Resilienza: perché misurarla e costruirla

 Resilienza: perché misurarla e costruirla

Difficoltà nel reperimento e nella retention del personale, concorrenza, avvento dell’intelligenza artificiale e competenze che diventano inutili, guerre. Questo per le organizzazioni è un periodo di policrisi e l’unica risposta che io ritengo possibile dal punto di vista sociale, economico, organizzativo e psicologico è la resilienza. Apparentemente astratta, la capacità di trasformare circostanze complicate e sfavorevoli in occasioni di sviluppo è diventato un asset fondamentale per le aziende, soprattutto se vogliono avere successo a livello di team. Senza esagerare, potremmo però sostenere che è l’ingrediente chiave per garantirsi un futuro a prescindere dalle proprie dimensioni e ambizioni: gli shock arriveranno e non ci si può far trovare impreparati.

Nella prima puntata di questa rubrica, pubblicata lo scorso novembre, ho spiegato che la resilienza si può allenare e sottolineato che non sapremo mai quanta ne avremo finché non ce ne sarà bisogno. Oggi voglio concentrarmi su un altro aspetto: sono le persone resilienti che creano organizzazioni resilienti, e non viceversa. In questo periodo si parla tanto di attenzione alle persone e al benessere, ma pochi sono in grado di misurare il reale impatto del logorio.

I rischi legali a questa condizione e le risorse disponibili per fronteggiarlo sono uno degli aspetti che noi di Net Working possiamo misurare quando somministriamo il test HardiSurvey III-R, un vero e proprio strumento diagnostico evidence-based. Il nome prende spunto dal termine inglese “hardiness”, che in letteratura viene tradotto con “robustezza della personalità” o “resistenza cognitiva”, ma che molti nel settore usano nella lingua originale. L’hardiness è una caratteristica soggettiva ed è la risorsa principale sulla quale fondiamo la nostra resilienza, motivo per cui va monitorata e sviluppata.

Molto di quello che sappiamo oggi a questo proposito è dovuto a Salvatore Maddi, psicologo di fama internazionale morto nel 2020 a causa di un tumore. Di lontane origini italiane, ha scritto centinaia di articoli sulle più prestigiose riviste scientifiche di psicologia, è stato candidato alla Presidenza dell’American Psychological Association (APA) e ha terminato la sua carriera come professore emerito di scienze psicologiche presso l’Università della California – Irvine.  La ricerca sulla hardiness e sulla resilienza condotta da Maddi in oltre trenta anni di attività ha contribuito a spianare la strada al movimento della psicologia positiva degli anni ’90.

Io lo conobbi nel 2005: gli avevamo inviato i nostri dossier sulla resilienza e ci rispose dicendo di trovarli molto evoluti ed interessanti. Fu l’inizio di una proficua collaborazione. L’anno dopo venne in Italia, dietro mio invito, per partecipare a un convegno sul tema che ebbe grande successo. Da allora, col contributo del mio team e della sua collega e compagna Deborah Khoshaba, abbiamo lavorato per diffondere i concetti di hardiness e resilienza nel mondo delle organizzazioni e del management anche in Italia. L’ultimo progetto che ci ha unito è stata la fondazione di The European Hardiness Institute, costola europea dell’istituto che lui aveva fondato in California.

Maddi diceva: “Quando riuscite a gestire i cambiamenti professionali e personali in modo da perseguire gli obiettivi vostri e del vostro datore di lavoro, rafforzare la vostra capacità di trasformare le avversità in vantaggi e approfondire il significato professionale e personale, avete successo come dipendenti e come persone. Questa è la via per la hardiness!” Non vi sembra un target interessante da raggiungere?

Misurando la resilienza, persone e organizzazione possono capire quali risorse ci permettono di resistere allo stress, quali strumenti possono essere d’aiuto per fronteggiare le sfide quotidiane e continuare e mantenere elevati livelli di performance. Le risposte che i test danno sono certe e sono il punto di partenza per iniziare a costruire il nostro domani: un futuro in cui siamo più pronti e meno in balia dell’incertezza.

Immagine di freepik

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