5 pregiudizi del capo nel valutare i collaboratori

Quando va tutto bene è facile. Ma oggi viviamo in un mercato competitivo e instabile e a fine 2024 molte attività hanno registrato numeri negativi nel bilancio. Le risorse economiche delle imprese sono preziose e ancora di più le risorse umane. La valutazione delle prestazioni delle persone che lavorano con noi è un rito di fine anno o di inizio del nuovo. Ma è un rito che molti detestano. È scomodo per i capi dare feedback e consigli correttivi. Non è piacevole per i dipendenti riceverli. Sono situazioni che generano stress, e mettono in campo una certa dose di ego personale. E quando le cose vanno male dal punto di vista dei risultati economici queste tensioni si acuiscono.

Chi è a capo di un business, di un’azienda, di una attività professionale o commerciale tende in momenti difficili a concentrarsi su risultati immediati e a dare valore alle persone che danno risposte veloci.

Ma attenzione: le nostre percezioni personali possono diventare nemiche di una valutazione oggettiva, e i nostri pregiudizi vanno riconosciuti e separati dai fatti concreti. Il rischio altrimenti è di danneggiare il morale delle persone e, di conseguenza, l’efficacia del nostro team.

I pregiudizi del capo

Nessuno di noi è “oggettivo”. Non possiamo ignorare che il processo di valutazione è sempre soggetto a pregiudizi.

5 Bucce di banana che possono farci scivolare in errori grossolani: 

  1. Il primo impatto negativo: Se un nuovo collaboratore non ha avuto un buon inizio potrebbe essere etichettato come meno capace, senza considerare che le prime impressioni possono essere fuorvianti.
  2. Favoritismi: Ci si piace fra simili. Due persone con un carattere prevalentemente analitico amano i numeri e lavorare bene insieme. Così come due personalità veloci e focalizzate al risultato. Un capo potrebbe avere una predilezione per chi ha caratteristiche simili alle proprie. O per i collaboratori con cui ha un rapporto di lavoro più frequente, rischiando di trascurare altri che potrebbero essere altrettanto bravi ma che conosce meno, o che sono più introversi.
  3. Stereotipi legati all’età: A volte, ci lasciamo influenzare dall’idea che una persona giovane sia meno capace, perché inesperta. O che un collaboratore adulto non sia al passo con la tecnologia.
  4. Stereotipi legati al genere: Le donne con famiglia sono meno disponibili a trasferte di lavoro. Sei sicuro?
  5. Effetto della performance recente: Un errore o un successo recente possono distorcere la percezione complessiva delle capacità di qualcuno. Un capo deve considerare la performance nel medio e lungo periodo, non solo nel breve.

Come fare allora per evitare questi errori?

Un modello di riferimento può aiutarci a identificare cosa non ha funzionato, a individuare i punti di forza e le aree di miglioramento dei singoli e del team.

La Matrice di Boston per le persone

Nata per l’analisi di portafogli prodotti-mercati, la Matrice di Boston, ideata dalla Boston Consulting, si rivela estremamente utile anche applicata ai collaboratori. È uno strumento solido per distinguere tra performance, potenziale e aree di miglioramento. E per capire chi nel team ha il potenziale per crescere e chi invece è stabile ma potrebbe non evolvere oltre una certa soglia.

8 domande su cui riflettere

Quali Performance un collaboratore, una collaboratrice produce (Alte o Basse)

  • Raggiunge costantemente gli obiettivi prefissati?
  • La qualità del lavoro è superiore alla media rispetto ai colleghi?
  • Mostra iniziativa e contribuisce al successo dell’intero team?
  • È affidabile e risponde positivamente alle sfide?

Quale Potenziale di sviluppo (Alto o Basso) 

  • Dimostra capacità di apprendere rapidamente e adattarsi a nuove situazioni?
  • Ha interesse e ambizione di crescere in ruoli di maggiore responsabilità?
  • Possiede competenze trasferibili e la capacità di lavorare in contesti diversi?
  • Accetta i feedback e li utilizza per migliorarsi?

Le risposte ci consentono di inserire i nomi di chi lavora con noi in 4 quadranti:

  1. Star (Stelle):Sono le persone che combinano alte performance con un potenziale elevato. Sono i talenti che fanno la differenza, quelli su cui scommettere per il futuro.Occorre investire nella loro crescita con formazione avanzata, nuovi progetti stimolanti. Prepararli per ruoli di leadership futuri.
  2. Colonne Portanti (Cash Cow nella Matrice originaria): Risorse stabili e affidabili, con performance costanti ma senza grandi margini di crescita. Sono un valore su cui contare, probabilmente stabili nel ruolo attuale. È utile consolidare il loro contributo e mantenerne solida la motivazione.Evitare di forzarli in ruoli che non desiderano.
  3. Question Mark (Punti di Domanda): Potrebbero avere un grande potenziale, ma non lo hanno ancora espresso. Qui serve una buona dose di coaching individuale e di formazione per farli decollare. E monitorare i progressi nel breve termine.
  4. Dog (Cani): Risorse con performance e potenziale bassi. Una valutazione realistica potrebbe portare a decidere se intervenire per migliorare la situazione o considerare altre soluzioni.

Per tutti non devono mancare: Feedback regolare, dove si coinvolgono i collaboratori in discussioni sui risultati e sugli obiettivi personali. Piani di sviluppo personalizzati, percorsi per far crescere i talenti e migliorare le aree di debolezza. Monitoraggio continuo: Rivalutare periodicamente le performance e il potenziale per verificare come si spostano fra i quadranti le persone.

E i capi, come possono superare le bucce di banana della mente?

  1. Usa dati concreti: Le impressioni personali non sono sufficienti. Raccogli feedback regolari, numeri oggettivi e performance documentate per evitare valutazioni impulsive.
  2. Scambia feedback frequenti e trasparenti: Non aspettare una volta l’anno per un colloquio di valutazione. Un feedback continuo aiuta a monitorare progressi e aree da migliorare senza che nessuno venga giudicato solo per un episodio.
  3. Riconosci i tuoi pregiudizi:Impariamo a riconoscere i pregiudizi e a superarli, mantenendo aperta la mente al confronto per avere una visione più completa e bilanciata.
  4. Ascolta chi lavora con te: La valutazione deve essere un dialogo, non un monologo. Un collaboratore coinvolto in modo autentico nel processo di feedback può far emergere un quadro più chiaro delle sue reali capacità e delle sue ambizioni.

Il tono che fa la differenza

Infine, non possiamo ignorare che il tono che un capo utilizza durante il colloquio di valutazione fa una differenza enorme. Non si tratta solo di cosa dire, ma di come dirlo.

Un capo demotivante punta il dito sui fallimenti, fa pesare come colpa ogni errore e trascura i progressi. Questo approccio crea un ambiente di frustrazione e disimpegno, dove il collaboratore si sente svalutato e non motivato a migliorare.

Un capo che sa dare energia positiva invece stimola i collaboratori. Sposta l’attenzione sulle soluzioni e sugli aspetti positivi, anche quelli piccoli. Celebra i successi e aiuta il team a capire come fare meglio la prossima volta.

Questo non solo migliora la performance individuale, ma crea un ambiente di lavoro più collaborativo, dove ogni persona è pronta a fare la propria parte per il successo collettivo.

E anche le difficoltà diventano sfide da affrontare insieme.

La frase su cui riflettere

“Un vero leader ha il coraggio di affrontare ciò che lui stesso teme”, Sheryl Sandberg.

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