Secondo i dati HCOB PMI® di novembre, il settore manifatturiero italiano continua a contrarsi sempre più. La debolezza delle condizioni della domanda rimane la causa principale del calo, con i nuovi ordini in entrata in declino al tasso più rapido sinora osservato nel 2024. Allo stesso tempo sia la produzione che i livelli occupazionali sono calati a tassi più elevati, mentre il livello degli ordini in fase di lavorazione è diminuito al ritmo più veloce in oltre 15 anni. Di conseguenza, si abbassa il bisogno di fattori produttivi, favorendo a sua volta un indebolimento della pressione sui costi.
L’Indice HCOB PMI® (Purchasing Managers’ IndexTM) sul Settore Manifatturiero Italiano, un indicatore composito a una cifra della prestazione del settore manifatturiero derivato da indicatori relativi a nuovi ordini, produzione, occupazione, tempi di consegna dei fornitori e scorte di acquisto, ha postato a novembre 44.5, in discesa da 46.9 di ottobre. Dopo i precedenti tre mesi di declino consecutivo, l’indice principale è calato al livello minimo in un anno. Inoltre, quattro su cinque componenti del PMI hanno influenzato negativamente i risultati di novembre.
Sono i nuovi ordini, componente principale del PMI, che hanno agito da freno sul PMI generale. Il volume delle nuove commesse è calato al tasso più rapido in quasi un anno ed è stato collegato dalle aziende campione alle deboli condizioni della domanda e ai maggiori livelli di incertezza. Allo stesso tempo, è stato evidente un calo nell’ambito delle vendite internazionali, con le esportazioni che infatti sono diminuite a un tasso elevato. Alcune aziende manifatturiere hanno attribuito la contrazione in particolare alla Germania.
Ciò ha trovato riscontro anche nelle decisioni produttive delle aziende, i livelli della produzione, infatti, sono risultati ancora una volta minori, con un tasso di declino che di fatto è stato il maggiore da luglio 2023.
A novembre, le esigenze di materiale si sono di conseguenza ridotte con un calo degli acquisti a un livello elevato. Il tasso di contrazione ha preso vigore sino a raggiungere il valore più elevato in quasi un anno. Detto questo, le aziende hanno deciso di utilizzare le giacenze esistenti per supportare la loro produzione. Il tasso di contrazione della giacenza degli acquisti è stato elevato ma leggermente minore di quello di ottobre.
Le minori esigenze di produzione hanno ridotto la pressione sulla capacità dei fornitori, con i tempi medi di consegna di novembre risultati più corti. Le aziende campione hanno riportato inoltre un miglioramento della disponibilità dei beni, che ha favorito i fornitori a garantire gli ordini in maniera tempestiva.
La ridotta domanda di beni ha inoltre favorito a novembre il secondo rallentamento mensile consecutivo della pressione dei costi. L’ultima riduzione è stata la più alta da marzo e secondo i dati raccolti pare sia conseguente al prezzo inferiore delle materie prime. Le aziende manifatturiere hanno trasferito parte della riduzione del carico dei costi ai loro clienti, sotto forma di sconti, nel tentativo di incoraggiare le vendite.
Sul fronte occupazionale, a novembre e per il secondo mese consecutivo, i produttori manifatturieri in Italia hanno ridotto la loro forza lavoro. Alcune aziende hanno potuto evitare di rinnovare i contratti in scadenza. Il tasso di tagli del personale è stato il maggiore in oltre quattro anni, risultando in generale elevato.
Un’ulteriore conferma che il settore manifatturiero in Italia sia andato avanti con una capacità produttiva in eccesso arriva dal rapido calo del lavoro inevaso segnalato a novembre. Oltre a indicare il trentesimo mese consecutivo di calo degli ordini in fase di lavorazione, il tasso osservato è stato il più rapido in oltre 15 anni.
Guardando avanti, a novembre, le aziende manifatturiere italiane sono rimaste ottimiste che la produzione aumenterà nei prossimi 12 mesi. Le imprese sono risultate fiduciose sul miglioramento delle condizioni economiche e sulla maggiore stabilità a seguito delle elezioni statunitensi. Detto questo, così come successo a ottobre, il livello di ottimismo tra le aziende campione è rimasto notevolmente inferiore alla media di lungo termine.
Commento
Analizzando i dati PMI, Jonas Feldhusen, Junior Economist, Hamburg Commercial Bank AG, ha riportato: “Il settore manifatturiero italiano sta sprofondando e la situazione è seria. L’indice principale, infatti, è peggiorato dal 46.9 di ottobre sino a raggiungere a novembre 44.5. La causa principale della scarsa prestazione è la debole situazione degli ordini sia nazionali che esteri, entrambi al collasso. Data l’incertezza politica, aumentata ulteriormente lo scorso mese dopo gli eventi di Berlino e Parigi, non è una sorpresa che le aziende e i consumatori stiano rimandando o persino cancellando i loro investimenti. I produttori manifatturieri, di conseguenza, stanno tagliando i loro livelli produttivi. I minori livelli dei nuovi ordini e il generale rallentamento hanno mantenuto la produzione bassa. Al contrario di quanto ci potremmo aspettare, le aziende manifatturiere sono ancora rimaste ottimiste sulla loro produzione futura anche se, nel contesto storico, le previsioni sono ancora piuttosto deboli. In questo contesto, le aziende del settore manifatturiero stanno riducendo i loro livelli del personale, soprattutto nel settore automobilistico. La competizione cinese e la minore domanda di vetture elettriche stanno riducendo le vendite, con notizie recenti che riportano il temporaneo fermo della produzione di alcune fabbriche. Il nuovo calo del PMI del sottosettore dei beni intermedi suggerisce che la debolezza del settore automobilistico continua a influenzare altre parti del settore manifatturiero. I dati raccolti mostrano che alcune aziende sperano ancora in una migliore stabilità a seguito dalle elezioni statunitensi. Considerato però l’annuncio della nuova politica tariffaria di Trump, gli imprenditori italiani devono rimanere prudenti rispetto a previsioni di miglioramento degli affari sotto la sua amministrazione, specialmente per quelle aziende che dipendono fortemente dalle esportazioni verso gli USA. Riteniamo che l’applicazione delle tariffe potrebbe soprattutto avere un impatto su nazioni come Germania e Italia, poiché sono particolarmente vulnerabili a causa della forte dipendenza dall’industria manifatturiera e dalla domanda estera.”