cina risulta il Paese più colpito, con dazi complessivi del 59%, ma l’impatto riguarderà tutto il Sud-est asiatico (Vietnam, India, Thailandia, Taiwan) e coinvolgerà anche l’Unione Europea, che vedrà crescere i dazi medi di importazione fino al 13,3%.

Ritorsioni e strategie divergenti: le reazioni internazionali

L’impatto geopolitico di queste misure è immediato. La Cina ha già annunciato una contro-mossa tariffaria, con dazi aggiuntivi su beni statunitensi pari a 34 punti percentuali, colpendo potenzialmente circa 64 miliardi di dollari di esportazioni USA.

L’Unione Europea adotta un approccio più cauto e non ha ancora annunciato contromisure. Settori strategici come quello farmaceutico e quello dei macchinari e delle attrezzature rimangono i più esposti ai dazi commerciali. Altri Paesi, come India, Vietnam e Israele, sembrano invece intenzionati a cogliere l’opportunità per rafforzare i legami commerciali con gli Stati Uniti, anche attraverso nuove concessioni o negoziati bilaterali.

Conseguenze economiche globali: un freno alla crescita

Secondo le stime aggiornate di Allianz Trade, il nuovo scenario tariffario avrà effetti rilevanti sull’economia globale:

  • La crescita mondiale nel 2025 rallenterà all’1,9%, vale a dire il ritmo di crescita più lento dalla crisi finanziaria del 2008.
  • Il commercio globale entrerà in una fase di contrazione, con un calo dello 0,5% in volume.
  • L’economia statunitense subirà una frenata nei prossimi trimestri, con una contrazione del PIL stimata a -0,5% tra aprile e settembre 2025, e una crescita annuale dello 0,8%.
  • L’inflazione USA tornerà a salire, fino al 4,3% entro l’estate, a causa del rincaro dei beni importati.
  • Le Banche centralisaranno in difficoltà: Fed e BCE potrebbero ridurre maggiormente i tassi, anche se negli Stati Uniti si dovranno fronteggiare crescenti rischi inflazionistici.

La Cina, invece, potrebbe rispondere con nuovi stimoli fiscali (fino a 800 miliardi di RMB) per sostenere la domanda interna e mantenere una crescita annua intorno al 4,6%. Nuove minacce tariffarie complicano però le prospettive.

E il Made in Italy?

In questo contesto, la significativa esposizione degli scambi verso gli Stati Uniti rende temibili i provvedimenti di natura tariffaria annunciati dalla nuova amministrazione USA nei prossimi mesi.

Nel 2024, oltre il 48% del valore dell’export totale italiano risultava indirizzato al di fuori dell’Unione Europea, una quota superiore a quelle tedesca e francese (45% in entrambi i Paesi) e a quella spagnola (il 37%).

Tra i principali partner commerciali dell’Italia, gli Stati Uniti nel 2024 hanno assorbito oltre il 10% delle vendite italiane totali all’estero (un valore simile a quello della Germania ma superiore a quello della Francia e della Spagna), e oltre un quinto delle vendite di prodotti italiani destinati ai mercati extra europei. Rispetto al 2019, nel 2024 le vendite di prodotti italiani verso gli Stati Uniti sono fortemente aumentate (+42%), in particolare per i prodotti farmaceutici e i macchinari; al contrario, nel caso degli autoveicoli, navi e imbarcazioni, le esportazioni sono invece diminuite.

Nell’ultimo anno, questi ultimi hanno invece registrato un crollo (rispettivamente del -29% e -62%).

Tra i principali gruppi di prodotti esportati, rimangono rilevanti i tipici prodotti del Made in Italy come le bevande (vini), gli articoli di abbigliamento e altri prodotti tradizionali come i mobili.

Secondo Allianz Trade si ipotizza che la tariffa media possa scendere dal 20,6% all’11,8% (entro il quarto trimestre del 2025), tenendo conto degli accordi bilaterali che invertirebbero parzialmente gli aumenti tariffari annunciati il 2 aprile, mentre, alcuni Paesi verrebbero colpiti da aumenti tariffari che erano stati esclusi il giorno della Liberazione.

L’impatto delle tariffe annunciate sul Pil dell’Italia sarà di circa -0.2 punti percentuali per il 2025.

Anche i rischi di inflazione sono indirizzati al ribasso, poiché la minore domanda degli Stati Uniti e la sovraccapacità globale nel resto del mondo, nonché i prezzi più bassi dell’energia, avranno un effetto negativo sui prezzi dei beni nazionali e importati.  Per il Made in Italy, la perdita massima attesa è di oltre 8 miliardi di dollari nel 2025, preceduta in Europa solo dalla Germania e dall’Irlanda.

I settori dei macchinari, dell’agroalimentare e delle bevande, e quello del tessile, che da soli rappresentano il 30% delle esportazioni negli Stati Uniti, saranno i più esposti alla stretta commerciale.

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