Adeguati assetti nelle piccole imprese e negli studi: uno spunto dal recente romanzo dell’esordiente Nikki Erlick
“Il filo della tua storia” è il romanzo d’esordio di Nikki Erlick, edito in Italia da Longanesi, che ci induce (o, meglio, ci costringe) a riflettere, anche in ambito aziendalistico.
Il romanzo
La trama della vicenda raccontata ne “Il filo della tua storia” ruota attorno alla scoperta di scatole che compaiono misteriosamente sull’uscio di casa di ciascuna persona con più di ventidue anni.
Il contenuto è il medesimo, un filo, con un’unica differenza: la lunghezza del filo varia a seconda della misura della vita di ciascuno, con ciò dividendo inevitabilmente la popolazione mondiale in “filicorti” e “fililunghi”. In chi avendo il tempo contato deve per forza di cose programmare gli ultimi anni della propria vita in emergenza, rinunciando a lottare per i propri obiettivi. In chi, invece, ha la possibilità di investire nel proprio futuro nella consapevolezza di avere ancora molti anni da vivere.
Tanti i risvolti di questa vicenda. In primis: scoprire o ignorare la lunghezza della propria vita? Modificare le proprie scelte a causa della lunghezza della vita propria e degli altri? Giudicare (o, meglio, discriminare) gli altri sulla base della lunghezza della loro vita?
Le aziende e gli adeguati assetti
La questione posta all’interno del romanzo ruota attorno all’impiego del proprio tempo e alla capacità di prendere decisioni, anche nei momenti difficili. Anche e soprattutto quando il nostro destino sembra già disegnato.
Viene da fare un parallelo con le nostre imprese, specie di piccola entità, alla luce delle disposizioni che obbligano le aziende a strutturarsi creando quegli adeguati assetti previsti dal dettato dell’art. 2086 c.c. che nella sostanza impongono alle imprese di creare un modus operandi basato su strategie, programmazione, procedure, deleghe e divisione dei compiti.
In primo luogo: servivano le norme sugli adeguati assetti con le relative sanzioni (scatole) in capo agli amministratori per migliorare la vita delle imprese (persone)?
Ancora, meglio conoscere e approfondire il contenuto della normativa (scatole) oppure è preferibile vivere in completa ignoranza il proprio destino, con un’ottica day by day?
Qualunque sia la risposta alle domande, appare evidente come gli amministratori abbiano il dovere di gestire al meglio la propria impresa, specie con una turbolenza economica sconosciuta alle precedenti generazioni e una accesa competizione su scala mondiale in grado di minacciare le performance di qualunque realtà.
La vita delle imprese va disegnata sulla base di decisioni consapevoli, volte a contenere i rischi aziendali al fine di rilanciare l’attività. E poco importa al riguardo se l’impresa è un “filocorto” o un “filolungo”. L’importante è la qualità dell’organizzazione e la capacità di creare valore per tutti gli stakeholders aziendali e non aziendali, nella consapevolezza che così facendo le nostre aziende creeranno i presupposti per una migliore qualità della vita anche ad amministratori e imprenditori.
I “filicorti” sono le nostre microimprese?
Il ragionamento può proseguire nel porci un’ulteriore domanda: la piccola impresa familiare italiana è destinata a essere un “filocorto”? Ossia, è forse condannata a non poter investire nel proprio futuro a causa della limitazione delle risorse a propria disposizione e/o ad un accentramento di tutte le deleghe che impedisce la diffusione della cultura organizzativa?
Forse è meglio ignorare le nuove disposizioni introdotte dal Codice della Crisi (il contenuto della scatola). Ma ciò non ci esime dall’introdurre regole di buona amministrazione all’interno delle imprese.
E questo è un dovere che incombe sugli amministratori.
Ma anche sui professionisti che, oltre a supportare adeguatamente le imprese in questo stimolante percorso, devono predicare bene facendo attenzione a non razzolare male all’interno dei propri studi. Evitando la figuraccia fatta dal candidato presidente Anthony Rollins all’interno della vicenda narrata nel romanzo.
Una nuova prospettiva con gli adeguati assetti, anche in chiave Esg?
Ho riletto l’iscrizione [della scatola]. “Contiene la misura della tua vita”. Certo, si riferisce al filo, tuttavia forse la durata non è l’unica misura che abbiamo. Forse ci sono altri mille modi con cui misurare la nostra esistenza – la sua qualità – che si trovano dentro di noi, non in una scatola.
E dunque miglioriamo l’organizzazione delle nostre imprese e dei nostri studi professionali formalizzando strategie, pianificando, delegando e progettando il passaggio generazionale. Ma non facciamolo esclusivamente perché la normativa del Codice della Crisi porta responsabilità serie sugli amministratori inadempienti.
Facciamolo nella consapevolezza che questi miglioramenti strutturali possano effettivamente dare slancio alle nostre attività massimizzando il valore delle strutture.
È un’occasione per “fare il salto”. Facciamolo tutti, senza aspettare di capire se la nostra impresa o il nostro studio è un “filocorto” o un “filolungo”. Potrebbe essere troppo tardi.
Odcec di Vicenza, Consigliere in Confprofessioni Veneto