L’introduzione di nuovi dazi da parte degli Stati Uniti sulle importazioni dalla Cina, volti a proteggere l’economia americana potrebbero avere effetti collaterali significativi per l’Europa e, in particolare, per l’Italia.
Secondo un’indagine dell’Institute of Applied Economic Research, il 74% delle PMI italiane dipende in modo critico dall’importazione di materie prime dalla Cina e da altri mercati asiatici. L’introduzione di dazi potrebbe quindi comportare un aumento dei costi di produzione per molte PMI.
Non solo.
Mario Draghi ha avvertito che l’aumento dei dazi statunitensi sulla Cina potrebbe reindirizzare la sovra produzione cinese non più assorbita dagli USA verso l’Europa. Ciò significa che le aziende italiane potrebbero trovarsi a competere con un afflusso di prodotti cinesi a basso costo, mettendo a rischio la loro competitività.
Emergono 5 sfide globali per le PMI italiane:
- Aumento dei costi delle materie prime: I nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti, in particolare su prodotti cinesi possono indirettamente influenzare i prezzi delle materie prime, rendendo più costosa la produzione.
- Concorrenza di prodotti cinesi a basso costo: Con l’accesso limitato al mercato americano, le aziende cinesi potrebbero riversare i loro prodotti in Europa, intensificando la competizione.
- Rischio di perdere quote di mercato negli Stati Uniti: Le esportazioni italiane potrebbero subire un calo a causa delle nuove barriere commerciali, riducendo la presenza del Made in Italy oltreoceano.
- Pressione sui margini di profitto: L’aumento dei costi e la necessità di mantenere prezzi competitivi possono comprimere i margini, mettendo a rischio la sostenibilità finanziaria.
- Incertezza normativa e commerciale: Le politiche commerciali possono cambiare rapidamente, creando un ambiente instabile e difficile da prevedere.
Le PMI italiane hanno una straordinaria capacità di resistere. L’eccellenza e l’unicità del Made in Italy possono essere un antidoto efficace. In particolare, i prodotti che si distinguono per innovazione tecnologica, design e personalizzazione consentono di mantenere la loro competitività anche in un contesto di aumento dei prezzi.
Lo abbiamo visto in pandemia, e subito dopo, in un contesto globale instabile e ipercompetitivo.
Eppure, la resilienza da sola non basta più.
La vera sfida, oggi, è passare dalla sopravvivenza alla visione.
Questo richiede strumenti nuovi. Ma, soprattutto, domande nuove.
Ad esempio:
- Qual è la vera forza della mia impresa? Non quella che “crediamo”di avere, ma quella che il mercato riconosce.
- Dove siamo più fragili? E siamo disposti ad cogliere le nostre criticità, anche quando a dircelo è un nostro collaboratore?
- Chi sta davvero costruendo il futuro dell’azienda? Non chi ha il nome sulla visura camerale, ma chi si sta allenando – oggi – a prendere decisioni, a gestire conflitti, a fare squadra.
Eppure, In molte PMI il rischio più grande non è la concorrenza. È l’autocompiacimento. È l’idea “abbiamo sempre fatto così”.
Serve una transizione di mentalità: da imprese fondate sull’eroismo individuale del fondatore, a organizzazioni che imparano a distribuire la leadership. Dove non è solo “chi comanda” che decide, ma un gruppo che condivide, si confronta, si responsabilizza.
Ecco 10 errori frequenti da evitare:
- Non avere un piano aziendale: Navigare a vista, senza una strategia chiara può portare a decisioni inefficaci e a una crescita disorganizzata.
- Ignorare la concorrenza: Non monitorare i competitor può far perdere opportunità di miglioramento e di differenziazione.
- Gestione finanziaria superficiale: Trascurare il controllo dei flussi di cassa può portare a problemi di liquidità e a decisioni finanziarie errate.
- Mancanza di formazione per il personale: Non investire nello sviluppo costante e strutturato delle competenze del team può limitare l’innovazione e la produttività.
- Eccessiva centralizzazione delle decisioni: Non delegare può rallentare i processi e sovraccaricare i leader aziendali.
- Resistenza al cambiamento: Rimanere ancorati a vecchie pratiche può impedire l’adattamento a nuove realtà di mercato.
- Ignorare il feedback: Non ascoltare clienti e collaboratori può portare a prodotti o servizi non allineati alle esigenze reali.
- Dipendenza da un solo cliente: Affidarsi a un’unica fonte di reddito aumenta il rischio in caso di perdita di quel cliente.
- Non aggiornarsi sulle normative: Essere impreparati ai cambiamenti legislativi può comportare sanzioni e perdita di competitività.
- Sottovalutare l’importanza del brand: Non investire nella costruzione e nella promozione del marchio può limitare la riconoscibilità e la fiducia dei clienti.
Ecco perché costante formazione manageriale e non solo tecnica, il coaching di business e performance, la valutazione strutturata delle caratteristiche dei nostri collaboratori non sono un lusso per grandi aziende, ma un investimento vitale per le imprese di ogni dimensione.
Il futuro delle PMI non si eredita: si costruisce.
La frase su cui riflettere
“Non giudicare dal raccolto che raccogli oggi, ma dai semi che pianti per domani”, Robert Louis Stevenson, scrittore, autore di “L’isola del tesoro” e “Lo strano caso del dottor Jekyll e Mister Hyde”.
