25,6 milioni di lavoratori nel 2020: +2,3% rispetto al 2015, +0,3% rispetto al 2019
L’Osservatorio su lavoratori dipendenti e indipendenti pubblicato ieri, integra i dati di tutti gli assicurati presso le diverse gestioni previdenziali Inps, dipendenti e autonomi, circa il 95% degli occupati in Italia. Sono esclusi infatti solo i professionisti iscritti alle Casse previdenziali degli ordini professionali – a meno che non abbiano anche posizioni di lavoro con obbligo di contribuzione all’Inps – e poche altre tipologie di lavoro autonomo occasionale esentate da contribuzione a fini previdenziali.
Nel 2020 il numero di lavoratori dipendenti e indipendenti è risultato pari a 25.630.000, in leggera crescita rispetto al 2019 (+0,3%). Dal 2015 il numero complessivo di lavoratori è aumentato di 569mila unità (+2,3%), mentre – a causa della pandemia – è diminuito il numero medio di settimane lavorate nell’anno: dalle 42,9 settimane del 2019 si è scesi a 40,2 nel 2020. Anche il reddito medio annuo da lavoro ha subito una diminuzione, pari al -6,0%.
L’andamento degli occupati distinti secondo la posizione prevalente è molto diversificato:
- tra il 2015 e il 2020, gli artigiani perdono circa 150mila unità (-9,1%), i commercianti 107mila (-5,1%) e gli agricoli autonomi 15mila (-3,4%);
- nel 2020, i lavoratori dipendenti del settore privato scendono sotto i 15 milioni, con una riduzione del -3,1% rispetto al 2019 (15,4 milioni);
- tra il 2015 e il 2020 crescono del 4,0% i dipendenti pubblici, in particolare nell’ultimo anno (+2,6% rispetto al 2019);
- i lavoratori domestici presentano un trend decrescente nel periodo 2015-2019 e una crescita del +7,0% nel 2020 rispetto al 2019;
- gli operai agricoli, dopo un momento di crescita tra 2017 e 2018, segnano un calo nell’ultimo biennio;
- in netto calo i lavoratori parasubordinati, che perdono 282mila unità tra il 2015 e il 2020 (-15,8%);
- per quanto riguarda, infine, i lavoratori in prevalenza impiegati con voucher o con contratti di lavoro occasionale, si osserva un andamento crescente fino al massimo di 812mila lavoratori nel 2016, poi una secca contrazione fino al minimo di 40mila lavoratori nel 2019 e la ripresa nel 2020 con 498mila.
Nel 2020 gli uomini rappresentano il 56,0% degli occupati, con un numero medio di settimane lavorate pari a 41,3 e un reddito medio annuo di 24.702 euro. Le donne hanno lavorato in media 38,8 settimane, con un reddito medio annuo di 17.929 euro.
Osservando l’andamento per classe di età emerge l’incremento dei giovani da 20 a 24 anni (+2,0% nel periodo 2015-2020). Andamenti decisamente crescenti per le classi di età più anziane, in particolare 55 anni e oltre, in conseguenza del generale invecchiamento della popolazione. Le classi di età centrali presentano trend negativi sia nel periodo 2015-2020 (- 13,0% per la classe 35-39 anni e -14,3% per la classe 40-44 anni) sia nell’ultimo anno (rispettivamente -2,4% e -4,2%).
Riguardo alla distribuzione territoriale dei lavoratori, nel 2020 il 29,3% degli occupati è attivo nel Nord ovest (7,5 milioni di lavoratori). A seguire il Nord est con il 22,7%, pari a circa 5,8 milioni di lavoratori, il Centro con il 21,2% (oltre 5,4 milioni di lavoratori) e infine il Sud, con il 18,4% (circa 4,7 milioni di lavoratori) e le Isole con l’8,3% (2,1 milioni di lavoratori).
Nel 2020 i lavoratori con cittadinanza extra Ue sono il 9,4% (-1,0% rispetto al 2019), mentre i lavoratori comunitari risultano pressoché stabili rispetto all’anno precedente. L’incidenza degli extracomunitari è massima (46,1%) tra i domestici e minima (0,3%) tra i dipendenti pubblici. Quote significative di lavoratori extracomunitari si riscontrano tra gli operai agricoli (20,6%) e tra i commercianti (10,6%). I lavoratori extracomunitari sono caratterizzati da valori più bassi, rispetto ai comunitari, per quanto riguarda sia il numero medio di settimane lavorate (36,1 contro 40,6 dei comunitari) sia il reddito medio da lavoro (12.820 euro contro 22.644 euro dei comunitari).
Con riferimento al 2020, 875.978 lavoratori (pari al 3,4% dei lavoratori dell’anno) sono sicuramente pensionati che lavorano, in quanto beneficiari di una pensione diretta di vecchiaia o anzianità già da prima del 2020, mentre 329.470 (pari all’1,3% dei lavoratori del 2020) sono nuovi pensionati nel 2020 che, però, potrebbero aver lavorato solo nel periodo precedente la decorrenza della pensione e pertanto non necessariamente sovrappongono la condizione di pensionati a quella di lavoratori. Limitando l’analisi ai lavoratori già pensionati si osserva che la loro incidenza è maggiore tra quanti nel 2020 hanno svolto attività di lavoro prevalentemente autonomo, occasionale o parasubordinato. In particolare, la quota di pensionati occupati è massima tra i lavoratori occasionali (43,9%), tra i lavoratori autonomi agricoli (22,3%) e tra i lavoratori di alcune categorie afferenti alla gestione separata: altri collaboratori (26,4%), amministratori (15,8%) e collaboratori (11,5%).