8 marzo – Imprenditrici al tempo del Covid: lavorare è diventato “molto difficile” per il 38,4%, la percentuale sale di 10 punti per le imprenditrici mamme di bambini piccoli
Vita dura per le imprenditrici ai tempi del Covid-19: lo racconta la survey dell’Osservatorio di Confartigianato Lombardia a cui hanno preso parte 340 imprenditrici lombarde tra il 25 febbraio e il 3 marzo scorso.
Sono infatti il 38,4% le intervistate secondo cui la pandemia ha reso il proprio lavoro di donna imprenditrice “molto difficile”; una percentuale che sale al 48,4% se chi risponde è anche mamma di bambini al di sotto dei 5 anni.
“Un dato che racconta di strumenti di sostegno all’equilibrio tra famiglia e lavoro non adeguati e di una cultura dove ancora il lavoro di cura familiare è considerato prevalente appannaggio delle donne”, commenta Elena Ghezzi, Presidente del Movimento Donne Impresa di Confartigianato Lombardia.
Un’altra prova di come gli effetti della pandemia si siano riverberati in modo particolarmente pesante sulle donne, allargando ulteriormente i gap di genere, la forniscono i dati sul trend del fatturato 2020 rispetto a quello 2019: la riduzione di fatturato 2020 registrata dalle imprese femminili rispetto a quelle maschili risulta più pesante e pari al -29% (rispetto al calo del 24,3% registrato in media da MPI gestite da uomini). Le motivazioni alla base di questa differenza di performance di impresa sono diverse, dalla maggior presenza di donne nei servizi, settore più colpito dalla crisi Covid-19, all’innalzamento del livello di difficoltà nella gestione di attività di cura e di attività lavorative, spesso sovrapposte.
Quest’ultima motivazione trova ulteriore riscontro nei dati della survey di febbraio: le donne con difficoltà nella gestione dei tempi di cura sono anche quelle che hanno registrato diminuzioni di fatturato più pesanti nel 2020, pari al -31,2% (> rispetto al calo del -25,4% rilevato per le imprenditrici senza alcuna difficoltà rilevante nella conciliazione di tempi di vita e lavoro).
Tra le soluzioni indicate dalle intervistate per ridurre le differenze di genere esistenti, oltre una su due (52,9%) individua come priorità la promozione di un’educazione socio-culturale per sradicare gli stereotipi di genere. Seguono: l’incremento della presenza di donne in luoghi decisionali (governo, task force) (39,7%), l’introduzione di un welfare aziendale volto ad armonizzare vita familiare e lavorativa (35,5%), la riduzione del gap retributivo (32,2%) e il ripensamento dei modelli di business e organizzativi delle imprese (31,8%).
Continua Elena Ghezzi: “Crediamo sia necessario ripartire da una considerazione: per raggiungere la parità nel mondo del lavoro, dovremmo creare le condizioni perché ci sia reale condivisione anche nel lavoro di cura. È uno degli insegnamenti che ci lascia questa pandemia: dati come questi, insieme a quelli sulla perdita più elevata di lavoratrici rispetto ai lavoratori in un momento di emergenza sono un campanello d’allarme, che dovrebbe essere vissuto come un fallimento sul quale interrogarsi. È il segnale che qualcosa, nel mercato del lavoro e forse non solo, non sta funzionando. Vorremmo che questa esperienza potesse essere il punto di partenza per una riflessione più ampia verso un cambiamento, sociale e culturale, che vada nella direzione della ricerca di una reale parità di condizioni competitive”.
In Lombardia le imprese registrate gestite da donne sono in totale 179.630 di cui 38.869, il 21,6%, artigiane.
Di queste ultime il 14,3% pari a 5.551 sono gestite da giovani under 35 e il 17,9% pari a 6.947 sono gestite da imprenditrici straniere.