Rapporto di Previsione Prometeia: migliorano con cautela le prospettive dell’Italia, Pil 2024 a +0,7%

 Rapporto di Previsione Prometeia: migliorano con cautela le prospettive dell’Italia, Pil 2024 a +0,7%

Il contributo degli investimenti negli ultimi quattro anni, sostenuti da politiche fiscali, bonus edilizi e interventi del PNRR, è stato fondamentale per chiudere l’anno passato meglio del previsto, lasciando così al 2024 un “tesoretto” di crescita non marginale. Negli ultimi anni la politica di bilancio ha effettivamente protetto i redditi, anche se, per le famiglie, questa fase è terminata, tanto che già nel 2023 avrebbero ridotto il loro risparmio finanziario (-11 miliardi di euro). Per le imprese, invece, il 2023 è stato ancora un anno di profitti elevati e saldi finanziari record, e ciò ha consentito loro di affrontare l’inasprimento delle condizioni del credito senza limitare gli investimenti. Nel frattempo, il mercato del lavoro ha continuato a migliorare e l’inflazione è scesa a fine anno sotto l’1%, in particolare per gli effetti base favorevoli della caduta dei prezzi dell’energia. Il gas, inoltre, è tornato a toccare livelli vicini ai minimi prima della crisi energetica e le prospettive portano a rivederne verso il basso il trend anche per il 2024.

Prometeia conferma quindi un profilo di ripresa nel corso dell’anno, seppur con un primo semestre ancora cauto. Il trascinamento positivo dallo scorso anno ci porta a rivedere verso l’alto la crescita per il 2024 allo 0,7%, contro lo 0,4% del Rapporto di Previsione dello scorso dicembre. Aumento ancor più consistente se si considera che la crescita del Pil 2023 è stata rivista all’1% dallo 0,7% nella stima Istat di fine gennaio.

I tre fattori di crescita: PNRR, Superbonus 110% e consumi

Negli anni successivi lo scenario per l’economia italiana, al netto delle vicende internazionali, sarà segnato da tre fenomeni specifici. Il primo e fondamentale è l’attuazione del PNRR, che, nelle ipotesi di Prometeia, sosterrà gli investimenti per 22 miliardi di euro medi ogni anno. La revisione strutturale del piano attuata nel corso del 2023 sembra aver superato le difficoltà attuative che si erano evidenziate, anche grazie allo spostamento di parte degli interventi su incentivi agli investimenti privati. Saranno sostenuti gli investimenti strumentali, indirizzati soprattutto alle innovazioni digitali e alla transizione energetica, che, insieme all’impulso alle opere pubbliche, porteranno la quota degli investimenti sul Pil dal 18% pre-2020 al 21% negli anni di previsione.

Il secondo fattore è rappresentato dallo sgonfiamento della bolla negli investimenti residenziali creata dai bonus edilizi e in particolare dal Superbonus 110%. Ridimensionamento inevitabile, se si pensa che il livello degli investimenti residenziali è passato da un valore medio di 69 miliardi di euro proprio degli anni prima della pandemia ai 110 miliardi del 2022 e 2023. Prometeia prevede che gli investimenti residenziali si manterranno comunque superiori ai livelli prepandemia, anche per la necessità di adeguamento energetico degli edifici prescritto dalle norme europee approvate. Questo impulso, insieme a quello dato dal PNRR alle costruzioni, non sarà però sufficiente a compensare l’esaurirsi degli effetti del Superbonus, comportando una flessione degli investimenti in costruzioni.

Il terzo fattore è legato alle scelte delle famiglie: a fronte di un reddito disponibile ancora condizionato dalle oscillazioni dell’inflazione e da politiche fiscali che avranno un’intonazione restrittiva, le famiglie cercheranno di difendere i loro standard di consumo, posizionandosi su livelli di propensione al consumo elevati. Prometeia stima che la crescita del Pil tra il 2024 e il 2026 si assesterà su ritmi medi dello 0,8%, molto inferiori a quelli eccezionali degli ultimi anni ma superiori a quelli prima della pandemia. Il sostegno degli interventi del PNRR, pure nell’ipotesi di ridotta addizionalità rispetto alle stime iniziali del governo, ne è il fattore discriminante.

Le politiche monetarie: le mosse di Bce e Fed

In Europa, la domanda interna debole riduce il rischio di nuove spinte inflazionistiche e induce la Bce a iniziare a ridurre i tassi di policy a giugno ed effettuare entro dicembre quattro tagli, ognuno di 25pb, oltre all’annunciato riallineamento del tasso di rifinanziamento principale al tasso sulla remunerazione dei depositi a settembre, comunicato con il cambiamento del quadro operativo della politica monetaria.

Sul fronte Usa, la prevista decelerazione dei consumi privati contribuirà a ridurre lentamente anche l’inflazione e tale gradualità induce la Fed a posticipare a settembre la prima riduzione dei tassi di policy. La fase di riduzione dei tassi vedrebbe comunque tre tagli, ognuno di 25pb, entro dicembre di quest’anno e altri cinque tra il 2025 e il 2026.

Uno sguardo al 2030: i quattro trend

Come sempre, il rapporto Prometeia di marzo guarda anche al lungo periodo, quest’anno fissato al 2030. Le tendenze di fondo dei prossimi anni, per l’Italia ma non solo, sono individuabili nelle “quattro D”: demografia, debito, digitalizzazione, decarbonizzazione.

Sul fronte della demografia, come sappiamo, la società italiana sta invecchiando più velocemente di altre, con implicazioni sul mercato del lavoro e sulla spesa pubblica. Con riferimento a quest’ultima, le proiezioni di lungo periodo mostrano un incremento progressivo dal 2025 che aumenta la pressione sul bilancio pubblico, legata alla spesa per pensioni, soprattutto, ma anche alla sanità; aumenti che peggiorano gli indicatori di rischio di lungo periodo delle finanze pubbliche. Guardando al mercato del lavoro, va ricordato che da qui al 2030 la popolazione in età lavorativa si ridurrà di 1,5 milioni di persone, secondo le nostre previsioni, con la conseguente necessità di sostenere la crescita prospettata del Pil con 700 mila lavoratori in più.

Le questioni demografiche si ricollegano anche al debito pubblico, arrivato al 137% del Pil, secondo in Europa solo a quello della Grecia, debito che continua a rappresentare uno dei maggiori fattori di debolezza per il nostro Paese. Nella nuova configurazione dei regolamenti del nuovo Patto di stabilità il debito ha assunto un ruolo ancora più centrale per il controllo dei conti pubblici: la Commissione europea individuerà percorsi più stringenti per i Paesi a più alto debito.

Sul fronte della digitalizzazione, il nostro Paese è già in una posizione arretrata, e lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale generativa potrebbe ulteriormente peggiorarla. Il PNRR dedica risorse alla digitalizzazione, fondamentale per imprimere slancio alla produttività. Una necessità che potrebbe incontrare ostacoli significativi: per esempio nella disponibilità di lavoratori. Da qui ancora una volta emerge il tema di una formazione scolastica adeguata a livello nazionale in grado di sviluppare e diffondere le competenze tra le giovani generazioni.

La seconda rivoluzione è invece quella della decarbonizzazione per combattere il cambiamento climatico. Anche se molti aspetti devono essere ancora definiti, risulta chiaro che saranno necessari investimenti ingenti. Il PNRR affronta il problema e vi dedica una parte dei fondi disponibili, potenziati nella revisione attuata, ma di certo non sufficienti per raggiungere gli obiettivi.

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