3 imprenditori su 4 considerano la reputazione di fornitori e collaboratori più importante dell’aspetto economico
La reputazione sembra essere l’asset più importante nei rapporti commerciali e imprenditoriali, ancor più dell’eventuale vantaggio economico. Questo è quanto è emerso da una rilevazione condotta dall’Università Popolare degli Studi di Milano in collaborazione con Semrush, piattaforma di Saas per la gestione della visibilità online, su un panel di 540 imprenditori titolari di aziende studi professionali e liberi professionisti in attività da almeno 5 anni.
Per oltre 3 intervistati su 4 (77%) la reputazione è il fattore che influisce in misura maggiore nella decisione di avviare una partnership o nella scelta di fornitori e collaboratori. Questo perché, come risultato evidente soprattutto nell’ultimo anno, cambiamento ed incertezza sono delle costanti di tutti i mercati, che possono incidere profondamente sullo stato di salute di un’attività. L’affidabilità e la professionalità divengono quindi elementi centrali quando si tratta di scegliere un fornitore, un partner o un collaboratore. La reputazione diventa un asset prezioso.
“Ciò che viene detto di noi e di quel che facciamo costituisce la nostra immagine pubblica, la nostra reputazione in relazione ad un determinato contesto – spiega Alessandro Maola, esperto di comunicazione, fondatore della Alessandro Maola Comunicazione -. È, dunque, importantissimo costruire una solida reputazione, off line, ma soprattutto online, imparando a comunicare il proprio valore attraverso i fatti, scegliendo i media ed i linguaggi più appropriati. Ed è fondamentale che tale reputazione non sia lasciata al caso, ma sia frutto di una precisa strategia, finalizzata a trasmettere valore e competenza. Ad esempio, con una particolare attenzione alle media relations: l’ufficio stampa esiste da secoli, ma con l’avvento del web è diventato centrale nelle strategie di comunicazione di imprese e professionisti. Basti pensare a che ruolo ha assunto la reputazione online per le campagne di web marketing ad esempio. La fiducia, la buona reputazione è quella che può davvero fare la differenza nel farci scegliere”.
Circa il 60% degli imprenditori interpellati svolge in prima persona indagini online per vedere cosa sia stato scritto sul soggetto di suo interesse, rintracciando i profili social, in particolare Linkedin, per leggere eventuali menzioni e segnalazioni da parte di altri gruppi o utenti, articoli e post che lo riguardano, eventuali pubblicazioni a sua firma, recensioni di lavori svolti e altro, il 43% utilizza anche specifici tool informatici per rendere la ricerca più completa, il 17% affida le verifiche ad analisti specializzati. Il 62% ritiene che la reputazione online assuma un peso ancora maggiore nel caso di rapporti con l’estero.
“Le ricerche volte ad appurare la reputazione di qualcuno sono cresciute di quasi il 55% nel 2020, un trend che sembra confermarsi anche nel 2021, con una crescita del 31% nel secondo trimestre e, addirittura, del 64% nel terzo. – Commenta Fernando Angulo, Responsabile della comunicazione di Semrush – In molti credono erroneamente che, dal punto di vista lavorativo sia sufficiente un buon profilo LinkedIn, ma in realtà la costruzione della presenza e della reputazione online è qualcosa di ben più complesso”.
Circa 1 imprenditore su 2 ha ammesso di aver cambiato idea su un potenziale partner, fornitore o collaboratore dopo l’esito dell’indagine reputazionale. Tra i motivi della decisione ci sono i feedback negativi riscontrati (41%), l’aver valutato inadeguate le prestazioni del soggetto monitorato (16%), ma anche il non aver trovato nulla (11%).
La mancanza di una presenza online è considerata una discriminante soprattutto per i fornitori di servizi e per i venditori, in questo caso 2 imprenditori su 3 preferiscono non avviare collaborazioni.
“Oggi viviamo in un mondo sempre più globalizzato e, soprattutto, digitalizzato – aggiunge il Prof. Avv. Giovanni Neri, Magnifico Rettore -. La Pandemia ha accelerato il crollo delle barriere geografiche, aumentando la diffusione dell’e-commerce e dello smart working. Il web ha sostituito il passaparola tra conoscenti, la segnalazione di talenti, ma spesso anche l lettera di referenze, molto utilizzata qualche decennio fa, con la quale i precedenti datori di lavoro attestavano le capacità di un soggetto. Oggi il web è come la pubblica piazza del passato, dove le comari vedevano e sentivano tutto. Oggi, però, a differenza del passato, abbiamo la possibilità di intervenire su ciò che viene detto di noi, e di costruire l’immagine pubblica che vorremmo avere”.